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 2012  novembre 11 Domenica calendario

OBAMA E L’ALGORITMO DELLA BIMBA MALATA

Negli Usa la disoccupazione è un pò più alta di com’era quattro anni fa, quando Barack Obama conquistò per la prima volta la Casa Bianca. Gli aruspici ritenevano perciò improbabile la riconferma di Obama: solo Roosevelt era riuscito nell’impresa con più disoccupati di prima. A ripetere il mantra erano anche, sia detto di passata, alcuni economisti nostrani di credo liberista che insegnano nelle università americane e perciò stesso riscuotono una particolare credibilità nel loro Paese d’origine. E invece il presidente uscente ha ottenuto una franca vittoria promettendo, come Hollande in Francia, di tassare i più ricchi per potere sostenere la classe media e i più poveri.
Gli aruspici della politica discetteranno dei dettagli, ma il dato di fondo è che in America è in crisi il sistema, e da questo genere di crisi — negli anni Dieci del secolo XXI come negli anni Trenta del secolo XX — non si esce in un amen. Del resto, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha avvertito che ci vorranno altri 5 anni per rivedere la luce. Meno che mai se ne esce applicando con maggior rigore le vecchie ricette. Esattamente come al tracollo dell’economia sovietica non si poteva rimediare con una più rigida pianificazione. L’elettorato americano, concedendo il secondo mandato a Obama, ha ritenuto che la malattia fosse così grave da non poter pretendere una guarigione miracolosa. D’altra parte, anche Roosevelt ebbe bisogno di tempo per riportare a galla gli Usa e ci riuscì — non senza errori, non senza il tremendo contributo di una guerra mondiale scatenata da altri — costruendo istituzioni nuove e politiche pubbliche, qualificate come socialiste dai critici. Politiche e istituzioni che durarono fino alla fine degli anni Settanta e, in parte, tuttora sopravvivono.
A Obama sono state mosse le stesse accuse riservate 80 anni fa a Roosevelt. Capita perfino di leggere che, per farcela a governare, dovrebbe adottare le politiche del rivale sconfitto. La verità è che le maggioranze non sono più le stesse. Geografia, demografia e politica pesano. L’America Wasp (White anglosaxon protestant) tende a diventare minoranza in casa. L’America liberista lo è già diventata nel mondo. In Cina, India, Brasile, Russia, nei Paesi del Medio Oriente, ma anche in Francia e in Germania, sono i governi e non le Borse a tenere in mano le redini dell’economia. The Economist aveva dedicato qualche mese fa la copertina alla resurrezione del capitalismo di Stato. Non si tratta di per sé di una buona notizia. Spesso questo capitalismo è orrendo e corrotto. Ma anche il sistema sanitario americano tradizionale, che considera la salute un business assicurativo e non un diritto di cittadinanza, appare disumano e insensato: costa il doppio di quello italiano o francese e dà una speranza di vita inferiore.
Il Mercato può portare libertà in Medio Oriente, se smonterà il potere economico assoluto di re ed emiri. Lo Stato può portare libertà negli Usa, curando la bimba di Chicago con la leucemia ma senza i soldi per la polizza. Obama lo ha capito, e con lui la maggioranza degli elettori. Gli economisti degli algoritmi senza storia, no.
Massimo Mucchetti