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 2012  novembre 11 Domenica calendario

I MOLTI TALENTI DI SERGIO TOFANO ATTORE, SCRITTORE, DISEGNATORE

Poiché mio nonno mi ha insegnato a leggere sul Corriere dei Piccoli, anche se certamente sono più giovane del lettore che le ha scritto a proposito di quel giornalino (a meglio giornalone: le pagine erano grandissime e allora facevo fatica a tenerle in mano!) ricordo ancora Sergio Tofano: non fu soltanto un grande disegnatore, fu pure un grande attore. Purtroppo è vero: tutti lo hanno dimenticato. Peccato. Perché non pensa lei a ricordarlo ai lettori del Corriere?
Marta Belloni
Milano
Cara Signora, so che il confronto sembrerà assurdo, ma Sergio Tofano fu un piccolo Leonardo. Si laureò in legge nel 1909 perché questa era la volontà del padre, magistrato di origine napoletana. Ma aveva da poco completato gli studi quando entrò nella compagnia di Ermete Novelli, uno dei maggiori attori italiani del Primo Novecento, e divenne rapidamente, come usava dire allora, il «secondo brillante». Aveva altri talenti e in quegli stessi anni apparve sul Corriere dei piccoli un buffo personaggio, simpatico, ma sventato, un po’ pasticcione e tuttavia destinato dalla sua buona sorte ad avventure da cui sarebbe sempre uscito sventolando un biglietto di banca su cui era scritto, in grandi lettere, «un milione».
Il Signor Bonaventura era uscito dalla penna di Sto (la sigla con cui Tofano firmava i suoi disegni) e piacque molto ai lettori del Corrierino. Che il disegnatore fosse anche scrittore si capì dalle filastrocche che accompagnavano le storie di Bonaventura e da un romanzo a puntate che apparve sulle stesse pagine nel 1917, l’anno peggiore della Grande guerra. S’intitola Il romanzo delle mie delusioni e racconta la storia di un ragazzino apparentemente zuccone (era stato bocciato tre volte agli esami di terza elementare) che vive a rovescio tutte le favole che gli erano state raccontate da uno stravagante precettore. Visita un regno dove la Bella addormentata, dopo il suo lungo letargo, è condannata a soffrire d’insonnia. Scopre che Barbablù, dopo avere ucciso tutte le sue mogli, ha fondato un’agenzia matrimoniale. Trova un sarto che si chiama Dino Ali (quasi anagramma di Aladino) e possiede una lampada magica, ma l’ha tanto strofinata da renderla inservibile. Giunge in una capanna dove il lupo di Cappuccetto rosso è diventato il fedele servitore delle sue vittime. E dopo avere lungamente cercato l’esile e graziosa Cenerentola, la trova in un baraccone, spaventosamente ingrossata dall’elefantiasi. Del romanzo esiste una ristampa pubblicata da Einaudi nel 1977, quattro anni dopo la morte dell’autore, ma non è facile trovarla in circolazione.
Nel frattempo Tofano continuava a fare una brillante carriera teatrale. Creò la sua compagnia, scrisse testi teatrali, organizzò spettacoli, recitò in buoni film, insegnò recitazione all’Accademia d’arte drammatica e partecipò in tarda età a molti sceneggiati televisivi. Colpì sempre, nel corso della sua vita, la straordinaria naturalezza con cui disegnava, scriveva, recitava. Riusciva a dare la sensazione che niente gli costasse fatica. Una delle sue ultime apparizioni fu nel «Giardino dei ciliegi» di Cechov, rappresentato al Teatro Valle di Roma nel 1965 con la regia di Luchino Visconti. Tofano (aveva allora 79 anni) era Firs, servitore di Ljubov Andreevna Ranevskaja nella vecchia casa di campagna che la famiglia, impoverita, ha venduto a un gruppo di impresari edili. Verranno tagliati i ciliegi e verranno costruite piccole ville per la nuova borghesia arricchita dal boom russo del primo Novecento. Gli addii sono malinconici e dietro le finestre chiuse, mentre la famiglia abbandona la casa deserta, si ode il rumore delle scuri che abbattono gli alberi. Ma sulla scena, ormai quasi buia, appare Firs, dimenticato da coloro a cui aveva dedicato la sua vita. In quei pochi minuti finali, mentre si allungava su un divano, ricordava il passato e borbottava le sue ultime battute, Tofano rubò lo spettacolo a Paolo Stoppa, Rita Morelli, Massimo Girotti, Lucilla Morlacchi, Ottavia Piccolo. In quel momento gli applausi, e parecchie lacrime, furono tutti per lui.
Sergio Romano