Aldo Grasso, Corriere della Sera 11/11/2012, 11 novembre 2012
L’ALFIERE DELLE PROVINCE OFFESE CHE VUOLE SPEGNERE I CALORIFERI
Antonio Saitta Una battuta infelice o un sintomo preoccupante? Giorni fa, il presidente dell’Unione delle Province italiane, Antonio Saitta, ha duramente protestato contro i tagli di 500 milioni decisi con la spending review e ha minacciato di spegnere il riscaldamento nelle scuole. Il governo non gliele ha mandate a dire. Prima il ministro Patroni Griffi lo ha esortato «a un comportamento più consono all’Istituzione che rappresenta», poi Palazzo Chigi ha messo nero su bianco: «Ventilare l’idea di spegnere i riscaldamenti nelle scuole o proporre vacanze più lunghe agli studenti per ipotetici risparmi appare una proposta fuori dalla realtà».
Saitta è siciliano di Raddusa (Catania), immigrato da bambino in Piemonte. È un democristiano di lungo corso, passato poi al Partito popolare, quindi alla Margherita, infine al Pd. Come Rosy Bindi, ma più moderato. Perché questa sua ostinazione, quasi ricattatoria?
Con l’avvento delle Regioni, le Province non hanno più senso. Simbolicamente, sono morte il 2 marzo 1994, quando dalla numerazione delle targhe italiane è scomparsa la sigla della Provincia e con essa la pittoresca retorica del campanile: «Veneziani gran signori, padovani gran dottori, vicentini magnagatti, veronesi tutti matti», «Meglio un morto in casa, che un pisano sull’uscio», «Torinesi falsi e cortesi». La loro ultima epopea nazionale risale a Campanile sera (il programma con Mike Bongiorno, Enza Sampò ed Enzo Tortora finisce con le celebrazioni di «Italia 61»), il resto è solo letteratura, intesa come compiacimento o consolazione.
Perché dunque spegnere i caloriferi? Le ragioni identitarie delle Province ormai fanno sorridere; quelle amministrative si possono risolvere con un minimo di pazienza e di buon senso. Resta il sospetto che Saitta e gli altri rappresentanti delle Province non vogliano perdere il posto, l’auto blu, i dischi di Little Tony.
Sul sito della Provincia di Torino, Saitta ha scolpito queste parole di Siracide (180 a. C.): «Dell’artista si ammira l’opera, del politico la saggezza della proposta. Ma se parla a vanvera è una minaccia per la città; se dice cose inconcludenti si fa odiare». Serve altro o bisogna fare le primarie della coerenza?
Aldo Grasso