Pasquale Rinaldis, il Fatto Quotidiano 9/11/2012, 9 novembre 2012
CHI ARRESTERÀ LA MUSICA
Sono tante le storie di musicisti che hanno oltrepassato i cancelli del carcere, da Elvis Presley alla band punk Pussy Riot. Patrizio Gonnella e Susanna Marietti, presidente lui e coordinatrice lei dell’Associazione Antigone, che si occupa di legalità penale e processuale del nostro Paese, dalle frequenze di Radio Popolare hanno dato vita a “Jailhouse Rock”, programma in cui raccontano le vicende – ora raccolte in un libro edito da Arcana – di bluesmen, rockers e musicisti vari incrociandole con quelle delle carceri, per uno scambio reciproco grazie al quale i due universi dialogano e si arricchiscono l’uno con l’altro.
BILLIE HOLIDAY
Dal riformatorio alla prostituzione
PRIMA di diventare celebre Eleonor “Billie” Holiday affronta una fanciullezza dolorosa che la costringe a finire in più d’una occasione dietro le sbarre. La prima volta ha appena dieci anni e il motivo è che non va a scuola. Ma appena mette il piede fuori dall’istituto, a 11 anni, un vicino di casa la violenta e la povera Billie è spedita nuovamente nello stesso riformatorio, ma questa volta come misura di protezione, per un altro anno. Quando la madre decide di trasferirsi a New York, lei la raggiunge e insieme vanno a vivere in un bordello clandestino di Harlem. C’è chi dice che la madre non si fosse resa conto dell’ambiente e che l’accordo fosse quello di fare le pulizie. Ma i più realisti sanno che le due donne – Billie è poco più di una ragazzina – si prostituiscono fin dall’inizio e una volta che il bordello viene scoperto finiscono rinchiuse nel carcere di Blackwell Island. Fortunatamente il blues e il jazz entrano nella vita di Billie e poco dopo la Lady Day (“la signora”, perché si rifiuta di ricevere le mance dai clienti prendendo, come facevano tutte, le banconote tra le cosce) viene scoperta dal produttore John Hammond e lanciata nel mondo dorato della musica.
THE BEATLES
Tutti dentro per possesso di droga
QUANDO i Beatles raggiungono il successo, oltre ad attirarsi le simpatie di milioni di giovani nell’intero pianeta, innescano un sentimento di odio in chi vede in quei quattro capelloni i simboli della libertà e ne è spaventato. Tra questi vi è il detective della squadra narcotici di Sua Maestà la Regina, Norman Clement Pilcher, uno con la fama da vero duro e che, come tutti i poliziotti duri, si serve di metodi non proprio legali. Pilcher può contare su una squadra di informatori che si infiltrano nei quartieri della Londra beat ed è in questo modo che può arrestare, uno a uno, i miti del rock: da Donovan a Brian Jones, da Keith Richards a Eric Clapton e Mick Jagger. Nell’ottobre 1968, dopo aver rinvenuto 15 grammi di marijuana, Pilcher arresta sia John Lennon sia la compagna, Yoko Ono. Nel marzo 1969, si presenta a casa di George Harrison con un mandato di cattura: sia il chitarrista, sia la moglie Pattie Boyd vengono arrestati per possesso di stupefacenti e rilasciati dietro cauzione. Anche Paul McCartney ha trascorso qualche tempo in prigione, ma non per colpa del sergente. Dei Fab Four, Ringo Starr è l’unico ad aver scampato le galere.
JOHNNY CASH
Il blues coi detenuti e il concerto live in carcere
CHI CON IL CARCERE ha un particolare feeling e non sempre per questioni di detenzione, è il country singer Johnny Cash, che ama particolarmente esibirsi davanti ai detenuti. Seduti stretti l’uno vicino all’altro, composti, attenti e tesi nell’ascolto. Una volta, ebbe persino a dire: “La prima volta che ho suonato in un carcere ho pensato che quello fosse l’unico posto in cui registrare un album dal vivo”. Quando nel 1951 il giovane musicista vede il film di Crane Wilbur intitolato Inside the walls of Folsom prison, ispirato ai disordini che avvengono nel carcere più duro d’America, che vanta una storia brutale e imbrattata di sangue, scrive il singolo Folsom Prison Blues che racconta di un carcerato che, sentendo il fischio di un treno fuori dalla sua cella, rievoca il momento in cui ha commesso il crimine e immagina la gente libera sul treno e pensa a cosa avrebbe fatto se fosse stato in libertà. Quando ha poco meno di 36 anni, Johnny Cash si esibisce in quella prigione che anni prima aveva cantato: “Devo farvi i complimenti per essere gente veramente dura e per sopportare tutto questo”, dice Cash rivolto ai detenuti, poi alza un bicchiere pieno d’acqua torbida del penitenziario e lo frantuma in terra con la dedica: “Questo è per il vostro direttore”. E attacca con Cocaine Blues. È il 1968, il luogo il penitenziario di Folsom in California e come molte saghe del rock, anche questo evento è avvolto dalla leggenda e dal mito. È la prima volta di un concerto rock gratuito in una prigione ed è il primo clamoroso successo discografico tratto da un concerto live.
JIM MORRISON
Dieci arresti in 27 anni e una grazia post mortem
PERSONAGGIO leggendario e fra i più importanti della storia del rock, per James Douglas Morrison oltre alle porte della percezione più d’una volta si sono aperte anche le porte di stazioni di polizia e tribunali. Sul conto del “Re Lucertola”, infatti, risulta un elenco di ben dieci arresti che per uno che ha vissuto solamente 27 anni non sono pochi. Si va dalla turbativa dell’ordine pubblico ad atti osceni, da offese varie a ubriachezza molesta. Del resto, in più d’una occasione, il cantante aveva dichiarato: “Amo l’idea di spazzare via e sopraffare l’ordine costituito”. L’episodio che gli segnerà l’esistenza però avviene il primo marzo 1969. I Doors hanno un importante concerto al Dinner Key Auditorium di Miami. Jim sale sul palco che è già ubriaco. Durante l’esibizione, in preda a furore dionisiaco Jim si sbottona i pantaloni. Le cronache dell’epoca non chiariscono se ne abbia mostrato il contenuto o meno. Il cantante viene immediatamente prelevato dalla polizia con l’accusa di offesa al pubblico pudore ed esposizione di parti intime di fronte a una platea composta quasi esclusivamente da minorenni. “Sono il Re lucertola, posso fare qualsiasi cosa”, prova a difendersi. La Corte di Miami lo condanna, oltreché a una multa pecuniaria, a sei mesi di lavori forzati che però non sconta. Ricorre dapprima in appello, poi insieme con la fidanzata Pamela si trasferisce a Parigi dove muore il 3 luglio 1971 a soli 27 anni. Per oltre 41 anni l’ordine d’arresto è rimasto pendente e solo il 10 dicembre 2010, per iniziativa del governatore della Florida Crist gli viene concessa una grazia post mortem.
VASCO ROSSI
Il cattivo maestro che si è fatto “prendere così”
DOPO L’ESPERIENZA nelle patrie galere Vasco Rossi diventa un vero e proprio esperto di carceri, tanto da proporre un programma radicale sulla giustizia: “Parità tra accusa e difesa, abolizione del carcere preventivo e in prigione solo dopo aver ricevuto una sentenza del tribunale”. Perché la giustizia, ha imparato sulla propria pelle il rocker di Zocca, è una questione fondamentale . È il 20 aprile 1984 quando due carabinieri irrompono nel locale del noto produttore televisivo Bibi Ballandi, il “Variety” di Bologna, prelevano Vasco Rossi e insieme si recano a Casalecchio di Reno dove il rocker vive e suona con la sua band. Il cantante, spontaneamente, consegna loro 26 grammi di cocaina in suo possesso e viene immediatamente arrestato. Si rende conto dell’ingenuità del gesto soltanto in seguito. Come canta nella canzone Cosa c’è, scritta poco dopo esser tornato in libertà, “Certo che sei un bel fenomeno anche tu a farti prendere così”. Per 22 giorni la sua nuova dimora è la cella numero 22 del carcere di Pesaro, dove riceve una immensa e rumorosa solidarietà di ammiratori e colleghi. Come prevedibile, televisioni e giornali sbattono “il mostro” in prima pagina: Vasco Rossi diventa un cattivo maestro, uno sballato, il drogato per eccellenza. Gli inquirenti, addirittura, pensano che il cantante sia un membro di un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga. Nel 1989 lo arrestano di nuovo per possesso di cocaina, ma lui non rinnega le sue posizioni antiproibizioniste, rivendicando la propria libertà di fare quel che vuole, anche drogarsi.