Francesco Sisci, Il Sole 24 Ore 10/11/2012, 10 novembre 2012
LA LOCOMOTIVA CINESE RIPARTE GRAZIE A EXPORT E CONSUMI
Sembra quasi studiato ad arte per mettere in una luce positiva il 18° Congresso del partito che dovrebbe rinnovare la classe dirigente del Paese.
Il giorno dopo l’apertura del congresso, la Cina ha pubblicato dati molto positivi sulla sua economia, come era trapelato nei giorni scorsi. La sua crisi, che poi non era altro che una lieve flessione, sembra alle spalle e la ripresa alle porte facendo poi quindi ben sperare per le prospettive complessive dell’economia mondiale.
La produzione industriale a ottobre è cresciuta del 9,6% rispetto al 9,2% di settembre; molti si aspettavano una crescita intorno al 9,4. Ciò indica che la ripresa, già percepita a settembre c’è ed è più forte del previsto. Alla fine dell’anno la produzione industriale potrebbe crescere quindi del 10% coprendo i dati poco convincenti del secondo e terzo trimestre. Gli investimenti fissi, guidati per lo più dallo Stato, sono aumentati del 20,7%, segnale di quanto comunque sia importante il ruolo del Governo.
Ma un segnale importante è stata la ripresa anche delle esportazioni, con un aumento degli ordini, mentre i consumi interni rimangono deboli. L’inflazione è scesa all’1,7% il dato più basso dal gennaio 2010, all’indomani dell’esplosione della crisi finanziaria americana.
L’inizio della ripresa però fa pensare che la Cina potrebbe scegliere di non fare enormi iniezioni di liquidità, anche se la bassa inflazione lo consentirebbe.
Quello che potrebbe trainare la ripresa sono da una parte gli elementi esterni, come il quantitative easing americano che spinge di riflesso anche la crescita cinese, ma soprattutto gli accenti già chiari di sostegno del settore privato nella relazione di apertura del congresso giovedì.
In quella occasione infatti il presidente Hu Jintao ha dichiarato certo l’importanza del ruolo dello Stato e delle aziende statali nell’economia, ma ciò, ha sottolineato, non deve mettere in pericolo il peso e l’azione delle imprese private, che devono avere un trattamento paritario rispetto a quelle di Stato.
Nella calibratissima retorica del partito questo è un messaggio chiaro, specie se visto in contrasto con l’espansione delle imprese statali nell’economia cinese negli ultimi tre anni. Gli investitori si aspettano quindi misure restrittive per le attività delle imprese di Stato, che di fatto con la loro semplice presenza distorcono la regolarità del mercato e stringono in un angolo i concorrenti privati, che hanno trainato lo sviluppo cinese negli ultimi 30 anni. Inoltre si parla anche di limitare i monopoli amministrativi, su varie attività, controllati direttamente dallo Stato. Aperture in queste due direzioni potrebbero alimentare la crescita cinese senza bisogno di ricorrere a massicci interventi di sostegno finanziario.