Paolo Valentino, Corriere della Sera 10/11/2012, 10 novembre 2012
«HO TRADITO MIA MOGLIE». IL GENERALE PETRAEUS LASCIA LA GUIDA DELLA CIA —
Tutto avrebbe pensato Barack Obama, tranne che la prima grana dopo la rielezione gliel’avrebbe data la Cia. Ma le dimissioni di David Petraeus da direttore dell’agenzia spionistica americana, pongono da subito al presidente il problema di trovare un successore.
In una lettera diffusa dalla centrale di Langley, il generale che ha guidato le guerre in Iraq e Afghanistan ha annunciato di aver chiesto al presidente di poter lasciare l’incarico, ammettendo una relazione extraconiugale con Paula Broadwell, autrice di una biografia dedicata proprio al generale: All In - The Education of David Petraeus, realizzata nel corso di un anno da lei trascorso «embedded» in Afghanistan. «Dopo 37 anni di matrimonio — ha scritto Petraeus — ho mostrato scarso giudizio: questo comportamento è inammissibile, sia come marito che come leader di un’organizzazione come la nostra».
Obama ha accettato le dimissioni e in una dichiarazione scritta ha lodato «il suo straordinario servizio alla nazione». «David Petraeus — ha detto il presidente — ha reso il nostro Paese più sicuro e più forte». Ed ha augurato al generale e alla moglie Holly, che si è molto impegnata a favore delle famiglie dei militari, di poter superare nel migliore dei modi «questa difficile fase».
L’improvvisa uscita di scena di Petraeus, che sarà temporaneamente sostituito dal suo vice Michael Morell, è uno shock per la galassia della sicurezza nazionale americana. «Perdiamo uno dei nostri più rispettati servitori pubblici e un grande patriota», ha commentato il direttore del National Intelligence, James Clapper, secondo il quale Petraeus ha «ridefinito quello che significa servire e sacrificarsi per il proprio Paese».
Sessant’anni compiuti pochi giorni fa, formatosi all’accademia di West Point, David Petraeus è stato l’ufficiale più celebre della macchina da guerra Usa negli ultimi dieci anni, il volto pubblico dell’impegno militare americano, davanti al Congresso e sui media internazionali. Così popolare, che nel 2008 il suo nome fu menzionato tra i possibili candidati alla vice-presidenza, nel ticket repubblicano con John McCain. Sotto George W. Bush fu il teorico e l’esecutore del «surge», l’intensificazione temporanea dello sforzo bellico, che preparò e rese possibile il progressivo ritiro dall’Iraq.
Profeta di strategie e tattiche innovative, Petraeus è stato l’autore del nuovo manuale di contro-insurrezione per le truppe americane, nel quale ha spostato l’accento sulla maggiore responsabilizzazione e creatività dei soldati, chiamati non soltanto a uccidere i nemici ma anche a stabilire rapporti con la popolazione locale. Un approccio che un suo discepolo, il generale Stanley McChrystal, riassumeva nella massima «imparare a mangiare la zuppa con il coltello».
Con Barack Obama, il generale Petraeus ha avuto all’inizio un rapporto difficile. Ma proprio a lui il presidente dovette rivolgersi nel 2010 quando, cacciato McChrystal per aver deriso apertamente il commander in chief in un’intervista, ebbe bisogno di trovare un nuovo capo delle truppe in Afghanistan. Anche lì Petraeus spinse per un «surge», finendo per convincere Obama contro il parere sia del vice-presidente Biden che del capo del Pentagono Gates, ma ricevendone meno truppe di quanto non avesse richiesto. Ma l’esito dell’escalation è stato meno brillante che in Iraq. Un anno fa, Obama lo aveva nominato alla Cia in sostituzione di Leon Panetta, passato al Pentagono.
Proprio alcuni giorni fa, Newsweek aveva pubblicato le dieci regole di vita del generale Petraeus. «Lead by example», guida con l’esempio, recitava la prima. Averla ignorata è stato per lui inaccettabile.
Paolo Valentino