Varie, 10 novembre 2012
fare Si uccide un agente nel comando dei vigili: «Mi sento un fallito» Enrico Silvestri - Sab, 10/11/2012 - 07:49 commenta L’ultima volta che l’hanno visto vivo era seduto alla scrivania, verso l’1 di notte quando ha salutato un ufficiale che passava davanti al suo ufficio
fare Si uccide un agente nel comando dei vigili: «Mi sento un fallito» Enrico Silvestri - Sab, 10/11/2012 - 07:49 commenta L’ultima volta che l’hanno visto vivo era seduto alla scrivania, verso l’1 di notte quando ha salutato un ufficiale che passava davanti al suo ufficio. Poi atteso che il comando di piazza Beccaria rimanessero solo gli operatori della centrale operativa e ha lasciato il suo addio al computer «Sono un fallito». Infine ha estratto la pistola, l’ha armata, ha puntato la canna al cuore e ha premuto il grilletto. Nessuno ha sentito la detonazione e solo la mattina dopo, attorno alle 6.30, è stato trovato il corpo senza vita dell’agente Antonio D. M., 51 anni, in servizio alla polizia locale dal 1982. Cosa dunque sia scattato nella testa del vigile e cosa lo abbia fatto sentire un fallito, visti gli unanimi attestati di stima, rimarrà per sempre un mistero. Di certo c’è solo una dinamica stringata nella sua estrema crudezza di una morte inspiegabile. Il ghisa, sposato con una collega in servizio alla Procura e padre di due figlie di 6 e 14 anni, giovedì sera si era intrattenuto al lavoro fino a tardi. Verso le 20 un collega passando di fronte al suo ufficio gli ha chiesto se scendeva con lui. «Mi fermo ancora un momento» ha risposto, poi un rapido saluto. Rimane invece per altre cinque ore, perché l’ultima persona a vederlo in vita è un ufficiale che passa davanti al suo ufficio verso l’1. Poi all’alba la scoperta del corpo quando il vicino di scrivania entra nell’ufficio. Il vigile è riverso sul tavolo, è in borghese, addosso una camicia e gilet da multitasche. All’inizio, il ghisa non nota sangue, e pensa sia stato colto da un malore, l’ha scosso e ha cercato di tirarlo su. Solo allora ha notato la pistola d’ordinanza sul tavolo e ha capito cosa era successo. Sono partite subito le chiamate verso il 118 anche se era chiaro che non c’era più nulla da fare. Il corpo del vigile era ormai freddo, come se fosse morto da almeno una mezza dozzina di ore. Più tardi è arrivata anche la scientifica della questura per i rilievi, guanto di paraffina sulla mano per scoprire tracce di polvere da sparo, analisi sulla pistola, sui fori d’entrata e uscita. Nelle ore successive appena si è sparsa la notizia, sono arrivate le dichiarazioni di cordoglio di giunta e consiglio comunale, sindaco Giuliano Pisapia e assessore alla sicurezza Marco Granelli in testa. Ma anche esponenti dei sindacati dei ghisa e tanti colleghi. Particolarmente scosso il comandante dei ghisa, Tullio Mastrangelo: «Era un innovatore, grazie a lui la Polizia locale, dagli anni Novanta, eccelle in Italia, nello studio dei falsi documentali. Praticamente l’ufficio contraffazioni l’aveva creato lui. Antonio era tenuto in grande considerazione fin da quando era entrato in servizio a Milano, il 4 ottobre del 1982. Sapeva farsi amare e rispettare dai colleghi. Non ricordo si sia mai tirato indietro di fronte al lavoro». Mastrangelo ricorda poi come dall’ufficio falsi fosse passato all’unità centrale informativa, assumendo compiti investigativi. «Non riesco proprio a spiegarmi questo gesto - ripete il comandante - ho incrociato l’agente proprio nei giorni scorsi scambiando due chiacchiere con lui e l’ho visto sereno e soddisfatto del suo lavoro. Non credo che quel senso di fallimento abbia avuto a che fare con i suoi incarichi all’interno del Corpo. Credo si sia trattato di un momento di debolezza, forse qualche ostacolo nella sua vita privata, accompagnato da uno stato depressivo. Un tarlo che ha scavato nella sua mente fino a portarlo alla disperazione».