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 2012  novembre 10 Sabato calendario

Mai più pizza secca, indigeribile e soprattutto banale nella scelta degli ingredienti. Il simbolo dell’Italia nel mondo sta suonando la sua riscossa

Mai più pizza secca, indigeribile e soprattutto banale nella scelta degli ingredienti. Il simbolo dell’Italia nel mondo sta suonando la sua riscossa. E l’eco arriva dal Veneto, o meglio da Vighizzolo d’Este. È qui che nei giorni scorsi ottanta pizzaioli arrivati da ogni dove (ma erano 200 quelli che avevano fatto richiesta), accomunati dalla volontà di fissare un prototipo qualitativo della pizza, hanno firmato il Manifesto della Pizza Contemporanea. Un piatto gourmet, l’ha definito qualcuno, o semplicemente la «pizza contemporanea», che dal passato trae spunti per una felice creatività. E ciò che sta accadendo è una rivolta da manuale, che nasce dalle ceneri di un generale appiattimento. È successo col vino, con l’olio e negli anni recenti con le birre, che hanno dato il via ai birrifici artigianali: figurarsi se non succedeva col piatto più amato dagli italiani! Il movimento della pizza contemporanea, tuttavia, non è di oggi, giacché l’evento di Vighizzolo, «Pizza Up», organizzato dal Molino Quaglia, era alla sesta edizione. La tracciabilità è importante – dice il Manifesto – così come la stagionalità degli ingredienti di origine italiana. E l’impasto della pizza «deve rispettare i tempi fisiologici di maturazione e lievitazione». Il settimo punto va a fondo anche di un equivoco subdolo: «La dichiarazione d’uso di lievito madre deve essere esclusivamente riferita al risultato di un processo di fermentazione spontanea di un impasto di acqua e farina acidificato da ceppi di batteri lattici vivi... E non da polveri di lievito madre essiccato che non conferiscono le caratteristiche di digeribilità e conservabilità tipiche del lievito madre vivo». Fanno sul serio questi pizzaioli! Si ribellano all’omologazione, e al decimo punto del Manifesto scrivono: «La pizza italiana deve divenire strumento di divulgazione del gusto italiano e della ricchezza della Dieta Mediterranea che dai suoi prodotti trae origine». Il messaggio è potente, e va anche ai pizzaioli che lavorano all’estero, e non solo a parole. La «Pizza novembrina alla moda di Tramonti», ad esempio, codificata nei giorni scorsi, prevede il finocchietto selvatico (e chi lo fa più?), fiordilatte e poi un contrasto godurioso di caldo e freddo, di dolce e amaro: a fine cottura si adagia una burrata che accoglie cubetti di cardo gobbo spadellato. L’«Omaggio a Funari» è invece una pizza a metro alla pala con broccolo, asiago e mortadella tagliata finissima... che si scioglie in bocca. Due esempi che dicono di un punto di non ritorno: l’esercito dei pizzaioli contemporanei cresce a vista d’occhio. Anche questa è una silenziosa, piacevole, attesa rivoluzione.