Luca Mastrantonio, Corriere della Sera 10/11/2012, 10 novembre 2012
Corrado Guzzanti non vede l’ora che si facciano le primarie del Pd. Per non andare a votare. «La scelta — dice — è tra chi ha fatto danni e chi ancora non li ha potuti fare
Corrado Guzzanti non vede l’ora che si facciano le primarie del Pd. Per non andare a votare. «La scelta — dice — è tra chi ha fatto danni e chi ancora non li ha potuti fare. Cioè Bersani e Renzi. Il primo ha fallito, senza averci provato, il secondo lo sto studiando. Comunque si tratta delle prime vere primarie, con due visioni diverse. Per ora, però, non partecipo. E per il futuro non escludo Grillo». Resta attuale allora la battuta detta a Vieni via con me (2010): «Il Pd è il primo partito in Italia a usare le primarie; il primo partito del mondo a perderle». Contenuta nell’auto-antologia Parola di Corrado (con cui Sergio Fanucci lancia la collana per autori dello spettacolo). In libreria dal 25 ottobre, raccoglie i testi dal Libro de Kipli, del ’92, ad Aniene2 (Sky). Un ottimo palliativo per i fan in attesa di rivederlo in tv. «Magari in Rai — dice — ma vorrei fare un nuovo film, una commedia nera, con quell’umorismo che da piccolo trovavo in Raimondo Vianello, a Tante scuse. Nella sigla finale trovava un modo sempre diverso per far fuori i Ricchi e Poveri. Mi piacerebbe un Sanremo così, sadico con i cantanti di Amici». La tv che apprezza oggi? «Crozza, e poi I soliti idioti, con il loro politicamente scurrile derivato dal format inglese Little Britain. Amo i documentari scientifici. In Italia mi piacerebbe doppiarne uno, magari sotto pseudonimo. Seguo i talk show. Per aggiornarmi e — sogghigna — per masochismo». Corrado Guzzanti è nel suo studio romano, a Prati. Zona vicina al Vaticano, alla Rai, uffici d’avvocati e di produzione televisiva. Sulla scrivania il Mac dove scrive e memorie esterne: «Dopo il trauma di aver perso un romanzo dentro un’Amiga faccio il backup di tutto». Dietro la sedia, in basso, macchie di caffè sulla parete, per i rimbalzi dei bicchieri mezzi vuoti. A lato, una bici regalata dalla fidanzata. Le gomme piuttosto intonse. Accanto al Mac, iPad e iPhone: «Scrivo per strada liste con tutto: "finito detersivo per piatti", "Aniene, divinità di serie C"». Il web? «Ha tenuto viva la satira quando in tv ce ne era davvero poca e molti si limitavano a disegnare i baffetti di Hitler mentre i nazisti invadevano la Polonia». Poi l’evoluzione, con i social network. «Uso Facebook, non Twitter, rischierei la dipendenza». Ma in spirito anche lì Guzzanti è presentissimo, con il tormentone #sapevatelo: «Un verbo impossibile — ride — il passato dell’imperativo di sapere!». I libri li compra su Amazon. «In blocco. Ho sempre letto in maniera compulsiva. Tutto Bukowski a 15 anni, poi nausea, giramento di testa. Basta. Crescendo ho avuto la fase Kùndera. O Kundéra. Márquez, fino a L’amore ai tempi del colera. Ora è la fase Lansdale. Un noir al giorno. Gli italiani? Veronesi, Ammaniti e Piccolo. E poi amo la saggistica». Guzzanti, che ogni tanto si alza per fumare e camminare sugli stessi passi, prende dagli scaffali sopra i divanetti Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi tredicimila anni (Einaudi). «Bellissimo. Spiega come mai alcune civiltà si sono rapidamente evolute e altre sono restate indietro». Sembra un libro per Vulvia, la conduttrice di Rieducational Channel. «Sì, a lei piacciono anche i libri di fisica quantistica. Leggendo nutro i miei personaggi». Ed è a loro che si rivolge per una dichiarazione di voto: «Vulvia voterebbe Renzi. Bello, giovane...». Il poeta Robertetti voterebbe Bersani. Così: «Se fossi gatto, miao/ se fosse tardi... ciao!». E Quèlo, il santone? «Non so, è indecifrabile, come è giusto che sia». Il voto di Lorenzo, il giovane coatto? «A Grillo, sicuro». E quello di Guzzanti? «Oggi dovrei tirare la monetina». Grillo? «È ancora un comico. Lui usa la lingua satirica perché la satira ha invaso tutti i campi. Anche il giornalismo: Travaglio e Telese, per la tv, fanno anche intrattenimento. Grillo è riuscito dove Moretti ha fallito. Vero. Ma sbaglia a dire ai suoi di non andare nei talk show. Come politico va verificato. Politico è chi in un posto deputato, istituzionale trova una soluzione, fa una legge. Lui è ancora fermo alla fase comiziale». Luca Mastrantonio