c.l., la Repubblica 9/11/2012, 9 novembre 2012
MI TEMONO PERCHÉ SONO NUOVO, PER LORO SUONA LA CAMPANA
[Gianpiero Samorì]
«Mi temono perché osteggiano tutto ciò che è nuovo e che proviene dall’esterno. E quando una classe dirigente si chiude e ha paura suona la campana, è il segno che ha fatto il suo tempo. Come nel ‘94, servono nuove persone, nuove idee, serve rinnovamento. Io sono pronto. Sono un moderato, ma un moderato in “rivoluzione”». Gianpiero Samorì, avvocato e imprenditore considerato ora nelle grazie di Berlusconi, nato a Montese in provincia di Modena ha 55 anni, «molto ben portati» tiene a sottolineare per rafforzare il concetto di “nuovo”. E ha deciso che è giunto il momento di uscire dal cono d’ombra.
Serve un nuovo Berlusconi, dice lo stesso Cavaliere, come nel ’94. Sarà lei, avvocato Samorì?
«No, guardi, il presidente è irripetibile. Voleva dire altro».
Cosa?
«Che in questo Pdl serve discontinuità forte rispetto a questo modo ormai superato di fare politica. Serve soprattutto gente nuova».
Lei, per esempio?
«Io ho deciso di dare il mio contributo. Ho fatto molto nella mia vita professionale. Sono avvocato, insegno alla facoltà di Urbino “Diritto commerciale avanzato”, ho condotto con un certo successo attività imprenditoriali, ho creato e venduto due banche, un’assicurazione».
Ecco, i soldi. Sa che è molto temuto dai dirigenti pidiellini anche per quello? Lancia un’opa sul partito a suon di euro?
«Non ho mica i soldi di Berlusconi, io. Vivo bene. Non ho problemi economici.
Diciamo che non dipendo da nessuno, né dalle banche né da finanziatori, non ho prestiti, non ho fideiussioni. E dunque sono un uomo indipendente. Forse mi temono per
questo».
Ma si è fatto un’idea del perché sia tanto odiato ai vertici di quel partito? Ora si parla di una preselezione dei candidati alle primarie.
«C’è un’ostilità verso il nuovo tipica di una classe politica in esaurimento. Chi teme sa di non essere in grado di competere con quel che viene dalla società civile».
O sospettano per il suo rapporto con Berlusconi?
«Ma col presidente c’è una buona intesa, ci incontriamo. Ma è un’intesa recente. Sarei ben lieto se ci fosse il rapporto che mi attribuiscono, ma
non è così stretto come si dice».
Si candida alle primarie come dicono?
«Ma non si riesce nemmeno a capire se le fanno. Ora sembra di sì. Ma come? Pare una cosa piuttosto kafkiana. Bastava fissare due-tre regole semplici: chi può votare, quando, e poi decidere chi può candidarsi. Invece sono lì a discutere da due settimane. Più che regole, paletti».
Lei farà politica. Questo è certo. E col centrodestra.
«Io sono nato e cresciuto molto povero. Ho avuto tanto dalla vita. Adesso ritengo sia giunto il momento di fare qualcosa per il mio Paese. Nell’area moderata, certo. Ma sono un moderato stanco, che sogna la rivoluzione».