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 2012  novembre 09 Venerdì calendario

I BIGLIETTI SELVAGGI E IL BALCONE DI GIULIETTA

Giulietta, la ragazzina che secondo Shakespeare insegnava alle torce come si fa a splendere, merita rispetto. Per la verità, già nel 2004 e non si sa quante volte prima, il comune di Verona aveva dichiarato guerra agli imbrattatori della casa dei Cappello, ovvero di quella che la leggenda identifica come la dimora della non simpaticissima famiglia dell’infelice eroina letteraria Giulietta Capuleti. Le cose, però, erano andate avanti come sempre. Ora pare che il sindaco Tosi voglia fare sul serio e nei prossimi giorni sarà varata l’ordinanza definitiva che vieta di consumare cibi o bevande nei pressi, attaccare gomme da masticare o biglietti adesivi e imbrattare con scritte le pareti di uno degli edifici più illustri della città. Insomma se qualcuno volesse esprimere al partner la propria passione irresistibile e imperitura, sarà pregato di accomodarsi nella zona dei pannelli dedicati alle dichiarazioni d’amore (foto sotto). E se facesse resistenza, potrà incorrere in una sanzione che va da un minimo di 25 ad un massimo di 500 euro. Basta con i post-it, magari disgustosamente appiccicati sui muri di mattoni medievali con la gomma da masticare. Altro che chewing gum. Giulietta merita rispetto. Diciamo almeno un po’ di rispetto: in fondo è ancora concesso agli innamorati (maschi) farsi fotografare accanto all’amata con una mano aperta sul seno bronzeo della statua novecentesca che la raffigura. Un bigliettino nei luoghi deputati, una immagine dal balcone (finto) e una foto ricordo con palpatina potranno bastare? Dovranno bastare. Se l’amore è cieco, l’amor proprio della città non è affatto miope e i cittadini non ne possono più di vedere quell’antica «insula romana», il porticato e il cortile goticheggiante imbrattati da migliaia di bigliettini destinati a essere sostituiti da altre migliaia di bigliettini che nessuno leggerà mai. E che neanche potranno sperare di competere con i sospiri originali, quelli che Shakespeare consegnò a una delle sue migliori tragedie (scritta senza avere mai visto Verona nemmeno di passaggio): «O mio amore, mia sposa! La morte, che ha già succhiato il miele del tuo respiro, nulla ha potuto sulla tua bellezza...». Comunque si tratta di mura storiche fino a un certo punto, a voler essere sinceri, visto che il palazzo due-trecentesco è stato ampiamente rifatto nel Novecento e considerando che la sua massima attrazione, il grazioso balconcino laterale, è il risultato di un’applicazione posticcia. Fu l’architetto Antonio Avena, infatti, direttore dei Musei Civici, a puntare, nei primi decenni del secolo scorso, più sull’effetto scenografico simil-Hayez a beneficio delle romanticherie da turismo di massa che non sulla fedeltà storico-filologica. Tanto di Cappello (che è il cognome autentico della famiglia di speziali che abitò in quella casa) al buon Avena. Il successo gli va riconosciuto: da allora la strada di Giulietta, che si raggiunge dal lato sud-est della Piazza delle Erbe, è diventata luogo di pellegrinaggio tra i più ambiti dai visitatori italiani e stranieri, percorsa com’è quotidianamente — in tutt’altro che rispettoso silenzio — da migliaia di coppie di spasimanti. E chissà se l’estroso restauratore sarebbe d’accordo con la severità dall’attuale sindaco (chewing gum a parte, ovviamente).
Paolo Di Stefano