Giorgio Meletti, il Fatto Quotidiano 8/11/2012, 8 novembre 2012
NUORO, UN OSPEDALE FONDATO SU TRENT’ANNI DI DEBITO PUBBLICO
Inumeri parlano da soli. L’Asl 3 di Nuoro, per costruire un ospedale da 45 milioni di euro, ha contratto un debito di 800 milioni. Mentre si sprecano le prediche sui 2 mila miliardi di debito pubblico che zavorrano l’economia italiana, le ristrettezze della finanza statale provocano questi effetti. Regioni, comuni e aziende sanitarie, non potendosi più indebitare direttamente, creano montagne di debiti invisibili, nascosti sotto contratti di servizio a lungo termine.
“Si può stimare in 190 miliardi di euro il totale dell’indebitamento occulto contratto con operazioni come quella di Nuoro”, sostiene Ivan Cicconi, direttore di Itaca, l’osservatorio sugli appalti delle Regioni italiane . “La prova del nove”, spiega, “è che mentre gli appalti pubblici si sono contratti del 30 per cento, il mercato dei lavori pubblici flette solo del 7 per cento”. La spiegazione si trova in casi come quello di Nuoro: il ceto politico locale si accorda con informali agenzie d’affari nazionali e internazionali per poter spendere ancora, indebitando di nascosto le generazioni future.
L’OPERAZIONE funziona così. L’Asl 3 di Nuoro, diretta fino al 2009 da Franco Mariano Mulas, potente ex sindaco della città, voleva intervenire sulle sue strutture ospedaliere per 45 milioni di euro. “La Regione non ci avrebbe mai consentito un mutuo di questo importo”, ammette Mulas. E dunque si è fatto ricorso al cosiddetto project financing, che tanto piace al governo Monti: il privato finanzia l’opera all’interno di una concessione che gli consente di ripagarsi attraverso i proventi della gestione. Solo che, se si parla di un’autostrada, si incassano i pedaggi. Ma nel caso di un’ospedale che cosa incassa il concessionario? Semplice, un affitto pagato dalla Asl, con il poetico nome di “canone di disponibilità”: a Nuoro 4 milioni 250 mila euro all’anno per 25 anni. Un mutuo per 45 milioni sarebbe costato una rata non superiore a 3 milioni l’anno. Perché tanto spreco?
Adesso viene il bello. Alla gara per l’aggiudicazione del succulento affare si presenta solo una società, la Polo sanitario Sardegna centrale spa, formata dalla multinazionale Cofely (gruppo Suez-Gaz de France) e dalla Inso spa, espressione del Consorzio Etruria (Lega Coop). La sapiente miscela delle quote garantisce il più ampio accordo politico. E la Polo Sanitario vince non solo la gara per la costruzione delle strutture ospedaliere, ma anche, per fare buon peso, l’affidamento per 28 anni di una serie di servizi: manutenzione e gestione dell’edificio, servizi energetici, reti informatiche e telefoniche, ingegneria clinica, pulizia, ristorazione,
raccolta e smaltimento rifiuti, portierato, Cup (centro unificato prenotazioni).
Tra canone di disponibilità e corrispettivo
per questi servizi l’Asl si impegna a pagare, per 28 anni, 24 milioni all’anno. Un solo consigliere comunale, l’avvocato Francesco Carboni, si batte contro l’apparente follia. Che però ha una sua perversa motivazione: con contratti blindati per 25-30 anni, le caste locali si vantano di aver garantito alla città una spesa pubblica costante nel tempo. Fatto il debito, qualcuno lo pagherà. Amen.
ACCADE PERÒ che un società di Genova, la Polish House, faccia ricorso al Tar, sostenendo che un appaltone a così largo spettro soffoca la concorrenza, impedendo a una società di pulizie, per esempio, di concorrere. Infatti la società concessionaria ha il diritto di affidare il lavoro a chi vuole : non c’è gara, non c’è niente. Un pezzo di spesa sanitaria è stato privatizzato. Il 10 marzo 2011 il Tar della Sardegna dà ragione alla Polish House, e annulla tutto, gara e contratti conseguenti: secondo il giudice, la concessione di servizi è legittima solo se c’è il trasferimento in capo all’impresa privata di un vero rischio di mercato che “si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni”. Qui la domanda di prestazioni è certa per contratto.
E QUI AVVIENE il “miracolo italiano”. La Polish House un bel giorno ritira il suo ricorso. La sentenza del Tar automaticamente decade. L’operazione classificata come illegittima per vari aspetti dal Tar torna perfettamente regolare. La Polish House, che aveva protestato contro il project financing denunciando la violazione di una sfilza di leggi, ne entra a far parte, acquisendo il 4 per cento della società che gestisce i servizi.
E non è solo questione di appalti. L’Asl 3 è la più importante, se non l’unica, azienda di Nuoro. Dà lavoro a 2400 persone. Adesso i privati del project financing gestiscono centinaia di posti di lavoro. I dipendenti delle società che gestivano i servizi fino al 2010 sono stati quasi tutti licenziati, e subito è iniziata la giostra delle assunzioni clientelari o sospette tali. In una terra di disoccupazione come questa, si è scelta la strada del “lavorare meno, lavorare tutti”: solo contratti part time a 600 euro al mese, e posti di lavoro raddoppiati. Un’elemosina priva di senso, nota Diego Bagella, perplesso consigliere comunale del Pd: “Con 600 euro non ti fai una famiglia. E adesso mi chiedo: con questi lavoretti, che futuro stiamo dando ai nostri figli?”.