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 2012  novembre 08 Giovedì calendario

LA BATTAGLIA DEL DEFICIT E LA SINDROME DELL’ANATRA ZOPPA

Ah, ah: bloccheremo tutto. Non potrà fare nulla”, prometteva spavaldo alla vigilia del voto il deputato repubblicano Dave Camp ospite di Fox News alla domanda: “Se vincesse Obama?”. Adesso che Obama ha vinto una parte dei repubblicani promette le barricate contro il presidente e molti representative, deputati nella Camera bassa di Capitol Hill, minacciano di impallinare l’anatra mezza zoppa, la lime duck, immagine che nel gergo politico americano descrive il presidente che governa con il Parlamento a maggioranza avversaria. Il presidente rinnovato non è proprio zoppo, bensì solo claudicante, perché solo la House of representative è in mano ai repubblicani, mentre il Senato è rimasto ai democratici. Dovrà fare un sforzo per camminare dritto e ottenere i voti degli avversari nelle spinose e urgenti scelte che dovrà prendere e risolvere, prima fra tutte quelle sul vero mostro Frankenstein, dell’economia Usa: il deficit. Deadlock è la parola del voodoo washingtoniano di questi anni: l’empasse, il blocco (il muro-contro-muro si direbbe in Italia) tra il partito dell’Elefante (Gop) e quello dell’Asino (i democratici). L’opposizione dei repubblicani (guidati dal giovane Paul Ryan, candidato vicepresidente di Romney) ha impedito a Obama di far passare il piano di riduzione del 50% del deficit.
Per il suo secondo mandato ha promesso di ridurlo di 4 trilioni (4mila miliardi) di dollari, ma deve avere il placet dei re-pubblicani. Gli accoliti di Carl Rove, l’eminenza grigia di Bush ora stipendiato dai repubblicani per le sue strategie politiche, non sono riusciti a dare la “spallata” che promettevano e riconquistare il Senato, ma sono comunque in grado di praticare un ostruzionismo che ritarda e depotenzia le decisioni del presidente.
OBAMA HA AFFERMATO ieri che lavorerà con “i rappresentanti di tutti e due i partiti per affrontare i problemi”, ripetendo la volontà di un dialogo bipartisan che nei primi quattro anni è rimasta però solo in potenza. Il peso del debito deve essere alleggerito rapidamente perché secondo le stime delle famigerate agenzie di rating da gennaio potrebbero contrarre ferocemente il pil degli Usa (che perderebbero la tripla A di stima) e rispingere nel burrone della recessione il Paese che si sta a malapena risollevando dalla crisi. Uno degli aspetti della crisi è l’approvvigionamento energetico che Obama vuole rendere sempre più nazionale e meno dipendente dall’estero, per ridurre l’influenza dalle crisi regionali, come quella mediorientale. A queste tematiche è legato anche il piano per la creazione di nuovi posti di lavoro, disinceppando la locomotiva economica non in grado di produrre tutte quelle opportunità alle quali il “sogno americano” ha abituato i cittadini (e gli immigrati in continuo arrivo). Altro tema che interessa più direttamente i cittadini, in queste settimane bombardati principalmente da tre generi di spot: politici, sulle auto e soprattutto sulle assicurazioni sanitarie integrative per coprire le spese mediche non rimborsate dall’Obamacare, la riforma del sistema sanitario costata fatica e compromessi al suo artefice. L’assicurazione obbligatoria fa storcere il naso a molti cittadini e a molti politici repubblicani per l’intrusione nelle scelte della vita privata e per i costi. E poi c’è l’educazione, prossimo campo di battaglia ideologico – ed economico – con i repubblicani: dopo l’ascesa stellare delle rette nei college, Obama promette (da tempo) di rendere l’accesso agli studi superiori, un progetto “statalista” che il Gop considera nocivo per studenti e casse statali.