Denise Pardo, l’Espresso 9/11/2012, 9 novembre 2012
MORSI DALLA TARANTOLA
Si racconta che in principio, la presidente assai contrariata (è un eufemismo) e il direttore generale abbiano persino ipotizzato di disseminare la sala di inibitori di segnali telefonici, veri strumenti da spioni, dopo aver letto, come da tradizione Rai, i flash d’agenzia sul consiglio in corso. «Sarebbe inutile», è stato fatto notare, «i consiglieri vanno e vengono come se avessero il ballo di San Vito, adducendo ogni sorta di scuse». Allora c’era stata la proposta di confiscare i telefonini: ma il direttore generale aveva commentato idem come sopra. Ora il trend sarebbe l’introduzione nello statuto di una norma (della tv francese) che richiami severamente i trasgressori della riservatezza, insieme alla decisione di consegnare le carte per il consiglio di amministrazione il più possibile a ridosso per arginare le insopportabili fughe di notizie. Come si può ben intuire, lo zeitgeist in voga è questo: a viale Mazzini è in arrivo la stangata. Non per i dipendenti, non ancora. No, per il cda da rimettere in riga.
Dopo decenni di Bengodi e di cuccagna, per la storiografia Rai il 14 novembre potrebbe essere una data cult per segnare l’affondo alla pancia del potere di viale Mazzini: ovvero al cda, sentinella imperitura di pressione e appetito della politica, posto ambitissimo non tanto per l’emolumento (66 mila euro più 20 mila per la presenza in vari comitati, un’indennità di 300 mila invece al presidente) ma per il prestigio e la valorizzazione personale che ne deriva, anche per poter fare favori, segnalazioni a destra e a manca e meticolosi report a chi di dovere. Succederà quando Anna Maria Tarantola insieme a Luigi Gubitosi presiederà il consiglio del 14, metterà uno stop ai benefici (goduti ora solo da una parte dei consiglieri, quelli d’annata non i neo nominati) presentando il nuovo regolamento del cda. Un regolamento considerato mostruoso, disumano, offensivo dai consiglieri abituati alle piacevolezze del rango e già avvertiti della fatwa in arrivo. In realtà, del tutto simile alle regole nelle normali società pubbliche.
Nella Rai che cerca di diventare sobria per non cadere in default, Tarantola e Gubitosi mani di forbice danno il via alla tabella di marcia: si partirà dal ridimensionamento delle prerogative del consiglio per arrivare a fine anno al nuovo piano industriale stilato dal direttore generale e non sarà all’acqua di rose. Così ora tocca al cda. In primis,al bando le carte aziendali. Soprattutto dopo l’entusiastico uso mostrato da Guglielmo Rositani, ex Msi,ex An, in quota Pdl,in Rai da tempo immemorabile (il primo incarico nel collegio sindacale nel 1986) ben concentrato in un tipico shopping da servizio pubblico: culottes e liseuses, profumi e monili nella Rodeo Drive di Rieti finiti nel mirino di un’indagine della procura della città. Poi, si passa al taglio del budget per spese di rappresentanza, diecimila euro l’anno a consigliere, in un batter d’occhio già ottantamila euro di risparmi. Briciole, si dirà,visto il grandioso bilancio Rai afflitto da meno duecento milioni. Ma anche un segnale fortemente simbolico a dimostrazione che la scure cala, ma inizia dall’alto. Le auto blu? Ridotte all’osso e ammesse solo per attività di servizio come le riunioni del consiglio, già dimezzate da quattro a due sedute al mese. Per non parlare dell’abbattimento dello staff addetto al cda: dal codazzo di venti persone del 2009 si è passati a sei tra segretarie e assistenti, praticamente nemmeno una a testa. E se ci fosse bisogno di un’immagine concettuale che fissi la distanza siderale tra vecchio e nuovo corso, tra la Rai a due velocità, basterebbe vedere arrivare in taxi Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, nominati a luglio, mentre Antonio Verro, Rodolfo De Laurentis e Rositani sprofondano in limousine con tanto di chaffeur.
Santa Madre però, Rositani, povero caro, arriva da Rieti. Tutti i giorni si sobbarca del viaggio pur di non venir meno ai suoi doveri di consigliere (lo è anche della società per il Ponte sullo Stretto di Messina) accettando un’indennità di trasferta di 350 euro al dì. Che moltiplicata, per esempio per un anno lavorativo di 300 giorni fa arrivare nelle sue tasche altri 105 mila euro, quindi 300 mila visto che è consigliere dal 2009, senza considerare spese di benzina (Rieti è a 73 chilometri da Roma), l’uso della macchina e stipendio dell’autista. Morale: facendo una stima a spanne, in difetto, l’andirivieni potrebbe aver comportato un esborso di gran lunga superiore al mezzo milione di euro.
Questo spiega come mai Rositani, ex deputato e sindaco di Varapodio eletto con la lista Asso di coppe (non sarebbe più consona Asso di denari?) capace di far slittare un consiglio Rai (nel 2011) per presenziare alla Sagra del peperoncino di Rieti, oggetto di servizi agiografici del Tg1 segnalati in una lettera di protesta del cdr, sia il maggior oppositore al ridimensionamento del treno di vita del cda. Forse per questo Gubitosi ha chiesto ai suoi dirigenti, rivelandolo in commisione di Vigilanza, di non cedere alle pressioni dei consiglieri? « Se hanno qualcosa o qualcuno da segnalare si rivolgano a me» ha avvertito, non proprio cordiale.
Intanto dopo Rai Fiction e Sipra, il dg continua il lavoro di composizione del nuovo puzzle. Dall’ufficio legale è stato spostato il potente vice direttore Piero Lacs, andato a Raiway. C’è stato un avvicendamento (parola prediletta da Gubitosi, dicono i suoi, pronunciandola prende un’aria da Twilight) al vertice del Centro di produzione di Roma (poltrona chiave anch’essa, ha il controllo di tutti gli studi televisivi della capitale): Domenico Olivieri in pensione è stato sostituito da Paola Sciommeri (ola da parte di Tarantola una che fa impallidire Gloria Steinem e Camille Paglia). Ma quello che l’azienda aspetta sono le gran nomine del Tg1 e di Raiuno (sarà Giancarlo Leone?). Oltre al nome di Ferruccio de Bortoli, sempre desideratissimo al settimo piano (con l’altra amministrazione fu consultato per la presidenza), è girato quello di Aldo Cazzullo (che ha incontrato Gubitosi), Mentre il caffè al bar interno con Marcello Sorgi, stimatissimo da tutti, ha mandato in fibrillazione tutto il popolo giornalistico con relative scommesse. Si è parlato anche di Mario Orfeo. Ma le sibille Rai vaticinano una scelta interna. La possibile candidatura di Antonio Preziosi, direttore Gr, ha perso quota dopo la sfiducia della sua redazione. Gubitosi cerca un profilo tecnico, indipendente, che unisca anziché dividere come in passato. Secondo chi sa, sarebbero assai considerati sia Gerardo Greco che Monica Maggioni. Naturalmente più di mezza Rai, orfana di padrinati e potentati, si domanda ma quanto resterà Gubitosi? La convinzione è che qualunque governo arrivi vorrà mettere le mani sulla Rai. Ma c’è ancora tempo per «mettere in sicurezza» la tv pubblica e i suoi conti.