Fabio Lepore, l’Espresso 9/11/2012, 9 novembre 2012
CHE TESORO DI ASSESSORE
Un assessore alle Finanze da 40 milioni di euro, nella Regione più piccola d’Italia, non si può non notare. Eppure solo la Banca d’Italia se n’è accorta, scatenando un terremoto politico che ancora oggi, a distanza di dieci mesi, risuona in tutta la Val d’Aosta.
Sui conti correnti di Claudio Lavoyer da gennaio ha indagato la Guardia di finanza valdostana, scovando molte stranezze, a partire dal fatto che tra il 2009 e il 2010 è transitato un tesoro di 40,7 milioni di euro, una valanga di quattrini che vanno e vengono. Eppure finora non è emersa nessuna anomalia penalmente rilevante, anche se alcuni indizi hanno convinto la Procura a proseguire l’inchiesta e gli investigatori stanno passando al setaccio altri aspetti della vita professionale e pubblica di Lavoyer. Lo conferma il procuratore capo di Aosta Marilinda Mineccia, che rifiuta però di aggiungere particolari sul nuovo filone d’indagine.
L’architetto Lavoyer ha una carriera politica quasi quarantennale, cominciata come amministratore del paesino di Pontey e passata attraverso le sigle che dominano la scena della Valle: prima con gli Autonomisti democratici progressisti, poi con la Fédération autonomiste, compagine nata nel 1998 dall’incontro tra ex Dc ed ex socialisti fino ad approdare nel consiglio regionale. Una lunga marcia da notabile, interrotta dall’arrivo dei funzionari di Bankitalia che nel dicembre 2011 rilevano il frenetico via vai di milioni su quattro conti collegati a Lavoyer. Tra questi anche uno intestato a Patrizia Carradore, assessore al Turismo e al commercio della città di Aosta, sua segretaria particolare prima di entrare in Comune.
Insieme i due nel 2002 vennero coinvolti nello scandalo nato dai ritiri in Valle di alcune squadre di serie A, tra cui Juventus e Inter. L’inchiesta aveva messo in luce episodi di corruzione e irregolarità nell’ospitalità di politici, uomini di spettacolo e giornalisti. Per Lavoyer, all’epoca assessore al Turismo, e la Carradore in primo grado era scattata la condanna per truffa ai danni della Regione. Ma la prescrizione ha cancellato la sentenza, riaprendo le porte del palazzo con una poltrona ancora più prestigiosa, quella delle Finanze. Che l’uomo ha mantenuto fino all’irruzione della Banca d’Italia.
All’inizio Lavoyer ha cercato di resistere. Poi la relazione degli ispettori su «fittizie disponibilità finanziarie mediante frequenti giri di assegni» e sui finanziamenti erogati«in assenza di idonea documentazione sull’effettiva destinazione» lo ha costretto alle dimissioni, senza rinunciare però al ruolo di consigliere regionale.
I motivi del tourbillon di denaro restano ancora oggi misteriosi. E anche il comportamento della Banca di credito cooperativo valdostana, sanzionata per non avere segnalato la situazione sospetta, genera più di un dubbio. La Regione Valle d’Aosta all’interno dell’istituto ha infatti ben tre rappresentanti: uno nel collegio dei sindaci, uno tra i probiviri e uno nel consiglio di amministrazione. Nel cda da maggio siede ad esempio Dino Vierin, ex presidente della giunta regionale che fu coinvolto nell’istruttoria sullo scandalo dei ritiri assieme a Lavoyer e Carradore, uscendone assolto.
Le opposizioni insistono perché sia fatta luce su tutta la vicenda: «Se non hanno niente da nascondere, devono chiarire la situazione», hanno chiesto ripetutamente i consiglieri di Alpe e del Pd. «Non ho nulla da commentare. La mia risposta sono state le dimissioni», ha invece ribadito, anche a "l’Espresso", l’ex assessore. A pochi metri dalla stazione dei treni, non distante dal Palazzo di giustizia, gli studenti hanno messo una spugna nella mano sinistra della statua di Giulio Cesare. Anche ad Aosta c’è voglia di fare chiarezza sui conti della politica. E pulizia.