Roberta Mercuri, Foglio dei fogli 5/11/2012, 5 novembre 2012
Joseph, alla sbarra a 12 anni perché a 10 sparò al papà nazista – «I want a white society», «Voglio una società bianca» (l’idraulico californiano Jeff Hall la sera prima d’essere ammazzato dal figlio di 10 anni Joseph)
Joseph, alla sbarra a 12 anni perché a 10 sparò al papà nazista – «I want a white society», «Voglio una società bianca» (l’idraulico californiano Jeff Hall la sera prima d’essere ammazzato dal figlio di 10 anni Joseph). [1] Jeff Hall, 32 anni, una croce e un teschio tatuati sulla nuca rasata, un ruolo di primo piano nell’organizzazione neonazista americana National Socialist Movement, padre di cinque figli, la notte del 30 aprile 2011 gridò ai suoi seguaci «preparate le pistole, colpo in canna. Fra poco li faremo ballare» e andò a pattugliare il confine col Messico a caccia di clandestini. Al ritorno crollò addormentato sul divano ma verso le quattro di notte il figlio Joseph, impugnata la 357 Magnum che il padre teneva in un armadio, s’appostò sulle scale che portavano al piano superiore, prese la mira e lo centrò in pieno petto. Quindi chiamò la polizia. [2] Poche ore prima di morire, Jeff Hall aveva regalato a Joseph una cintura di pelle con un simbolo d’argento delle SS che il ragazzino aveva mostrato, tutto fiero, ai suoi amichetti. [1] Joseph Hall, oggi 12 anni, bello, biondo, quattro sorelle più piccole, «cresciuto non proprio in un nido. Fin da bimbo ha visto attorno a lui divise nere da SS, bandiere con la croce uncinata, fucili. Fin da piccolo invece che fiabe ha sentito risuonare il saluto “Sieg Heil”, accompagnato dal braccio teso e da lunghe “tirate” del padre neonazista, Jeff Hall. Un uomo severo che volentieri gli riservava trattamenti duri e disciplina. Ma che comunque Joseph amava». [3] La madre di Joseph, Leticia Neal, si era separata dal marito sette anni fa dopo una causa particolarmente difficile in cui i due genitori si erano accusati a vicenda di aver compiuto abusi sul bambino. All’inizio il maschietto e una sorellina erano andati a vivere con la mamma, poi i servizi sociali avevano scoperto che la donna li teneva nel massimo squallore e nella sporcizia e che erano seriamente denutriti. Il padre all’epoca era in prigione per guida in stato d’ubriachezza, così i due piccoli furono affidati alla nonna. In seguito, dopo che Hall ebbe dimostrato di essere tornato sobrio e di aver trovato un lavoro stabile, i bambini entrarono nella casa del papà e della sua nuova compagna, che condivideva pienamente il suo credo neonazi. [4] La villetta a due piani a Riverside, usata come luogo di riunione per il National Socialist Movement (NSM). Nel marzo e aprile 2011, i reporter del New York Times avevano assistito ai barbecue per gli attivisti e i simpatizzanti sul retro della casa. In quelle occasioni l’idraulico, tra camerati nazisti che gridavano slogan contro neri, ebrei, ispanici eccetera, si scattavano foto col braccio teso, si ubriacavano di birra brindando al Führer e mangiavano montagne di salsicce, teneva discorsi razzisti e violenti anche davanti ai bambini e coi giornalisti si vantava di aver insegnato al figlio di 10 anni, da lui educato ai principi dell’NSM, a usare armi da fuoco e visori notturni. [5] Hall, denunciato nel 2010 dai vicini quando nel suo giardino, in occasione di Halloween, aveva organizzato una grigliata mettendo in bella mostra bandiere con la croce uncinata. Molti ospiti, quella sera, indossavano il cappuccio bianco del Ku Klux Klan. [6] Il National Socialist Movement, fondato nel 1994, circa 400 mila membri in 32 stati americani, ancora più forte dopo l’elezione di Obama (centinaia i nuovi iscritti), è il movimento neonazista più ampio degli Stati Uniti. Sede a Detroit, nel Michigan, è guidato dal 38enne Jeff Schoep. Tra le sue caratteristiche il reclutamento di ragazzi anche giovanissimi (a patto che siano di ascendenza europea e figli di militanti dell’NSM, oppure che abbiano il consenso dei genitori) in una apposita sezione giovanile battezzata “Viking Youth Corps”. [7] «Se è vero che noi siamo un’associazione che istiga all’odio, allora rispondo che anche Martin Luther King era un razzista e un bigotto…» (Jeff Schoep, fondatore del National Socialist Movement). [8] Il sito del Movimento nazista, dopo la morte di Jeff Hall, pubblicò un video con scene di vita casalinga registrate durante il compleanno di una delle bambine in cui si vede pure il maschietto di dieci anni. Nel video, fra l’altro, il leader nazista che parla del suo rapporto con i figli: «Sono mancato per due anni di seguito al compleanno di mia figlia perché ero lontano per il mio impegno come attivista. I miei bambini sanno che papà spesso non c’è ma che poi ritorna e che i compleanni si festeggiano quando possibile. Sono sicuro che mia figlia comprende ciò che faccio e comprende anche che lo faccio per il suo futuro». [1] A più di un anno dal parricidio, in California è iniziato il processo a Joseph. «Per Michael Soccio, procuratore di Riverside, California, il bambino è “un assassino”, sapeva quello che faceva, ha commesso un omicidio premeditato, privo di attenuanti. Non la pensa così l’avvocato d’ufficio, Matthew Hardy: Joseph – è la sua tesi difensiva – ha problemi psicologici e neurologici, inoltre ha subito abusi fisici e, soprattutto, è stato “condizionato” dall’ideologia neonazista. Insomma, non poteva distinguere tra giusto e sbagliato. Su questo punto si è accesa la battaglia. L’ambiente nel quale è vissuto il bimbo insieme all’educazione razzista ha davvero favorito l’omicidio del padre? Gli indizi portano a rispondere di sì, anche se Soccio argomenta il contrario. Nell’esporre la sua accusa, il procuratore ha sottolineato che Joseph voleva davvero bene al papà. Lo stava a sentire, anche se i metodi imposti tra le pareti di casa erano ferrei. Il bambino ha sparato a Jeff Hall – ha aggiunto – per due motivi: lo aveva sculacciato la sera prima e temeva che se ne andasse per sempre. La fede neonazi del genitore dunque, secondo questa interpretazione, non c’entrerebbe proprio nulla. Poi per dimostrare una presunta predisposizione al crimine del minore ha sottolineato come Joseph abbia alle sue spalle episodi gravi. Dei precedenti. Tra questi l’aggressione nei confronti di un insegnante al quale ha attorcigliato un cordone al collo. Motivi per restare sotto controllo – in prigione – il più a lungo possibile». [3] Al momento Joseph è il detenuto più giovane del carcere minorile del Dipartimento di Giustizia della California, dove sono tenuti sotto chiave novecento dei più pericolosi criminali minorenni della California. [9] «La legge in California prevede che i minori di 14 anni non possano essere incriminati, a meno che non esista una prova chiara che fossero consapevoli di fare del male. E Joseph, nella visione del procuratore Soccio, ricade in questa categoria: sapeva, eccome. Un eventuale verdetto di colpevolezza potrebbe tenerlo in prigione, come minimo, per una dozzina di anni. Non sarà facile però per il giudice emettere la sentenza. Impossibile non tener conto della storia personale di Joseph. Madre adottiva, quattro fratelli, denunce, scontri sull’affido, una lista infinita di visite da parte dei servizi sociali. Un inferno familiare. Dove l’unico punto di riferimento era un uomo – Jeff Hall – che tirava su i suoi figli spiegandogli come “difendere ovunque i diritti dei bianchi” e l’importanza della segregazione razziale. Ma non si accontentava di parlarne nel tinello. Spesso si portava dietro alle manifestazioni un pezzo della famiglia. La seconda moglie e qualche figlio. Uscite pubbliche dedicate alla propaganda dove il padre, in divisa da seguace hitleriano, enunciava il suo piano di battaglia». [3] «Dalle testimonianze e dagli atti giudiziari è emerso che gli strilli del neonazi Jeff Hall erano a volte accompagnati dalla mano pesante. O sarebbe meglio dire calci pesanti. Ma gli amici – probabilmente con il suo stesso credo – hanno giurato che non era nulla di “criminale”. È sempre stato un “buon papà”, ribattono a chi ricorda le violenze. Un “buon papà” che ha insegnato ai suoi figli a maneggiare le armi. Joseph purtroppo ha imparato a farlo bene. E lo ha dimostrato all’alba del Primo Maggio di un anno fa». [3] (a cura di Roberta Mercuri) Note: [1] Jesse McKinley, New York Times 10/5/2011; [2] Jesse McKinley, New York Times 10/5/2011; www.ilpost.it 14/5/2011; Anna Guaita, Il Messaggero 12/5/2011; Guido Olimpio, Corriere della Sera 30/10; [3] Guido Olimpio, Corriere della Sera 30/10; [4] Anna Guaita, Il Messaggero 12/5/2011; www.ilpost.it 14/5/2011; [5] Jesse McKinley, New York Times 10/5/2011; www.ilpost.it 14/5/2011; [6] New York Times 10/5/2011; [7] Jesse McKinley, New York Times 10/5/2011; www.ilpost.it 14/5/2011; New York Times 10/5/2011; [8] Giampaolo Pioli, qn.quotidiano.net 11/5/2011; [9] New York Times 30/10.