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 2012  novembre 08 Giovedì calendario

Lo smemorato Napolitano: «La Germania è un pericolo» - È il caso di dire che Napolita­no è proprio «Sme»mora­to

Lo smemorato Napolitano: «La Germania è un pericolo» - È il caso di dire che Napolita­no è proprio «Sme»mora­to. Non c’è settimana in cui Re Giorgio non lanci moniti sull’Europa e sul rigore: «In Euro­pa il solco è tracciato: integrazio­ne sovranazionale» (4 novem­bre); «La disciplina fiscale è un im­perativo » (23 ottobre). «La crisi si batte con ulteriori trasferimenti di quote di sovranità» (13 otto­bre). Viva l’Europa e viva il rigore teutonico. Peccato che proprio Napolitano e il suo Pci, sull’Euro­pa, non la pensavano proprio co­sì. Rinfreschiamo la memoria al Colle. Dicembre 1978, IV governo Andreotti. In Parlamento si discu­te se entrare immediatamente nel Sistema monetario europeo, vera e propria anticamera della Ue, oppure no. Lo Sme serviva a vincolare le monete dei Paesi membri della Cee, onde preveni­re troppe ampie fluttuazioni. Già all’epoca il contesto internaziona­le è simile a quello attuale: la Ger­mania è forte, la Gran Bretagna è scettica di suo,l’Italia-come sem­pre- arranca. Proprio Napolitano e il suo partito sono i più cauti al­l’ingresso immediato nello Sme e gridano: attenti alla deflazione, al­la spinta al ribasso dei diritti e dei salari dei ceti medi e popolari, al­l’innalzamento della disoccupa­zione, alle politiche di rigore desti­nate a portare il Paese ad avvitarsi in spirali recessive. Quindi che fa­re? Entrare subito o no? A gestire la difficilissima partita con i part­ner europei è Andreotti, che gui­da un monocolore Dc con l’appog­gio esterno del Pci. Siamo in pieno «consociativi­smo » ma in Parlamento è batta­glia. Per il Pci parla proprio Napo­litano. E dice: «Oggi sono prevalse forzature di varia natura. E sono venute da una parte sola, cioè da coloro che hanno premuto per l’ingresso immediato dell’Italia nel sistema monetario». Una for­zatura abbracciare l’Europa. Na­politano vuole aspettare perché occorre «una maggiore stabilità nei rapporti tra le monete e... avvi­cinare le situazioni e le politiche economiche e finanziarie dei Pae­si della Comunità in funzione di obiettivi di crescita, riequilibrio, di progresso sociale». Ecco quin­di l’attacco a Bonn e alla Bunde­sbank, troppo egoisti. Sono colpe­voli di operare «una sostanziale re­sistenza dei Paesi a moneta più forte, della Repubblica federale di Germania, e in modo particola­re della Banca centrale tedesca, a... sostenere adeguati oneri per un maggior equilibrio... delle eco­nomie ».Insomma,lo Sme,per Na­politano, serve «a garantire il Pae­se a moneta più forte e spinge un Paese come l’Italia alla deflazio­ne ». Bonn fa i suoi interessi e Na­politano non ci sta: «Il rischio è ve­der ristagnare la produzione, gli investimenti e l’occupazione in­vece di conseguire un più alto tas­so di crescita». Ecco che, quindi, Napolitano indica la strada del suo partito: aspettare, non dire immediata­mente «sì»; occorre «non aderire entro otto giorni ma riservarsi la scelta di adesione immediata». Perché tanta fretta? «Perché non si sono raccolte le preoccupazio­ni e gli avvisi alla prudenza?», si domanda il comunista che poi mette il dito nella piaga: «La verità è che forse s’è finito di mettere il “carro” di un accordo monetario davanti ai “buoi” di un accordo per le economie».Poi,l’affondo fi­nale: «Bisogna sbarazzarsi di ogni residuo di europeismo retorico e di maniera». Un Napolitano lonta­no mille miglia dal Napolitano di oggi anche nei toni e nel linguag­gio, intriso di sovieticità: «Meschi­ne manovre anticomuniste, desti­nate a sgonfiarsi rapidamente- di­ce grave - premere per l’ingresso nello Sme»; frutto di un «calcolo ir­responsabile e velleitario». Il Na­pol­itano di ieri si rivolterebbe nel­la tomba a sentire il Napolitano di oggi.