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 2012  novembre 06 Martedì calendario

La classe operaia al cineforum Così ti stronco i film borghesi - Sbatti il mostro in prima pa­gina ? «Un film che Belloc­chio, ottima persona, si poteva e ci poteva rispar­miare »: un’opera «il cui riferimen­to con la realtà, quando c’è,è pura­mente casuale » e dove la classe ope­raia «rischia di apparire, invece che potenzialmente rivoluzionaria, una classe di sfaticati»

La classe operaia al cineforum Così ti stronco i film borghesi - Sbatti il mostro in prima pa­gina ? «Un film che Belloc­chio, ottima persona, si poteva e ci poteva rispar­miare »: un’opera «il cui riferimen­to con la realtà, quando c’è,è pura­mente casuale » e dove la classe ope­raia «rischia di apparire, invece che potenzialmente rivoluzionaria, una classe di sfaticati».La recensio­ne, su Lotta continua , è anonima (ma riconducibile ad Adriano So­fri). Allonsanfàn dei fratelli Tavia­ni? Una pellicola in cui manca qual­siasi analisi della realtà, in cui i due registi,pessimisti e disfattisti,«par­lano solo di se stessi e della catego­ria- gli intellettuali- a cui apparten­gono e non della rivoluzione». E L’esorcista ? «Un filmaccio parroc­chiale girato male e recitato peg­gio », che vuol far passare la perico­losa idea che «vale più un gesuita che uno psichiatra».Film reaziona­rio e oscurantista. Bocciato. Per la rivista torinese Vedo rosso (fondata nel ’72 da fuoriusciti di Lc), invece, La proprietà non è più un furto di Elio Petri è «un’assurda porcheria da buttare senza rim­pianti ». Mentre «è triste che in un paese di controllato sviluppo ses­suale come l’Italia» anche una ro­baccia come Malizia «può passare per erotica».Il foglio Servire il popo­lo, del resto, considera HomoEroti­cus con Lando Buzzanca un film schifosamente borghese, antimeri­dionale, dalla parte dei padroni, «da boicottare con ogni mezzo». Così come Decamerone nero è un film fascista che «sotto la veste del divertimento e dell’ambientazio­ne popolaresca fa passare i conte­nuti più reazionari». Poi c’è il manifesto , per il quale Il conformista di Bernardo Bertoluc­ci ( «uno di quelli che crede il discor­so sul fascismo si­a isolabile da quel­lo sulla democrazia borghese di og­gi ») è un film superficiale, mentre Per grazia ricevuta di Nino Manfre­di è solo apparentemente un film comico, in realtà trasmette «valori antisociali e antiproletari». E non se la cavano bene neppure i cartoni animati. Per la rivista Re nudo persi­no Fritz il gatto (diretto nel ’72 da Ralph Bakshi e che dovrebbe essere una satira sulla società americana degli anni ’60) è un «film fascista, nauseabondo», «un pretesto per contrabbandare razzismo, sciovi­nismo maschile, violenza gratui­ta »: «pericoloso perché formal­mente mistificato con linguaggio e comportamento underground . In­fatti non pochi compagni sono ca­duti nella trappola». E appunto rimettere i «compa­gni » sulla retta via, cinematografi­ca e ideologica, era l’obiettivo dei giornali «impegnati», quelli del­l’area extraparlamentare, a sini­stra del Pci, negli caldi anni ’70 del piombo e della celluloide:orienta­re i gu­sti e le idee di un’intera gene­razione di intellettuali e di spettato­ri, a suon di stroncature e recensio­ni politiche. Un lavoraccio ma, vi­sta la straordinaria influenza socia­le del cinema in quell’epoca, utilis­simo. Per quanto soffocati dall’ege­monia del Pci, quei fogli alternativi dettarono a loro modo la linea «fil­mica », analizzando opere e registi sotto la lente dell’ortodossia operai­sta e proletaria. E giudicando, rivo­luzionariamente, cosa fosse da ve­dere (poco) e cosa da boicottare (molto). Il tutto con una passione gi­gantesca, che difficilmente pur­troppo si sarebbe ripetuta dopo quegli anni (formidabili) di cinefo­rum e di fanzine , e anche con una tendenza all’abbaglio ideologico che altrettanto difficilmente per for­tuna si sarebbe verificata dopo quell’epoca di sprangate ed espro­pri intellettuali. Un mondo meno lontano di quanto possa apparire a prima vi­sta (molti dei critici che firmarono quelle stroncature sono ancor oggi in attività, anche se in ruoli meno sovversivi e in uffici più comodi) ri­costruito benissimo nel libro di Ste­ve Della Casa e Paolo Manera Sbat­ti Bellocchio in sesta pagina (Don­zelli) dedicato al cinema nei giorna­li della sinistra extraparlamentare fra il ’68 e la metà degli anni ’70. Quotidiani e riviste come Lotta con­tinua , il manifesto , Servire il popo­lo , Vecchia talpa , il Quotidiano dei lavoratori , il mitico Re nudo , sui quali gli articoli erano anonimi op­pure sotto pseudonimo ( ma la me­moria orale raccolta dai curatori in­dica nomi pesanti, da Umberto Eco, nom de plume Dedalus, ad Adriano Sofri, da Pio Baldinelli al­l’accademico ( oggi) Peppino Orto­leva fino a Gianfranco Manfredi, ora fumettista della Bonelli). Come scrive Marino Sinibaldi nell’intro­duzione, questi giornali (iperideo­logizzati) e quelle sale (frequenta­tissime) furono un campo di batta­glia e di (auto)formazione percor­so da spregiudicatezza, ingenuità, equivoci, ipocrisie. Ma furono anche un universo di celluloide solcato da attacchi vio­lenti alla borghesia, alla «tradizio­ne », all’Amerika. Dove tutto (lavo­ro, amore, sesso) era letto attraver­so i parametri, rigidissimi, della lot­te di classe. Dove l’ideologia era sempre più forte dell’estetica.E do­ve nessun «maestro»,giovane o vec­chio che fosse - i Taviani, Bertoluc­ci, Pasolini - era al riparo da criti­che. Perché anche al cinema c’è sempre il rischio che ti si sieda ac­canto, a sinistra, qualcuno più pu­ro di te. Per il resto, come termina­va una lettera a Lotta continua di un proletario deluso da un film po­co partigiano, «Saluti comunisti».