Jacopo Granzotto, il Giornale 6/11/2012, 6 novembre 2012
L’Italia senza ombrello Addio modelli classici ora spopola l’usa e getta - Gli inglesi che se ne intendono usano quelli a cupola, sono leggeri, proteggono, non svolazzano
L’Italia senza ombrello Addio modelli classici ora spopola l’usa e getta - Gli inglesi che se ne intendono usano quelli a cupola, sono leggeri, proteggono, non svolazzano. La famiglia reale fa largo uso di quelli trasparenti. Noi italiani con gli ombrelli abbiamo un rapporto conflittuale. Nonostante l’esistenza di una delle più gloriose aziende produttrici mondiali, l’ Ombrellificio Pasotti di Castellucchio, in realtà ci arrangiamo alla meno peggio. C’era una volta l’ombrello, quello vero, nero, largo che riparava. Almeno da noi sembra estinto. Ora lo si cerca piccolo, da borsetta, che costi poco. Peggio. Da Roma in giù è diventato uno straccetto sgocciolante che si sfascia alla prima folata. D’altronde è fatto in Cina e te lo rifilano petulanti venditori indiani. Gli ombrelli di una volta erano grandi e indistruttibili. Aprivi e chiudevi senza intoppi. Ora, da quando i diluvi sono diventati un affare economico per la malavita, (che impiega manovalanza del Bangladesh) gli ombrelli appaiono all’improvviso nella loro brutta copia; un esercito di venditori ti insegue col tremendissimo, inutile «pieghevole », oggetto da battaglia persa. Sono l’indecente copia di quelli del passato e si sfasciano alla seconda apertura. Solo 5 euro per un oggetto che vale 60 centesimi e che ti lascia indifeso a maneggiare un pezzo di stoffa. L’alternativa on the road è la versione «grande» al doppio del prezzo dello straccetto di prima. Stessa sorte alla seconda apertura e diventa un’arma contundente. Eppure, dicevamo, ce ne sarebbero di ombrelli sul mercato, belli e utili, ma dal giusto prezzo. E ora con l’autunno è arivato il momento di pensarci. L’ombrello tipo Sunomi tutto in legno, sui 18 euro, è sempre vendutissimo in Italia. Ma quello nato per durare lo trovi soprattutto in pelletteria e costa sui 20 euro. Ci sono, poi, le grandi case italiane con una lunga tradizione alle spalle come Guidetti, Il Marchesato, Lanzetti, Poletti. E le supergriffe Burberrys, Tacchini, Venturi. Tutti in media sui 40 euro. Infine Pasotti. Che ha tra le clienti Jennifer Lopez e Rhianna. Prezzo indicativo 80 euro. Il modello tempestato da 250 Swarovsky cuciti a mano sulla cupola ne costa 390, anche il Marchesato lo produce. Ma fuori di qui è un altro mondo. All’estero nessuno si sognerebbe di buttare 5 euro per un oggetto inutile. Negli Usa furoreggia l’ombrello «Senz», aerodinamico che si piega ma non si spezza, in Inghilterra il «Blunt» con le stecche incapsulate e il «Tandem » per le coppiette. In un San Valentino di pioggia le strade si riempiono di «tandem rossi» con un cuore a forma di manico. Intrigante la storia dell’ombrello, oggetto antichissimo che ha avuto durante i secoli varie funzioni, ma non quella per cui è utilizzato oggi, che è di riparare dalla pioggia. Fino al Settecento l’ombrello è rimasto un oggetto in uso solo fra i nobili e le classi abbienti ed era portato da un servo. Per la pioggia si usavano mantelli e cappucci. Solo nell’Ottocento si è cominciato a usare l’ombrello come parapioggia. Venne introdotto a Londra nel 1756 da un certo Jonas Hanway. Le reazioni di fronte al tettuccio pieghevole che proteggeva dalle sferzanti piogge inglesi andarono dal divertimento al rifiuto categorico. Tutt’ora nel Nord Europa degli incappucciati l’ombrello viene considerato un accessorio stravagante, in molti preferiscono bagnarsi, piuttosto che portarne uno.