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 2012  novembre 05 Lunedì calendario

Riccardi, raccomandato dai vescovi e che sogna di diventare re di Roma - Mai governo ebbe nel suo seno tanti uomini di chiesa come questo di Mario Monti

Riccardi, raccomandato dai vescovi e che sogna di diventare re di Roma - Mai governo ebbe nel suo seno tanti uomini di chiesa come questo di Mario Monti. Se il ministro della Salute, Renato Balduzzi, è portavo­ce d’Oltretevere, e quello dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi, è fidu­ciario di potenti cardinali, il mini­stro per l’Integrazione, Andrea Riccardi, parla direttamente con Dio. Di lui ci occupiamo oggi. Il sessantaduenne Riccardi è il fondatore di Sant’Egidio, la bene­merita comunità trasteverina che accudisce i poveri e si batte per pa­cificare le popolazioni bellicose del vasto mondo. Suo capolavoro fu la soluzione del conflitto in Mo­zambico nel 1992. I fan lo conside­rano «profeta» e «santo» cosicché Monti ha pensato di cooptarlo per dare una nota di spiritualità al suo ragionieristico governo. Riccardi avrebbe desiderato il ministero de­gli Esteri - chi migliore di me, si è detto, che ho negoziato nei punti caldi del globo?- , ma essendo trop­po di chiesa per mandarlo in giro in nome dello stato laico gli è stato confezionato su misura un mini­stero inventato di sana pianta. Da questa postazione, il pio mi­nistro si è occupato di immigrati proponendo alloggi, ricongiungi­menti, visti e la solita tiritera che, al dunque, resta lettera morta co­me l’eliminazione del sovraffolla­mento carcerario. Dopo un anno di tavole rotonde, l’integrazione sta infatti a zero come quando non c’era il ministero ad hoc: gli africa­ni, una volta ambulanti, fanno og­gi gli accattoni, specie a Roma, cit­tà natale e operativa di Riccardi, dove sbucano da ogni strada, ber­retto in mano e cellulare all’orec­chio, anche se sono tutti vispi ven­tenni; la percentuale dei clandesti­ni che campa di reati cresce; chi ha aperto un’attività e stava dando un contributo, fa invece fagotto scoraggiato da tasse e crisi. Per concludere: neanche Andrea, che è uno di loro, sa a che santo votarsi. Perciò non vede l’oradi lasciare l’attuale poltrona per un’altra.Pa­reva aspirasse a un seggio in Parla­mento. Poi, le sue mire si sono spo­state sul Campidoglio. Nel 2013, scade Gianni Alemanno che, per essere stato un sindachetto, la ri­conferma se la sogna. Di Riccardi si cominciò a parlare in autunno, creando subbuglio. Per alcuni era il Vaticano a volerlo, per altri l’Udc, per altri il Pd. Fatto sta che quando il 21 settembre si svolse la festa della comunità di Sant’Egi­dio, la Roma che conta era tutta lì a omaggiare il nostro Andrea, sinda­co in pectore. Madrina, Maita Bul­gari, della nota famiglia gioiellie­ra, che svolazzava qua e là per ac­cogliere gli ospiti e portarli da Ric­cardi. Quel gior­no, al posto dei barboni assisti­ti dalla confra­ternita, pullula­vano i Gianni Letta, Luigi Gu­bitosi (ad Rai), Bruno Vespa, gli Alemanno in auto blu. Il successo del ri­cevimento confermò che la mac­china elettorale di Andrea era av­viata. Poi venne la prova del nove: il pd Nicola Zingaretti abbandona­va la cor­sa al Campidoglio per pun­tare alla Regione. Poiché Zingaret­ti era il rivale più forte di Aleman­no, si pensò subito che fosse stato dirottato per fare posto a Riccardi che, frattanto, si diceva lusingato. «Fare il sindaco di Roma è cosa bel­lissima. Se me lo chiedesse un se­gretario di partito, ne discuterei con lui e gli risponderei sì o no», disse da perfetto pesce in barile, sollecitando l’offerta ma evi­tando di sbilan­ciarsi finché non la riceve­va. Questo il 3 ot­tobre. Il giorno successivo, im­provvisa retro­marcia. «Non ri­tengo di potere accogliere l’offerta (di chi?, ndr)», disse. «Significherebbe interrom­pere il mio mandato ministeriale e l’impegno nazionale cui sono sta­to chiamato», aggiunse mostran­dosi curiosamente patriottico do­po avere alimentato chiacchiere e ipotesi. Al momento, siamo fermi lì. In realtà, si sa che punta tuttora al Campidoglio ma aspetta che Udc e Pd perfezionino l’alleanza ­già sperimentata in Sicilia- per es­serne il candidato congiunto, con la benedizione di preti altolocati. È nel suo stile dire una cosa e farne un’altra. Anni fa, il suo amico­ne Walter Vel­troni gli propo­se di impegnar­si nel Pd. An­drea, carezzan­dosi la barbetta da apostolo, re­plicò: «Sono ab­bastanza vec­chio per decide­re di non cominciare nuove avven­ture ». Invece, diventato ancora più vecchio, si è agilmente imbar­cato con Monti. Dunque, ce lo ri­troveremo tra le gambe. Romano di ascendenze roma­gnole, Riccardi ebbe un papà ban­chiere, laico, liberale e lettore del Mondo di Pannunzio e, tra gli avi, un monaco, poi beatificato, che fu padre spirituale del cardinale Schuster, arcivescovo di Milano durante la guerra. Più che del bab­bo, Andrea subì l’influsso del mo­naco e al liceo Virgilio, centro di Roma, comin­ciò a militare nella Gioventù studentesca, prima creatura di don Giussa­ni. Con lui, c’era anche But­tiglione. Poi, Rocco prose­guì con Giussa­ni che aveva fondato Cl, mentre Andrea e gli al­tri della cellula Gs formarono il pri­mo nucleo di Sant’Egidio nel 1968. La comunità decollò però nel 1973 con l’acquisizione di un ex convento abbandonato dalle Carmelitane in piazza San’Egidio, cuore di Trastevere. L’edificio fu ceduto per quattro soldi dal mini­stero dell’Interno, che ne aveva la proprietà e si accollò la ristruttura­zione. Dietro tanta munificenza c’era lo zampino del cardinale Po­letti, vicario di Roma e primo pro­tettore di Riccardi,porta d’ingres­so­della comunità in Vaticano e pa­trocinatore delle sue istanze pres­so Wojtyla. All’inizio,Andrea e seguaci vole­vano trasferirsi nelle periferie per stare tra i poveri. Il loro slogan, da figli di papà,era:«Dalla parte dei fi­gli delle donne di servizio ».Poi,tro­vando scomodi i tuguri suburba­ni, si sistemarono nel loro conven­to, vivendo in comunità e cele­brando riti, come monaci. Negli anni, il gruppo si è impossessato di metà quartiere, spazi, negozi, palazzi, diventando una potenza. Nelle pause delle sue attività eccle­siali, Riccardi si laureò in legge per riciclarsi subito in storico della Chiesa. Oggi insegna Storia con­temporanea all’ateneo di Roma Tre. È sposato e ha due figli. La vita comunitaria degli adepti riccardiani ha suscitato interroga­tivi. Anni fa, l’ottimo vaticanista dell’ Espresso ,Sandro Magister,ne fece una descrizione sconvolgen­te. Sant’Egidio sarebbe una setta in cui Andrea, capo indiscusso, e i suoi amici della prima ora, uomini e donne, avrebbero sui sopravve­nuti un potere simile a quello degli sciamani su esseri tribali. Impor­rebbero i matrimoni tra membri della comunità, decidendo la na­scita dei figli. Nessuna disobbe­dienza è tollerata, mentre le tensio­ni avrebbero causato suicidi. Clou della vita comunitaria, è la messa del sabato sera, vietata agli estra­nei. L’atmosfera è da racconto goti­co. I capi sono disposti in ordine gerarchico, con Riccardi al centro dell’altare che comanda gli effetti di luce e tienel’omelia al posto del prete, contro le regole ecclesiasti­che. Gli sguardi estatici di tutti con­vergono su di lui che fissa ieratico il gregge ai suoi piedi. Che Dio ci salvi da questo despota di Dio.