VARIE 8/11/2012, 8 novembre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - IL CAMBIO DEI VERTICI IN CINA
PECHINO - Rafforzamento della potenza marittima, lotta dura alla corruzione e riforme politiche, pur senza mettere in discussione il partito unico. Si è aperto su queste note, al centro del discorso del presidente Hu Jintao, il 18° congresso del Partito comunista cinese, un momento chiave per lo sviluppo del Paese in cui si decideranno i leader, e quindi la linea politica, per i prossimi 10 anni.
Duemila delegati hanno affollato la Grande sala del Popolo della capitale, in piazza Tiananmen a Pechino, per ascoltare il discorso inaugurale di Hu, 69 anni, che passerà il controllo del partito al vicepresidente, Xi Jinping, 59 anni. A marzo Xi diventerà anche presidente della Repubblica.
Il presidente della Repubblica e segretario del Pcc ha auspicato "la riforma della struttura politica" del Paese, ma "non copieremo mai i sistemi politici occidentali. Noi dobbiamo continuare i nostri sforzi, attivamente e con prudenza, per perseguire la riforma della struttura politica ed estendere la democrazia popolare". A ribadire il no a riforme in senso democratico sono arrivate subito le parole del portavoce del Pcc Cai Mingzhao: il sistema del partito unico non si tocca.
Sulla corruzione - che in Cina è un problema estremamente diffuso, come confermato
dai recenti scandali politico-finanziari che hanno coinvolto alti dirigenti del Partito, primo fra tutti Bo Xilai - Hu è stato molto duro: "Può provocare l’affondamento del Partito e dello Stato. Se noi falliamo a trattare questa questione correttamente, essa potrà rivelarsi fatale".
Toccati dal discorso anche gli aspetti economici ("serve un nuovo modello di crescita basato su qualità e prestazioni migliorate") e quelli militari ("dobbiamo fare della Cina una potenza marittima", per "difendere con risolutezza i suoi diritti e i suoi interessi marittimi"). La sottolineatura dell’importanza del controllo dei mari è legata alla contesa con il Giappone per le isole Senkaku, amministrate da Tokyo in base a un trattato con gli Usa non riconosciuto dal governo cinese.
Hu ha poi teso la mano a Taiwan: "Spero che potremo discutere l’istituzione di un meccanismo di fiducia per mantenere la stabilità nelle nostre relazioni e raggiungere un accordo di pace attraverso la consultazione, in modo da aprire un nuovo orizzonte nel promuovere la crescita pacifica di queste relazioni". Perché "la riunificazione pacifica tra i due paesi è nel mutuo interesse di Cina e Taiwan".
Il processo di successione è stato lungo e difficile, e controllato in larga parte dagli ’anziani’ del partito. Un ruolo fondamentale l’ha avuto l’ex presidente Jiang Zemin, 86 anni, che avrebbe imposto nel Comitato Permanente dell’Ufficio Politico (Cpup), il vero cuore del potere cinese, molti dei suoi alleati.
Il nuovo Cpup verrà presentato al pubblico tra una settimana, a conclusione del congresso. Oltre a Li Keqiang, che è già nel Cpup e dovrebbe essere il prossimo premier, in sostituzione di Wen Jiabao, dovrebbero essere eletti tra gli altri il vice-premier Wang Qishan, il capo del dipartimento di propaganda Li Yunshan e il responsabile dell’organizzazione Li Yuanchao, tutti considerati uomini di Jiang Zemin.
La protesta in Tibet. Cinque tibetani si sono immolati ieri in diverse zone del Tibet e della Cina occidentale per protestare contro quella che ritengono l’occupazione cinese del Tibet e chiedere il ritorno del Dalai Lama. E’ il più alto numero di immolati nello stesso giorno dal 2009, da quando questo tipo di proteste sono cominciate. Da allora, sono 68 i casi. Tra gli immolati di ieri, anche una donna e tre monaci minorenni. I gesti sono legati all’apertura a Pechino del congresso del Partito comunista.
(08 novembre 2012)
A Pechino l’inaugurazione del congresso del Partito Comunista Cinese che dovrà decidere il passaggio dei poteri a una generazione più giovane: l’attuale presidente della Repubblica e segretario del Pcc Hu Jintao passerà il testimone al suo vice, Xi Jinping
CORRIERE.IT
Il presidente uscente cinese Hu Jintao ha aperto a Pechino, quando in Italia era notte fonda, il 18° congresso del Partito Comunista (Pcc). In un discorso agli oltre 2.260 delegati in cui ha denunciato il pericolo della corruzione, accennando solo in modo marginale alle attese «riforme politiche», cioè le misure di liberalizzazione e democratizzazione della vita politica della seconda potenza economica mondiale. «Se non affrontiamo il problema della corruzione - ha detto Hu Jintao parlando nella sala dell’Assemblea del Popolo su piazza Tiananmen, addobbata con bandiere rosse e un’enorme falce e martello - la corruzione potrebbe provocare una crisi del Partito e anche un crollo dello Stato». «La riforma della struttura politica è una parte importante delle riforme generali e dobbiamo prendere iniziative positive e prudenti in questa direzione», ha aggiunto Hu.
IL SUCCESSORE DESIGNATO XI - Nel congresso, che si concluderà giovedì prossimo, Hu Jintao lascerà il posto di segretario del Partito al suo successore designato Xi Jinping, che in marzo assumerà anche la carica di presidente della Repubblica popolare. Il processo di successione che vedrà salire al potere una nuova generazione di dirigenti politici cinesi è stato lungo e difficile. Nei mesi scorsi il Partito è stato scosso dallo scandalo di Bo Xilai, l’ambizioso leader della metropoli di Chongqing, che verrà processato per corruzione e abuso di potere. In mancanza di un meccanismo istituzionale di successione, un ruolo di primo piano nel disegnare il nuovo gruppo dirigente è stato giocato dagli «anziani» del Partito, e in particolare dall’ex-presidente Jiang Zemin, 86 anni, che sembra abbia imposto la promozione di molti suoi alleati nel Comitato Permanente dell’Ufficio Politico (Cpup), il vero cuore del potere cinese.
Il discorso di Hu Jintao sui televisori in vendita in un centro commerciale di Wuhan
IL NUOVO COMITATO - Il nuovo Cpup verrà presentato al pubblico tra una settimana, a conclusione del congresso. Oltre a Li Keqiang, che è già nel Cpup e dovrebbe essere il prossimo premier, in sostituzione di Wen Jiabao, dovrebbero essere eletti tra gli altri il vice-premier Wang Qishan, il capo del dipartimento di propaganda Li Yunshan e il responsabile dell’organizzazione Li Yuanchao, tutti considerati uomini di Jiang Zemin.
IL CONTROLLO SUI FAMILIARI - Sul partito Hu Jintao ha anche detto che non solo i funzionari, ma anche i loro familiari dovrebbero esercitare una autodisciplina, sottolineando come i funzionari dovrebbero rafforzare i controlli sui patrimoni dei familiari e dei collaboratori. Due inchieste giornalistiche, del Wall Street Journal e del New York Times, hanno svelato a giugno il patrimonio milionario di Xi Jinping e a ottobre dell’attuale premier Wen Jiabao.
NO AL MODELLO OCCIDENTALE - «La Cina non copierà mai un sistema politico occidentale», ha detto poi Hu Jintao. La Cina, ha spiegato, continuerà a lavorare sulle riforme della struttura politica per «rendere la democrazia popolare più estesa». Il partito deve impegnarsi a rafforzare il sistema politico socialista e deve essere unito «migliorando il sistema democratico e diversificando le forme di democrazia per assicurare ai cittadini elezioni democratiche, il processo decisionale, l’amministrazione e controllo in conformità con la legge».
POTENZA MARITTIMA - Il presidente della Repubblica cinese e segretario del Pcc ha poi dichiarato: «dobbiamo fare della Cina una potenza marittima». Il Paese secondo Hu deve «difendere con risolutezza i suoi diritti e i suoi interessi marittimi». La Cina ha contenziosi su isole e territori di frontiera con tutti i suoi Paesi confinanti. L’ultimo è quello col Giappone per l’arcipelago delle Senkaku-Diaoyu, disabitate, ma dai fondali ricchi di gas.
NUOVE IMMOLAZIONI DI TIBETANI - Alla vigilia dell’apertura del Congresso, cinque tibetani - tra cui una donna di 23 anni e tre minorenni - si sono dati fuoco in diverse zone del Tibet e della Cina occidentale per protestare contro quella che ritengono l’occupazione cinese del Tibet e chiedere il ritorno del Dalai Lama. È il più alto numero di immolati nello stesso giorno dal 2008, da quando questo tipo di proteste sono cominciate. Da allora, sono in tutto 68 i casi.
PEZZO DI MARCO DEL CORONA STAMATTINA SUL CDS
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO — I camerieri cinesi che ieri, alla festa elettorale all’ambasciata americana, hanno esultato per la vittoria di Barack Obama, non concederanno il bis. Da cittadini della Repubblica Popolare stanno per avere il loro nuovo leader ma la liturgia del potere a Pechino ha un altro passo.
Accanto alle luminarie che danno il benvenuto al 18° Congresso del Partito comunista («shibada»), il rito prevede un ricorso massiccio a polizia e misure di sicurezza, con i potenziali guastafeste spediti fuori città o sott’osservazione. Il consesso comincia oggi, i delegati dovevano essere 2.270 ma due sono morti, e si procede in 2.268. Ci sono 34 imprenditori privati e, per la prima volta, 26 lavoratori migranti, mentre anche i media governativi evocano l’ineluttabilità di riforme peraltro dai contenuti sfumati fino all’impalpabilità.
Tra i marmi ipertrofici della Grande Sala del Popolo, da oggi al 14 si finiscono di mettere a punto gli assetti per i prossimi dieci anni. Gli accordi essenziali dovrebbero essere già chiusi. Il segretario del Partito, Hu Jintao, e il numero tre, Wen Jiabao lasceranno il comitato permanente del Politburo, il vertice del sistema, insieme con altri cinque compagni: dei nove componenti attuali ne resteranno in carica solo due, probabilmente in una formula ridotta a sette componenti.
I due superstiti sono proprio coloro che costituiranno il volto di un potere comunque collettivo: Xi Jinping, destinato a diventare segretario e dunque numero uno del Paese, e Li Keqiang. In marzo, con la sessione annuale del parlamento, il passaggio di consegne si completerà: Hu cederà a Xi il ruolo cerimoniale di capo dello Stato e Li, ora vicepremier, subentrerà a Wen come primo ministro. Verranno distribuite le altre cariche istituzionali e fino ad allora nuovo Politburo e vecchio esecutivo coabiteranno. Incerta la presidenza della commissione militare, che Hu potrebbe trattenere ancora per sé. All’appuntamento il Partito arriva affaticato. E non soltanto per il rallentare dell’economia che impone ripensamenti urgenti. La formazione politica più grande della Storia, oltre 82 milioni di iscritti, deve conservare agli occhi del popolo una legittimazione ingracilita. «Abbiamo tratto — spiegava ieri il portavoce Cai Mingzhao — lezioni estremamente profonde dai casi di Bo Xilai e Liu Zhijun», l’ex capo del Partito a Chongqing e l’ex ministro delle Ferrovie, espulsi dal Partito per corruzione e altro. E la corruzione, con la crescente divaricazione fra élite ricca e il «Paese reale», è uno dei temi più visceralmente sentiti.
Le speculazioni sulla personalità di Xi Jinping e la composizione del vertice indulgono sulle credenziali riformiste di questa o quella figura, di questa o quella fazione. Pare smentita la rimozione del «pensiero di Mao Zedong» dalla costituzione del Partito (non quella dello Stato). Che sarà ritoccata — è stato spiegato — ma non nella cornice fondamentale.
Come ha scandito ieri il portavoce Cai, il ruolo guida del Partito comunista non si discute: «La riforma del sistema politico deve attenersi alla realtà della Cina». Un mantra risaputo.
Piuttosto, Hu e Xi potrebbero introdurre ora forme di democrazia interne al Partito simili a quanto sperimentato dal Vietnam comunista. Secondo la Reuters, che cita «tre fonti vicine alla leadership», il piano sarebbe di aumentare il numero dei candidati per i diversi livelli decisionali del Partito. Se così fosse, per selezionare i circa 200 membri del comitato centrale, i 2.268 delegati potrebbero scegliere tra un numero di candidati superiore anche del 40%, quindi 280 in lizza per 200 poltrone (nel 2007 il margine era dell’8%); allo stesso modo, il comitato centrale sceglierebbe i 25 componenti del livello successivo, il Politburo, tra più di 25 aspiranti; e a sua volta, il Politburo potrebbe scegliere i 7 o 9 del comitato permanente, il gruppo supremo, tra più di 7 o 9 nomi.
Ritocchi esoterici, ma se l’ipotesi si materializzasse, il 18° Congresso sarebbe davvero un po’ diverso dagli altri.
Marco Del Corona
leviedellasia.corriere.it
PEZZO DELLA STAMPA DI ILARIA MARIA SALA
La Cina ha guardato alla campagna elettorale americana con distacco: assenti le maratone televisive che riportavano il minuto per minuto dei sondaggi, della votazione e infine dei risultati. Anzi: ieri mattina l’agenzia di stampa Xinhua ha lanciato un dispaccio titolato «Gli occhi del mondo sono puntati sulla Cina».
Nulla che vedere con le elezioni presidenziali Usa: si tratta dell’apertura - oggi del 18esimo Congresso del partito comunista cinese, che ha quest’anno l’incarico decennale di nominare il nuovo Comitato centrale del politburo, che apparentemente sarà ridotto da nove a sette membri e guiderà le nomine più importanti della politica cinese. L’atmosfera preCongresso è asfissiante: le misure straordinarie di sicurezza sono così numerose da comprendere l’obbligo per i tassisti di strappare le maniglie degli sportelli e dei finestrini, per prevenire che un passeggero testa calda possa decidere di gettare volantini sovversivi da un’auto in corso.
Internet è più lento che mai, i siti bloccati sono più numerosi del solito, e il centro della capitale è pieno di zone nelle quali è proibito transitare o sostare. Il Congresso durerà fino al 14 novembre, ed è quanto di più lontano dalla politica americana si possa immaginare: niente elezioni ma nomine, stabilite da più di duemila membri del Partito (fra cui uomini d’affari e medaglie d’oro alle Olimpiadi), senza eccessive incognite. Si sa fin d’ora che il prossimo segretario di Partito sarà Xi Jinping, che in marzo assumerà anche il ruolo di Presidente, succedendo Hu Jintao. Il Primo Ministro sarà Li Keqiang, mentre l’attuale Wen Jiabao terminerà il suo mandato. I restanti cinque uomini (sembra non ci siano donne) sono, secondo l’analista Willy Lam, «molto conservatori: le indiscrezioni di riforme che si sono avute in questi giorni sono solo per non inquietare gli osservatori, ma dopo la crisi legata alla caduta di Bo Xilai, la leadership non vorrà rischiare e sceglie di non promuovere nulla di nuovo, alla ricerca della stabilità».
E’ proprio quello che Pechino si aspetta anche da Obama, pur mantenendo toni bassi sulla rielezione: forse per evitare spiacevoli paragoni fra il modo di scegliere i leader negli Usa e in Cina. Anche sui siti web dei quotidiani cinesi le prime notizie riguardano tutte il Congresso, e solo cercando fra le brevi si può scoprire la conferma di Obama alla Casa Bianca. Il compassato silenzio ufficiale cinese è però smentito dal web, malgrado censura e lentezze: quando la vittoria di Barack Obama era cosa certa, 25 milioni di tweet riguardanti Obama sono stati contati su Sina Weibo, il principale sito cinese clone di Tweeter (censurato). La maggior parte di loro è felice dell’elezione di Obama, pochi arrischiano paragoni su come vengono scelti i leader in un Paese e nell’altro. E’ ancora lontano il giorno del suffragio universale in Cina. Invece Ting Wai, professore all’Università Battista di Hong Kong, cita fra le possibili riforme quella dell’informazione: «non una liberalizzazione totale, ma una diminuzione della censura». L’attuale stretto giro di vite su Internet, però, lascia pensare che anche questa riforma non sia fra le più urgenti.