Nisha Lilia Diu, Panorama 8/11/2012, 8 novembre 2012
COL MIO REALITY RACCONTO LA NOSTRA VITA DI CASALINGHE (POCO DISPERATE) DEI CLAN
Il padre è un importante esponente della mafia newyorkese, ora dietro le sbarre. Lo stesso vale per quasi tutti gli altri uomini che conosce. Cosa fa quindi Jennifer Graziano? Gira un reality televisivo sulla vita delle mogli e delle fidanzate del clan che sono rimaste a casa. Quarant’anni fa un boss mafioso di New York che rispondeva al nome di Joe Colombo cominciò ad attirare su di sé grande attenzione dei media: per confondere un po’ le acque, aveva avuto la brillante idea di fare passare l’interesse della polizia per i suoi affari come un attacco alla comunità italoamericana. Manifestò così davanti alla sede dell’Fbi, pronunciò discorsi e andò in televisione protestando contro questa ingiustizia. Ma i boss delle altre famiglie mafiose non videro di buon occhio il suo protagonismo e nel giugno del 1971 Colombo venne ucciso.
Oggi, però, tutto è cambiato. E Jennifer Graziano, figlia di Anthony, un mafioso di spicco della famiglia Bonanno, ha realizzato il reality televisivo Mob wives, in cui recitano nientemeno che i suoi amici e i familiari.
Il cast, composto dalle compagne e dalle figlie di mafiosi, offre uno spaccato straordinario di un mondo che non è quello del racket e dei politici corrotti su cui, grazie a criminali del calibro di Henry Hill (la cui testimonianza ha ispirato il film Quei bravi ragazzi) e Joe Bonanno (la cui autobiografia aiutò Rudolph Giuliani a sbaragliare le Cinque famiglie di New York nel 1985), abbiamo già tantissime informazioni. «Desideravo mostrare l’impatto che questo stile di vita ha sulle donne» afferma Graziano «che cosa significa essere una spettatrice impotente in un mondo imprevedibile, rinunciare al diritto di conoscere gli affari del proprio marito, ricomporre i pezzi e fornire spiegazioni ai figli quando il padre viene sbattuto in galera».
Per la prima serie (seguita, in America, da una seconda e da uno spin-off, Mob Wives Chicago) Graziano ha filmato sua sorella e tre delle sue più care amiche, inclusa la figlia del luogotenente della famiglia Gambino, Sammy «the Bull» Gravano.
La sequenza di apertura mostra quattro donne, in pelliccia e ingioiellate, incedere con fierezza sotto un cielo che minaccia tempesta. Truccatissime, parlano in modo sguaiato, rivelando un temperamento forte e sentimenti complessi e contrastanti verso quello che definiscono «lo stile di vita». Ne emerge un racconto a mezza via tra I Soprano e il Jeremy Kyle show (un talk-show americano sullo stile del nostro «Uomini e donne», ndt). I Soprano, fra l’altro, è «estremamente realistico» afferma Graziano. «Gran parte della trama si basa su eventi reali. Mio padre era convinto che un episodio riguardasse proprio noi».
La sorella di Jennifer, Renee, sembra fatta apposta per un reality. Si autodefinisce una regina del melodramma e snocciola perle di saggezza come: «O giochi nella squadra di Renee o la squadra scompare», oppure: «Ho bisogno di una pausa. Devo andare a comprarmi una pelliccia». Il cast comprende anche una bionda dalla voce stridula, temuta per le sue doti di street-fighter, e due donne più tranquille, ma non meno toste. Un tipico episodio di Mob wives ruota intorno a un torto presunto che, condito con molti pettegolezzi e numerosi sorsi di tequila, si allarga a macchia d’olio sfociando in risse tra donne inferocite che si azzuffano prendendosi per i capelli. A volte le ragazze si riappacificano e il tutto termina con baci e abbracci; altre volte è necessario separarle con la forza.
La villa in cui Jennifer Graziano mi riceve corrisponde esattamente allo stereotipo della dimora di un gangster: in pietra grigia con porte di mogano intagliato grandi abbastanza da fare entrare un’auto, circondata da un prato verde brillante costellato di piante ornamentali. All’interno, King Oscar, uno shih-tzu dal pelo bianco e dorato, zampetta sul pavimento piastrellato.
Contrariamente alle donne protagoniste del programma, che fanno regolarmente visita al chirurgo estetico, Graziano, 39 anni, non ama essere «sempre in tiro». Indossa un semplice abito nero, grandi orecchini a cerchio tempestati di strass e tacchi a spillo leopardati. «L’85 per cento delle donne di Staten Island si sono sottoposte a interventi di chirurgia plastica» dice con un sorriso. Lei no, «per ora».
Tutti i padri e i mariti delle donne del cast sono attualmente in prigione, quindi, spiega Graziano, lo show «non rivela nulla di quanto non sia già di dominio pubblico. E le ragazze sanno quello che possono o non possono dire: siamo state addestrate bene». Tuttavia confessa che suo padre si è «molto arrabbiato» quando è venuto a sapere del reality. «Non mi ha rivolto la parola per molto tempo».
Un’altra persona che fece inferocire il padre è Gravano, un amico di famiglia che divenne informatore della procura nel 1991, portando all’arresto di John Gotti in cambio di una riduzione di pena. «Il codice del silenzio non vige più da tempo» afferma Thomas Reppetto, ex capo dei detective di Chicago, ora professore a Harvard e autore di American mafia. «Prima le condanne erano lievi e spesso la malavita organizzata riusciva a corrompere la giuria. E chi parlava era morto: non esisteva la protezione dei testimoni. A partire dagli anni Ottanta, invece, i mafiosi vengono condannati a 40 anni di reclusione o all’ergastolo. Così molti vuotano il sacco per salvarsi la pelle».
Per colpa del tradimento di Gravano, i membri della sua famiglia sono diventati dei reietti dalla sera alla mattina. Si sono trasferiti in Arizona ma una figlia recita nel reality. E pare che lo stesso Gravano, un killer sulla cui testa pesa una condanna per 19 omicidi noti, abbia detto alla donna di «non amare alcune espressioni da lei utilizzate» nel programma.
Nello show le protagoniste usano un linguaggio particolare quanto il loro codice morale. «Via», per esempio, significa in prigione. Carla Facciolo spiega così la sua noncurante accettazione dell’incarcerazione del marito: «Mio padre andò via, i miei zii andarono via e quindi quando Joe è andato via ho pensato: “Ecco un altro che se ne va”». «Nel nostro ambiente» afferma Graziano «conversazioni del tipo: “Il tale è stato arrestato”. “Ah sì? Con quale accusa?” sono all’ordine del giorno. Da quando sono nata è la terza o la quarta volta che mio padre si trova in galera. I miei due cognati ci sono andati due volte. È una sorte comune a tutti». Nella seconda serie, uno dei membri del cast si rivela essere un informatore dell’Fbi, che ha portato alla recente condanna di Anthony Graziano. Jennifer fa un respiro profondo mentre ne parla. «Era l’ultima persona al mondo da cui mi sarei aspettata una cosa del genere».
La prima volta che Jennifer sentì la parola mafia aveva 10 anni. «Era il primo giorno di scuola e ogni bambino doveva dire che mestiere facevano i genitori. Io risposi: mia madre è casalinga e mio padre è un… un… Non sapevo cosa dire. Il giorno successivo un bambino mi disse: “Mio padre dice che tuo papà fa parte della mafia”. Ritornai a casa e chiesi a mio padre: cos’è la mafia? Mi rispose: “Semplice, è l’acronimo di Mothers and fathers Italian association, l’associazione italiana dei padri e delle madri. Perché me lo domandi?”».
Suo padre era un mafioso di successo. «Andavamo a scuola in limousine. Eravamo abituati a ottenere tutto gratis, saltavamo sempre le file, quando andavamo al ristorante non dovevamo mai pagare il conto». Jennifer ricorda di una giornata al luna park quando aveva 7 anni. «Avevo fatto molti tentativi a un gioco, ma non riuscivo a vincere, quindi me ne stavo andando via. Allora uno degli amici di mio padre disse al proprietario dello stand: “Dalle il suo premio”. Io protestai: non ho vinto, ma lui mi rispose: “Hai vinto, hai vinto”. Ero molto confusa. Il tizio dello stand mi consegnò il premio più bello. Quel giorno me ne tornai a casa con un sacco di giochi che non avevo affatto vinto».
Le persone temevano suo padre? «Sì, certamente. Avevano paura anche di me e di mia sorella: nessuno avrebbe mai osato farci del male». Da ragazze, «i nostri amici che conoscevano mio padre dicevano agli altri ragazzi che ci facevano il filo: “Non puoi parlare con lei”. Era molto fastidioso».
Si sente in colpa verso le persone che possono avere sofferto a causa di suo padre? Jennifer si ritrae un attimo e respira a fondo. Fa una lunga pausa. «Per mia fortuna non ho mai sentito di nessuno in particolare che sia stato vittima di mio padre». Beve un sorso di acqua ghiacciata. «È una domanda difficile. È qualcosa a cui sinceramente non penso mai».
La comunità italoamericana di New York è sempre stata abbastanza chiusa. «La maggior parte degli uomini italiani vuole donne italiane. Le ragazze non italiane sono solitamente…». Graziano si tappa la bocca con la mano «...le fidanzate». Il concetto di fedeltà dei mafiosi è estremamente elastico. «Il classico brindisi era “Alle nostre mogli e fidanzate!”» ricorda Thomas Reppetto, il cui padre «non era dalla parte giusta della legge».
Il tradimento è ancora così diffuso? Graziano annuisce. «Gli uomini della famiglia di solito hanno un’amante e una fidanzata» aggiunge sua cugina. Le mogli dei gangster sono «più tolleranti» riguardo alle scappatelle, afferma Graziano. Anche gli uomini chiudono un occhio sulle avventure delle donne? «Oh no, è impazzita?».
Jennifer, divorziata e con un figlio di 13 anni, afferma che la sua ultima relazione con un mafioso risale a quando non era ancora ventenne. Comprende il motivo del loro fascino: «Si vestono con abiti eleganti. Hanno un modo particolare di comportarsi. Sono molto sicuri di sé. Ma non sono mai stati il mio tipo. Voglio dire, naturalmente mi piacciono gli uomini forti e amo gli uomini brillanti, ma preferisco scegliermeli al di fuori della malavita organizzata ». Le sue ragioni non sono di natura etica. Semplicemente preferirebbe «non doverne pagare le conseguenze»: i beni confiscati, le visite in prigione. «Mi piacerebbe avere per compagno un normale uomo d’affari».
Ma ci sono anche motivi d’altro genere. Quando le chiedo se gli uomini «d’onore» aiutino nelle faccende domestiche, scoppia a ridere. Sua cugina interviene: «Nessuno! Non sia mai...». Si prendono cura dei figli? «Prendersi cura dei figli? Oddio, spendono 10 mila dollari per trascorrere un fine settimana con loro da qualche parte. Poi non li vedono più». Graziano ride. «Se ne occupano a modo loro». Le donne vengono coinvolte negli affari? «Affari? Con gli uomini?», Graziano lo trova assurdo. «No». Questo le dava fastidio? «Sì, certo, per uscire devi chiedere i soldi a tuo marito. Mi sono detta: non ho intenzione di vivere così».
Una delle donne protagoniste del reality, Drita D’Avanzo, è sposata da 10 anni, otto dei quali suo marito li ha trascorsi in galera. La sua decisione di restargli accanto, «aspettando», come dicono in gergo, è fonte di continua angoscia. «In un certo senso sei programmata per aspettare» afferma Graziano. Ma negli ultimi anni alcune donne hanno voltato le spalle a questa tradizione. «Le famiglie stanno diventando sempre più aperte e anche le ragazze desiderano andare al college, il che significa che incontreranno ragazzi non appartenenti al nostro ambiente. Questo solitamente non viene visto di buon occhio». Anche suo figlio verrà allontanato dallo stile di vita mafioso. «Vorrei che facesse il medico o il calciatore, o qualcosa del genere» conclude Jennifer.
Stella Magazine / The Interview People