Giuseppe Cruciani, Panorama 8/11/2012, 8 novembre 2012
CANNIBALI
Più che la rottamazione, va di moda papparsi i padri a colazione. Prendete Antonio Di Pietro: cosa sarebbe stata l’Italia dei valori senza Tonino? Il nulla. E cosa sarebbero tanti piccoli e sconosciuti deputati che adesso vengono rincorsi da giornali e telecamere come star? Polvere. Ma siccome la bestia è ferita i figliocci si accaniscono. Massimo Donadi, un bravo signore che per anni ha predicato il verbo del signore di Montenero, ora lo paragona a Silvio Berlusconi e gli rimprovera di avere creato un partito personale. Viene da domandarsi: dove è stato il Donadi finora, forse nell’Idv a sua insaputa.
Mai così cinico come Luigi De Magistris, il sindaco di Napoli che dice di avere «lealtà umana» verso Di Pietro, la stessa che si prova di solito per i vecchi leader ormai morti e sepolti, dopo avergli suggerito un «passo di lato», cioè nel burrone.
Però i cannibali sono ovunque. Anche Gianfranco Fini ne ha assaggiato denti e saliva, ai funerali di Pino Rauti. Un tempo erano la stessa carne, ora i camerati si accaniscono sulla carcassa dell’ex capo «traditore» e «Badoglio». Sono tempi spietati.
Antonio Ingroia parte per il Guatemala ripudiato da una parte della magistratura che solo adesso lo rimprovera di eccessiva «esposizione mediatica» e maledetto da Eugenio Scalfari (il Fondatore consiglia l’espatrio se il pm diventasse un giorno ministro), mentre La Repubblica lo ha sempre trattato con i guanti bianchi, anzi bianchissimi. Ma il vento è cambiato e Ingroia potrebbe essere un pericolo politico.
Succederà anche a Beppe Grillo, di essere mangiato dal suo gregge. Quando il caposetta tramonterà, i seguaci sono pronti al banchetto, rimproverando al guru di essere un pericoloso dittatore, un Robespierre, un vecchio bavoso.