Federica Furino, Gioia 8/11/2012, 8 novembre 2012
ISABELLA FERRARI: MI PIACE STARE NELLA MALINCONIA
Conversare con Isabella Ferrari è come risolvere un cruciverba a schema libero: le sue parole si incastrano una nell’altra con un meccanismo che sembra perfetto finché ti accorgi che, per decifrarne il senso, manca una lettera. E proprio in quella lettera che manca, in quel piccolo spazio vuoto, è piazzato il baricentro di un mondo fatto di materiali difficili da mescolare: la famiglia e l’inquietudine, la donna e la madre, la ragazza delle commedie romantiche e l’attrice dei film d’autore, la timidezza e il corpo che si mostra alla macchina da presa, la vita in tournée e gli incontri con i professori, la malinconia e la voglia di rumore. Il vuoto è anche lo spazio in cui si muovono Anna, il personaggio del suo prossimo film (E la chiamano estate, di Paolo Franchi, in sala il 22 novembre e in concorso al Festival del cinema di Roma) e Dino: uniti da un amore mai consumato in un rapporto fisico, per l’incapacità di lui di combinare sesso e sentimenti. «Il senso di vuoto è nei personaggi, nella storia, nella regia. È stato come sprofondare nell’acqua. Ma, di Anna, ho condiviso qualcosa», dice seduta in un giardino nascosto nel centro di Roma, i palazzi che incombono e un piccolo spicchio di cielo sulle nostre teste. «Riconosco l’incapacità di stare dentro la coppia, la fuga nell’immaginazione. Anche se poi la vita vera è portare a scuola i figli, pagare il mutuo e le multe».
Anche lei cerca una via di fuga?
Non come Anna, che rifiuta i rapporti che le richiedono una famiglia. Io sono l’opposto, ancorata alla realtà. Nella mia vita c’è il momento del tappeto rosso e il momento in cui vado al mercato.
Questo film racconta un amore mai consumato. Eppure il corpo nudo di Anna è spesso esposto all’occhio della macchina da presa. Non le pesa spogliarsi in scena?
Stavolta no. Mi sono fidata di Paolo Franchi, delle sue inquadrature e delle sue luci. E non ho mai provato fastidio. Non sempre capita.
No?
Le scene di nudo sono sempre imbarazzanti, ma i corpi possono parlare. Un’attrice come si deve non si ferma davanti al pudore. A volte capita di provarlo, ma si va avanti.
Pure nella vita, va avanti?
No. Sono sempre la più timida. A tavola, tra amici, sono quella che parla meno, non racconta mai le sue cose. Avendo iniziato giovane, ho subìto la mia timidezza. Oggi ho capito che sono anche una donna divertente. Il teatro, negli ultimi anni, mi ha fatta uscire dal guscio. Ma ora ho preso una pausa. Non ne potevo più di stare lontana dai miei figli.
Il senso di colpa della madre che lavora non molla?
Prima lo sentivo di più.
I figli crescono.
Non è questo: anche da adolescenti hanno bisogno di me. Ma sono buoni, hanno totalmente accettato il mio lavoro. Se dicessi che sto ferma per due anni mi risponderebbero: «Mamma, per favore, vai a lavorare».
Suo marito la supporta?
Totalmente. Essendo artisti entrambi ci capiamo (il marito di Isabella, Renato De Maria, è un regista, ndr). Cerchiamo di non essere via insieme. Facciamo squadra.
Altre regole domestiche?
A cena i telefonini restano spenti, come si faceva una volta con la tv. Sarà solo un quarto d’ora, ma ce lo dedichiamo.
Che mamma è?
Bisognerebbe chiedere ai miei figli. Una volta in un’intervista ho detto che cerco di lasciarli liberi e mia figlia è saltata su: «Ma quando mai? Ora raccontiamo noi come stanno veramente le cose!».
Una vita sull’attenti, la sua.
Mi riposo quando sono in albergo. A casa non c’è una mattina che non mi svegli alle sette per portarli a scuola. Mi piace condividere con loro le mie scelte. Mi interessa il loro punto di vista.
Anche ora che sono adolescenti?
Sì. Non ho vissuto il conflitto tra madre e figlia. Forse anche perché, con loro, abbasso un po’ la testa, cerco di essere furba. Evito scientemente il conflitto,
so che in un attimo mi può travolgere.
Da figlia l’ha vissuto quel conflitto?
Sì. Ma andandomene via presto è cambiato tutto: tornavo a casa per proteggermi. Dormire nella mia cameretta, anche a 20 anni, mi faceva sentire bene.
Ha mai avuto voglia di smettere?
Continuamente, ma mi è mancato il coraggio. Oggi so che se anche dovessi scendere dal treno, potrei poi risalirci. Una volta no: ho iniziato a recitare senza aver fatto un corso o una scuola. Mi mancavano le sicurezze.
Non è mai sembrata una donna insicura, o introversa.
Il mio privato è sempre stato pubblico, e non per colpa dei giornalisti. Non è nemmeno una colpa, sono fatta così. Da giovane, mi vergognavo quando rileggevo un’intervista. «Cosa ho detto?», pensavo. E invece quelle cose le ho dette davvero.
Lei potrebbe mai innamorarsi di un uomo che non può avere, come Anna?
Non credo. Però so quanto è frequente il fingere che le cose vadano bene così come sono, quando invece non vanno bene per niente.
Anche lei chiude gli occhi?
Farsi troppe domande è impegnativo. E allora, sì: anche io sfuggo al tentativo di capire come sono io e come sono gli altri.
Anna si sente bella negli occhi di Dino, e questo le basta.
Anche a me è successo che mi bastasse, poi però ho voluto la famiglia. È il mio essere contadina, il voler fare come mia mamma che ha avuto due femmine e un maschio. Sono cresciuta in cucine dove c’erano madri, zie, bambini, pentole che bollivano. Sono quello che ho annusato.
Sesso e amore possono vivere ognuno di vita propria o sono inscindibili?
La seconda.
Di lei dicono che è malinconica.
Per i miei occhi, che calano giù. Ma è vero: mi piace stare nella malinconia.
Mi piace perdermi in un tramonto, nelle vecchie foto, nei ricordi di mia nonna
o di mio padre. Mi porto dietro il passato, non riesco a sganciarmi.
Neppure dal ricordo degli amori del passato?
Sono malinconica, ma non fino a questo punto. O forse è il pudore che mi blocca la risposta.
Che uomini ha amato?
Non mi è mai interessato il potere. Mi affascina il talento, come uno si rapporta agli altri. Negli uomini della mia vita, credo di aver sempre cercato mio padre. Aveva grandi qualità di essere umano, andava dritto verso l’onestà.
È stata fortunata in questa ricerca?
Non sai mai dove finisce la fortuna e inizia la sfortuna. Sono abbastanza felice, anche mi sembra sempre troppo presto per fare bilanci. Mi sento sempre come all’inizio di qualcosa. Amore uguale caos: la formula della mia vita sentimentale è questa. E il coraggio è restare in piedi quando non sei sicura di riuscirci.
Ha detto che vorrebbe insegnare a suo figlio che la sua donna non solo deve amarla, ma anche sostenerla.
Le storie d’amore vanno al di là del sesso. Dietro ogni finestra c’è una donna che aspetta un uomo. E tutte parliamo d’amore anche quando parliamo d’altro.
È ancora in deficit di accudimento?
Direi di sì. Ma con un mestiere come il mio, le sofferenze le usi in quello che fai.
L’amore cambia con il tempo?
Si inserisce su binari diversi dalla passione. Si trasforma, ma resta amore.
E il tempo che passa, che effetto le fa?
Non mi disturba vedermi le rughe, la faccia stanca, il corpo che cambia. Non ho difficoltà a guardarmi allo specchio, ho anche meno tempo per farlo. Ma ho malinconia per il tempo che è passato, gli amici che ho perso, le persone che amavo e non ci sono più. Mi rincuora tornare a casa e trovarla piena dei miei figli e dei loro amici. Il silenzio mi fa ancora paura. Il desiderio
di colmare il vuoto lo sfogo nel lavoro.
Come?
Prenda Anna. Riconosco in me quella donna che sfugge alla realtà e sta dentro al suo mondo immaginario, molto più interessante della realtà. Ecco, io ho la possibilità di viverla due mesi diventando lei. Credo sia per questo che, quando recito, mi piace stare lontano da casa.
Poi è dura ritornare?
No. Basta accendere l’aspirapolvere. E fare ordine. È la cosa che amo di più. Nella vita c’è sempre un cassetto da mettere a posto.
Senza sogni?
Esatto. Solo oggetti da catalogare.