Antonio D’Orrico, Corriere della Sera 08/11/2012, 8 novembre 2012
SESSO E SCRITTURA, IMPERO DI EROS - È
quasi un bambino Bill Abbott, il protagonista del nuovo romanzo di John Irving (In una sola persona, Rizzoli), quando si rivolge alla bibliotecaria Miss Frost per farsi indicare romanzi da leggere e se ne innamora perdutamente: «Comincerò da Miss Frost. Alla gente dico che sono diventato scrittore per merito di un certo romanzo di Charles Dickens letto all’età cruciale di quindici anni, ma la verità è che ero ben più giovane quando ho incontrato Miss Frost e ho immaginato di fare sesso con lei, e quell’istante di epifania sessuale ha coinciso con la timida nascita della mia immaginazione autoriale. Sono i nostri desideri a plasmarci. In un minuto scarso di accese, inconfessabili fantasie ho desiderato di diventare scrittore e di fare sesso con Miss Frost, non necessariamente in quest’ordine».
Miss Frost gli suggerisce di cominciare con Oliver Twist. La lettura di Dickens provoca lacrime irrefrenabili all’aspirante scrittore. Miss Frost lo consola dicendogli: «È un buon segno piangere per un romanzo». Poi gli dà un ulteriore consiglio: «E quando ami un libro, scegli una frase significativa e imparala a memoria. Così ricorderai per sempre il linguaggio della storia che ti ha commosso».
Bill dimenticherà poi la frase significativa di Oliver Twist che aveva imparato a memoria ma non dimenticherà mai la frase significativa di Madame Bovary: «Allora ricordò le eroine dei libri che aveva letto, e la legione lirica delle adultere si mise a cantare nella sua memoria con voci di sorelle che l’ammaliavano». Che è davvero una frase bellissima.
C’è qualcos’altro, oltre alla grande letteratura, che sconvolge il Bill Abbott: «L’infatuazione per Miss Frost mi aveva dimostrato che il mio pene era in grado di elaborare idee ben distinte dai miei pensieri. E se un pene aveva idee sue, non era difficile immaginare (neppure per un tredicenne) che anche un paio di seni ne avessero».
Ma negli immortali romanzi suggeriti da Miss Frost «il punto di vista di un pene» manca. In quei romanzi stupendi non si racconta mai «una vicenda in cui le idee concepite da due seni fossero in conflitto con quelle della loro proprietaria, della sua famiglia o dei suoi amici».
Il nuovo romanzo di John Irving abbonda di punti di vista di peni e di idee concepite da seni. Sembra un romanzo di Dickens (come spesso i romanzi di Irving) ma di un Dickens sessuato, anzi ipersessuato.
Tanto per cominciare Bill Abbott è gay. La perfida zia Muriel (sorella della madre) gli lascerà in eredità un pacco di libri i cui autori sono gli antenati, secondo lei, del nipote. Si tratta di libri di García Lorca, Tennesse Williams, W. H. Auden, Walt Whitman, Lord Byron, Herman Melville, E. M. Forster, Marcel Proust, Arthur Rimbaud e James Baldwin. Bill li contempla per un attimo e poi osserva che si tratta delle «checche illustri della letteratura mondiale» (anche Melville? Confesso che non lo sapevo).
Ma Bill ama pure le donne. Come Esmeralda, cantante lirica, con la quale va la prima volta a letto il giorno che ammazzarono il presidente Kennedy. Mentre fanno l’amore, sul giradischi va «Lucia di Lammermoor» nella versione di Joan Sutherland. Quando Esmeralda raggiunge l’orgasmo a Bill verrà un dubbio che gli resterà per sempre: «Non saprò mai se sia stata lei o Joan Sutherland a prendere quello spettacolare mi bemolle».
La perfetta bisessualità di Bill gli costerà la diffidenza sia da parte degli uomini che delle donne, sia da parte eterosessuale che omosessuale. E gli costerà, assai dolorosamente, l’amore di sua madre (tenete presente l’epoca, Bill compie 18 anni nel 1960, il sesso è tabù).
Le donne (a partire dalla mamma, dalla perfida zia Muriel o dalla foschissima Mrs Kettridge) non fanno una grande figura nel romanzo. Le donne migliori di In una sola persona sono gli uomini, ha scritto (giustamente) Jeanette Winterson sul «New York Times». E sicuramente scrivendolo pensava a uno dei personaggi più belli del romanzo, Harry, il nonno di Bill, attore teatrale dilettante con un debole per le parti femminili. E non solo in scena se, al tramonto della sua vita, Harry passa le serate «a provare gli abiti della moglie morta nell’intimità della sua casetta in River Street».
Ovviamente (Irving è uno scrittore polifonico se mai ce n’è stato uno) l’epopea sessuale (quasi almodovariana) del protagonista non è l’unico tema del romanzo. Essendo Bill scrittore ed essendo scrittrice Elaine, sua amica d’infanzia (e da lì per sempre), si parla molto di libri. E di tecnica letteraria. Elaine odia chi scrive al presente («Io vado, lei dice, lui fa, io credo. Una vera merda!»). Un romanzo si scrive al passato. È stata Miss Frost (quasi dimenticavo di sottolineare che è il più indimenticabile tra tutti i personaggi del libro) a dire a Bill quando lo ha conosciuto: «Se sei nostalgico a diciassette anni, forse qualche chance di diventare scrittore ce l’hai!».
Ora ci tocca, secondo l’insegnamento di Miss Frost, scegliere e imparare a memoria la frase significativa di In una persona sola. Non è facile. C’è il discorso di nonno Harry alla veglia per la figlia rimasta uccisa in un incidente d’auto: «Che senso ha per un essere vivente fare la guardia a un cadavere prima della sepoltura? Dove potrebbero scappare i morti? Perché diavolo hanno bisogno di un guardiano?». C’è il pensiero di Bill sulla fine dell’adolescenza: «Il momento in cui ci si stanca di essere trattati da bambini, e anche da adolescenti — quel varco che si apre velocemente e altrettanto velocemente si richiude, sull’impetuoso desiderio di diventare adulti — è un tempo irto di insidie».
Alla fine vince la frase del patrigno di Bill, esperto di Shakespeare, che gli rivela: «Se vivrai abbastanza a lungo, Bill, capirai che questo è un mondo pieno di epiloghi». E l’epilogo più bello di tutti è quello della «Tempesta» che comincia con le parole di Prospero, il mago: «Ora i miei incanti sono tutti spezzati». Gli incantesimi di John Irving non si sono ancora rotti. Il grande stregone della letteratura americana resta sempre lui.
Antonio D’Orrico