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 2012  novembre 08 Giovedì calendario

LA PIÙ GRANDE CITTÀ TURCA NELL’UE

[Erdogan ha invitato i suoi connazionali a imparare il tedesco] –
Con grande pompa, il premier turco Recep Erdogan ha inaugurato la sua nuova ambasciata a Berlino, proprio di fianco alla nostra, nel Tiergarten. È la più grande al mondo, nella metropoli che ospita la colonia più numerosa di emigrati dal Bosforo, oltre 250 mila, e 100 mila hanno anche il passaporto tedesco.
La capitale è di fatto la più grande città turca sul Continente. E non si è badato a spese: la sede è costata circa 30 milioni di euro, un «messaggio» alla Germania, e all’Europa.
Nel discorso inaugurale, Erdogan ha invitato i suoi «esuli» a integrarsi, e a imparare il tedesco. Esattamente il contrario di quanto aveva sostenuto fino a un paio d’anni fa, quando incitava i due milioni e mezzo di turchi che vivono in Germania «a non farsi ingoiare». Ora li esorta a parlare alla perfezione come la Merkel, e a far crescere i bambini perfettamente bilingue. La Turchia entrerà nella Comunità europea entro il 2023? Gli hanno chiesto. «Perché attendere così a lungo?», ha ribattuto. Erdogan è arrivato a promettere all’Europa aiuti per uscire dalla crisi. I 1.400 ospiti hanno ascoltato in silenzio. Il ministro degli esteri tedesco, il liberale Guido Westerwelle, ha risposto promettendo che la Germania collaborerà per venire incontro alle migliaia di profughi fuggiti dalla Siria in Turchia.
Ma la foga europeista del premier ha suscitato critiche in patria, ed Erdogan è stato preso in giro da giornali e caricaturisti. I turchi non credono più all’Ue, e hanno paura dell’euro. Meglio restare fuori. Ieri Frau Angela, contraria al loro ingresso, era il bersaglio preferito, simbolo di un’Europa chiusa come una fortezza. Per il suo atteggiamento la Cancelliera ha perso parecchi voti (i turchi con doppio passaporto nel paese sono quasi un milione). D’altra parte, anche se la procedura per far entrare la Turchia nel club di Bruxelles è avviata, c’è uno scoglio quasi insormontabile: Parigi ha deciso che, giunto il momento, in Francia sarà indetto un referendum, e non c’è alcuna speranza che vincano i sì. La Turchia in Europa è appoggiata dagli Stati Uniti per motivi militari, e per infliggere un colpo mortale all’insidiosa Ue: Istanbul è una città europea, ma l’Anatolia è ben distante, il suo reddito attuale è pari al 5% della Comunità, compresi i paesi baltici, la Romania o la Bulgaria. Già adesso la Turchia gode di rapporti particolari con l’Unione, che le offrono vantaggi quasi pari a quelli di un normale membro. Perché insistere? Oggi, il 78% dei turchi è contrario all’ingresso, secondo un recente sondaggio, e la percentuale sale all’85% tra gli emigrati in Germania. Appena il 17% è apertamente favorevole. E alla domanda se credono ancora che un giorno la bandiera rossa con la mezzaluna sventolerà sul palazzo dell’Ue a Bruxelles, appena il 15% risponde sì, e il 76% è convinto che non avverrà mai. I Deutschtürken hanno seguito la cerimonia con distacco. Senza attendere i consigli di Erdogan, sono da anni ben inseriti nella società che li ospita, sia pure con inevitabili problemi. Deputati turchi siedono al Bundestag, il turco nato in Germania Cem Özdemir è uno dei capi dei Verdi, autori turchi scrivono con successo in tedesco, il regista turco Fatih Akin ha vinto il Festival di Berlino. Ma si conservano le radici: integrazione non equivale ad assimilazione. Vent’anni fa le ragazze turche giravano in minigonna, oggi le loro figlie ostentano il velo islamico, più un simbolo di identità nazionale che religioso.