Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 08 Giovedì calendario

NAPOLEONE AVREBBE DETTO: «QUESTA VECCHIA EUROPA MI ANNOIA»

Opera dell’americanista Mario Maffi, in collaborazione con Cinzia Scarpino, Cinzia Schiavini e Sostene Massimo Zangari, Americana. Storie e culture degli Stati Uniti dalla A alla Z (Il Saggiatore, pp. 768, 29,00 euro) non è soltanto il manuale nel quale possiamo facilmente trovare tutto ciò che ci punge vaghezza di sapere sugli Stati Uniti d’America: i grandi scioperi con la dinamite come colonna sonora; le tele degli espressionisti astratti forse sponsorizzati dalla Cia; l’epica dei concorsi di bellezza e il pittore surrealista Marcel Duchamp che il 23 gennaio 1917 proclama la Repubblica indipendente del Greenwich Village salendo sull’Arco di Trionfo di Washington Square.
Americana è anche tutto ciò che già ne sappiamo e di cui non smettiamo di rinnovare con passione la conoscenza: i serial televisivi e il rhytm and blues, la Coca Cola e il New Deal, On the Road, Somewhere Over The Rainbow, Foglie d’erba, Viva Las Vegas, la sfida all’OK Corral, lo sbarco lunare, Dean Martin e Jerry Lewis, l’Actor’s Studio e il maccartismo, Dick Tracy, i Marx Brothers, Ronald Reagan, le ballate di Bob Dylan.
Divisa in voci da enciclopedia, ciascuna seguita da una bibliografia, preziosa e pratica oltre che esauriente, Americana è un’opera che ne riassume cento, mille, anzi che le riassume borgesianamente tutte.
Maffi, grande compilatore, aveva già dedicato due importanti libri all’America e alla complessità inesauribile delle sue culture: Mississippi (Il Saggiatore 2009) e New York (Odoya 2010). Ha dedicato altri due grandi libri, solo apparentemente fuori tema, a Londra (Odoya 2011) e al Tamigi (Il Saggiatore 2008). Ma soprattutto è l’autore d’un classico sulla Cultura underground nell’America ribelle degli anni Sessanta, l’America del rock and roll e delle Pantere nere, dei Weathermen convertiti alla lotta armata e degli hippies, di Power to the People e di Peace and Love (edito in prima edizione nel 1980 da Laterza, oggi lo trovate in edizione Odoya, che lo ha ripubblicato nel 2009).
Maffi è insomma un geografo d’altri tempi. Un geografo, per capirci, alla Élisée Reclus, anarchico e grande viaggiatore, che negli ultimi decenni dell’Ottocento vagabondò attraverso i continenti tracciando mappe dei luoghi visitati e prendendo appunti antropologici senza mai smettere di cercare, indovinare, fantasticare le tracce del fantasma della libertà, da cui era ossessionato.
Come il geografo bakuninista, che tra i luoghi più remoti e più esotici da lui esplorati avrebbe probabilmente messo al primo posto la Comune di Parigi del 1870, anche Mario Maffi è interessato, più che ai paesaggi e persino più che ai popoli, alle rivoluzioni culturali, di cui gli USA sono stati prodighi nella loro storia, e alle subculture artistiche e sovversive, che l’America ha messo in ghingheri: la pop art e i pulps, i fumetti cupi di supereroi e i film noir, le leggende del west e del western (Billy The Kid, il Mucchio selvaggio) rivisitate con «delirio e violenza» dai film di Sam Peckinpah, le comuni degli anni sessanta del secolo scorso e i falansteri degli anni sessanta dell’ottocento, l’Ultimo dei Mohicani, Old Man River, il rap, Il Padrino di Coppola, le gangs politicizzate delle periferie metropolitane, gli Apple Store, l’Ispettore Callaghan.
Nella dismisura dell’America del nord, che alla fine si è davvero staccata «dal campo su cui s’è mossa finora la storia del mondo», come auspicava G.W.F. Hegel per una volta azzeccandoci, Mario Maffi e gli altri autori d’Americana trovano ciò che stanno cercando: il Nuovo Mondo, la Terra dei Liberi, Oz e Disneyworld, cioè una rivoluzione finalmente riuscita (salvo le solite controindicazioni, off course). Proprio come facciamo tutti noi quando ascoltiamo Frank Sinatra cantare Fly Me To The Moon, oppure leggiamo un poliziesco d’azione, guardiamo per l’ennesima volta (prima con mamma e papà, poi con i nostri figli e nipotini) La carica dei 101 o Biancaneve e i sette nani, scopriamo che a St. Louis sono nati sia il poeta T.S. Elliot che la bellissima Josephine Baker, partiamo dall’aeroporto Kennedy di New York con gli occhi ancora pieni di meraviglie. È in lavorazione, sempre da Odoya, la ristampa d’un altro libro di Maffi: La giungla e il grattacielo. Gli scrittori e il sogno americano 1865-1920. Citando ancora Hegel, di nuovo sull’America: «Pare che Napoleone abbia detto: “Cette vieille Europe m’ennuie».