Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 08 Giovedì calendario

IL DISCORSO DEL RE (DMOCRATICO)

[Lavoro, diritti e eguaglianza: Obama spiega la sua visione di una nuova America. Più solidale e tollerante] –
Grazie infinite. Stanotte, più di due secoli dopo il giorno in cui un’ex colonia si conquistò il diritto di decidere del proprio destino, lo sforzo per rendere più perfetta la nostra unione fa un passo avanti. Fa un passo avanti grazie a voi. Fa un passo avanti perché voi avete riaffermato quello spirito che ha trionfato sulla guerra e sulla depressione, quello spirito che ha sollevato il paese dagli abissi della disperazione alle vette della speranza, quella convinzione che, anche se ognuno di noi porta avanti il proprio sogno individuale, siamo un’unica famiglia americana e saliamo o scendiamo insieme, come un’unica nazione e un unico popolo. Oggi, in questa elezione, voi, il popolo americano, ci avete ricordato che anche se la strada è stata difficile, anche se il viaggio è stato lungo, abbiamo rialzato la testa, abbiamo reagito, e sappiamo nel profondo del nostro cuore che per gli Stati Uniti d’Americail meglio deve ancora venire.
esidero ringraziare tutti gli americani che hanno preso parte a queste elezioni, quelli che hanno votato per la prima volta e quelli che hanno fatto lunghissime file per votare.Questo,tral’altro,èunproblema che dobbiamo cercare di risolvere. Quelli che hanno battuto la città porta a porta e quelli che hanno fatto telefonate su telefonate, quelli che hanno sventolato cartelli per Obama e quelli che hanno sventolato cartelli per Romney: avete fatto sentire la vostra voce e avete fatto la differenza. Ho appena parlato con il governatore Romney e mi sono congratulato con lui e con Paul Ryan per questa campagna elettorale così combattuta. Ci siamo confrontanti con asprezza, ma solo perché amiamo profondamente questo Paese e abbiamo molto a cuore il suo futuro. Da George a Lenore e a loro figlio Mitt, la famiglia Romney ha scelto di ricambiare l’America mettendosi al servizio dello Stato, e questa notte noi rendiamo onore e omaggio a questa tradizione. Nelle prossime settimane intendo incontrarmi con il governatore Romney per parlare di quello che possiamo fare insieme per il bene di questo Paese.
Desidero ringraziare il mio amico e collaboratore di questi ultimi quattro anni, il guerriero felice dell’America, il miglior vicepresidente che si possa sperare di avere: Joe Biden.
E non sarei l’uomo che sono oggi senza la donna che vent’anni fa accettò di sposarmi. Voglio dirlo pubblicamente: Michelle, non ti ho mai amata così tanto. Mi sono sentito straordinariamente orgoglioso di te vedendo che anche tutti gli altri americani si innamoravano di te, nelle vesti di first lady della nostra nazione. Sasha e Malia, state crescendo di fronte ai nostri occhi e state diventando due ragazze forti, belle e intelligenti, proprio come vostra madre. E sono orgogliosissimo di voi. Ma vi voglio dire che un cane per il momento è più che sufficiente.
Grazie al migliore staff elettorale e alla migliore squadra di volontari nella storia della politica. I migliori. I migliori di sempre. Alcuni di voi erano qui per la prima volta,
altri erano al mio fianco fin dagli inizi. Ma siete tutti come una famiglia. Qualunque cosa farete o dovunque andiate d’ora in avanti, porterete con voi il ricordo della storia che abbiamo fatto insieme e per tutta la vita avrete l’apprezzamento di un presidente riconoscente.
Grazie per averci creduto sempre, attraverso tutti gli alti e bassi. Mi avete costantemente tenuto su di morale e sarò sempre grato per tutto quello che avete fatto e gli incredibili sforzi che avete profuso.
So che le campagne politiche a volte sembrano qualcosa di piccolo, perfino di stupido. E questo offre argomenti in abbondanza ai cinici che ci dicono che la politica è soltanto una contesa fra persone malate di protagonismo, o un’arena per interessi particolari. Ma se mai vi capitasse di parlare con le persone che sono venute ai nostri comizi o hanno riempito la palestra di una scuola per incontrarci, o vi capitasse di vedere la gente che lavora fino a tardi per la campagna elettorale in qualche minuscola contea lontanissima da casa loro, scoprireste qualcos’altro.
Sentireste la determinazione nella voce di un giovane militante che sta cercando di prendere la laurea e vuole che ogni bambino abbia le sue stesse opportunità. Sentireste l’orgoglio nella voce di una volontaria impegnata nella propaganda porta a porta, perché finalmente suo fratello è stato assunto quando la fabbrica di automobili locale ha aggiunto un turno in più. Sentireste il patriottismo convinto nella voce del coniuge di un membro delle forze armate che fa telefonate su telefonate a tarda sera per garantire che una persona che ha combattuto per questo Paese non debba combattere per trovare un lavoro o avere un tetto sopra la testa quando ritorna dal fronte.
Ecco il motivo per cui facciamo tutto questo. Ecco che cosa può essere la politica. Ecco perché le elezioni contano. Non è una cosa piccola, è una cosa grande. È importante. La democrazia in una nazione di 300 milioni di persone può essere qualcosa di chiassoso, confuso e complicato. Abbiamo le nostre opinioni. Ognuno di noi ha convinzioni profonde e radicate. E quando attraversiamo momenti difficili, quando prendiamo decisioni importanti come Paese, questo necessariamente suscita passioni, scatena controversie.
Tutto ciò non cambierà da un giorno all’altro, ed è giusto che sia così. Queste discussioni sono un segno della nostra libertà. Non possiamo mai dimenticarci che mentre noi parliamo, gente di nazioni lontane rischia la propria vita, in questo esatto momento, per avere la possibilità di discutere delle questioni importanti, per avere la possibilità di esprimere il proprio voto, come noi abbiamo fatto oggi.
Ma nonostante tutte le nostre divergenze, la maggior parte di noi condivide determinate speranze per il futuro dell’America. Vogliamo che i nostri figli crescano in un Paese dove possono avere accesso alle scuole e agli insegnanti migliori. Un Paese che tenga fede al suo ruolo tradizionale di leader globale nella tecnologia, nella scoperta e nell’innovazione, con quello che ne deriva in termini di occupazione di qualità e fiorire di nuove imprese.
Vogliamo che i nostri figli vivano in una America che non sia oberata dal debito, che non sia fiaccata dalla disuguaglianza, che non sia minacciata dal potere distruttivo del riscaldamento globale. Vogliamo lasciare un Paese sicuro, rispettato e ammirato nel mondo, una nazione difesa dall’esercito più forte del pianeta e dai soldati migliori che questo mondo abbia mai conosciuto. Ma anche un Paese che avanza con sicurezza oltrequest’epocadiguerra, per costruire una pace fondata sulla promessa di libertà e dignità per ogni essere umano.
Noi crediamo in un’America generosa, in un’America compassionevole, in un’America tollerante, aperta ai sogni di una figlia di immigrati che studia nelle nostre scuole e giura sulla nostra bandiera. Al ragazzo del South Side di Chicago che vede una vita oltre l’angolo della sua strada. Al figlio dell’operaio di un mobilificio della Carolina del Nord che vuole diventare un medico o uno scienziato, un ingegnere o un imprenditore, un diplomatico o addirittura un presidente: questo è il futuro in cui speriamo. Questa è la visione che condividiamo. Questa è la direzione verso cui dobbiamo andare: avanti. Questa è la direzione verso cui dobbiamo andare.
Ci troveremo in disaccordo, a volte aspro, sul come arrivarci. Come succede da più di due secoli, il progresso incontrerà degli ostacoli. Non segue mai una linea retta. Non segue mai un percorso semplice e senza intoppi. La consapevolezza che abbiamo speranze e sogni comuni non basta da sola a sbloccare lo stallo o a risolvere tutti i nostri problemi, non toglie la necessità di lavorare con grande impegno per costruire un consenso e fare quei difficili compromessi che sono necessari per far progredire questo Paese. Ma è da questo legame comune che dobbiamo cominciare.
L’economia si sta riprendendo. Un decennio di guerra sta giungendo a termine. Una lunga campagna elettorale oggi si è conclusa. E che abbia ottenuto o meno il vostro voto, io vi ho dato ascolto, io ho imparato da voi e voi avete fatto di me un presidente migliore. E con le vostre storie e le vostre lotte ritornerò alla Casa Bianca più determinato e più ispirato che mai per il lavoro che c’è da fare e il futuro che ci aspetta.
Oggi avete votato per agire, non per la solita politica. Ci avete eletti per concentrarci sui vostri posti di lavoro, non sui nostri. E nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, mi sforzerò di dialogare e lavorare con i leader di entrambi i partiti per affrontare le sfide che soltanto insieme potremo risolvere: ridurre il deficit, riformare il regime fiscale, risolvere i problemi del sistema di immigrazione, liberarci dalla dipendenza dal petrolio straniero. Abbiamo altro lavoro da fare.
Ma questo non significa che il vostro lavoro sia finito. Il ruolo dei cittadini nella nostra democrazia non si esaurisce con il voto. L’essenza dell’America non è quello che può essere fatto per noi. L’essenza dell’America è quello che può essere fatto da noi, insieme, attraverso l’impegno difficile e frustrante, ma indispensabile, per l’autogoverno. È questo il principio su cui si fonda l’America.
Questo Paese ha più ricchezza di qualunque nazione, ma non è questo che ci rende ricchi. Abbiamo le forze armate più potenti della storia, ma non è questo che ci rende forti. Le nostre università, la nostra cultura sono invidiate da tutto il mondo, ma non è per quedi
sto che il mondo continua ad approdare sulle nostre rive.
Ciò che rende l’America eccezionale sono i legami che tengono insiemelanazionepiùdiversadella terra. La convinzione che abbiamo un destino comune, che questo Paese funziona solo quando riconosciamo che abbiamo degli obblighi, gli uni verso gli altri e nei confronti delle generazioni future. La libertà per cui tanti americani hanno combattuto e sono morti si porta dietro non soltanto dei diritti, ma anche delle responsabilità. E fra queste responsabilità c’è l’amore, la carità, il senso del dovere e il patriottismo. È questo che rende grande l’America.
Stanotte mi sento fiducioso, perché ho visto questo spirito all’opera in America. L’ho visto in quell’impresa a conduzione familiare dove i proprietari hanno
scelto di ridursi lo stipendio piuttosto che licenziare i loro vicini, e in quei lavoratori che hanno preferito ridursi l’orario di lavoro che vedere un amico perdere il posto. L’ho visto nei soldati che si riarruolano dopo aver perso un arto e in quei soldati dei Seals che sono saliti di corsa lungo le scale, nel buio e a rischio della vita, perché sapevano che dietro avevano un compagno che gli guardava le spalle.
L’ho visto sulle rive del New Jersey e dello Stato di New York, dove esponenti di ogni partito e di ogni livello di governo hanno messo da parte le loro divergenze per aiutare una comunità a riprendersi dalle devastazioni di un uragano terribile. E l’ho visto proprio l’altro giorno a Mentor, in Ohio, dove un padre mi ha raccontato la storia della figlia di 8 anni e della sua lunga battaglia con la leucemia, che sarebbe costata alla famiglia tutto quello che aveva se la riforma sanitaria non fosse stata approvata pochi mesi prima che la compagnia di assicurazione smettesse di pagare le sue cure. Ho avuto l’occasione non solo di parlare con il padre, ma anche di incontrare questa sua figlia straordinaria. E quando lui parlava alla folla che lo stava ad ascoltare, tutti i genitori presenti in quella stanza avevano le lacrime agli occhi, perché sapevano che quella bambina poteva essere la loro. E io sapevo che ogni americano vuole che il suo futuro sia altrettanto radioso. Ecco chi siamo. Ecco il Paese che sono così orgoglioso d guidare come vostro presidente.
E stanotte, nonostante tutte le traversie che abbiamo vissuto, nonostante tutte le frustrazioni Washington, mi sento più fiducioso che mai sul nostro futuro. Non ho mai avuto così tanta fiducia nell’America. E vi chiedo di sostenere questa speranza. Non sto parlando di ottimismo cieco, di quel genere di speranza che si limita a ignorare l’enormità dei compiti che ci attendono o degli ostacoli che si interpongono sul nostro cammino. Non vi sto parlando di quell’idealismo velleitario che ci autorizza a rimanercene seduti a guardare, astenendoci dalla lotta. Sono sempre stato convinto che la speranza sia quella cosa ostinata dentro di noi che insiste a dire, nonostante tutto indichi il contrario, che ci attende qualcosa di meglio se solo abbiamo il coraggio di continuare a impegnarci, di continuare a sforzarci, di continuare a lottare.
America, io sono convinto che possiamo partire dai progressi che abbiamo realizzato, continuando a batterci per nuovi posti di lavoro, nuove opportunità e nuove tutele per la classe media. Io sono convinto che possiamo tener fede alla promessa dei nostri fondatori, all’idea che se siamo disposti a lavorare sodo non importa chi siamo, da dove veniamo, che aspetto abbiamo o chi amiamo. Non importa se siamo neri, bianchi, ispanici, asiatici o nativi americani, se siamo giovani o vecchi, ricchi o poveri, abili o disabili, gay o etero: qui in America, se siamo disposti a provarci possiamo farcela.
Io sono convinto che possiamo realizzare questo futuro insieme, perché non siamo divisi come la nostra politica sembra indicare. Non siamo cinici come gli opinionisti credono. Noi siamo più grandi della somma delle nostre ambizioni individuali e restiamo qualcosa di più di un insieme di Stati rossi e Stati blu. Noi siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d’America.
E insieme, con il vostro aiuto e con la grazia di Dio, proseguiremo nel nostro viaggio e ricorderemo al mondo perché viviamo nella più grande nazione della terra.
Grazie, America. Dio vi benedica. Dio benedica questi Stati Uniti.