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 2012  novembre 08 Giovedì calendario

IDV ALLA RESA DEI CONTI, RISCHIO SCISSIONE

[Donadi va via, adesso Di Pietro può perdere il gruppo alla Camera] –
Cinque ore di riunione. Alla fine, Antonio Di Pietro non fa alcun passo di lato, la linea di Massimo Donadi rimane isolata, il congresso si farà solo dopo le elezioni, e le alleanze restano incerte come prima.
C’è una grande confusione, sotto il cielo dell’Italia dei Valori. All’assemblea intergruppo Donadi arriva pronto a dare battaglia: chiede il passo indietro del leader, una visione collegiale della gestione del partito. Soprattutto, una linea politica diversa. È la prima volta che deputati e senatori si guardano in faccia, dopo le rivelazioni della trasmissione Report, le smentite di Di Pietro sulle presunte 50 case comprate coi fondi del partito, le dimissioni del capogruppo e quelle del vice — Fabio Evangelisti — arrivate nel pomeriggio. Però il fortino dell’ex pm sembra tenere. Il primo a parlare è proprio Donadi: «L’Idv deve essere saldamente ancorata nel centrosinistra, con Pd e Sel, per un’alternativa di governo». No all’asse con i grillini, no alla vaga apertura a movimenti e mondi nuovi decisi nell’ultima riunione. Evangelisti sembrava d’accordo. «Per quello che si è deciso all’ultimo ufficio di presidenza, per una nuova fase costituente e un nuovo soggetto politico, servono energie fresche e grandi entusiasmi — aveva scritto su Facebook — caratteristiche che al momento non mi riconosco». Chiedeva «un bagno di umiltà», che sembrava fare il pari con il passo di lato chiesto a Di Pietro dal capogruppo. Si dimetteva da deputato e da coordinatore del partito in Toscana. Ma i compagni gli
chiedono di restare, e lui, a fine riunione, promette che ci dormirà su. Potrebbe essere il nuovo capogruppo. Insieme all’altro vice Antonio Borghesi sono i due candidati: decideranno i deputati. Di Pietro, che ha chiuso la riunione dopo una serie infinita di interventi, ha promesso che rilancerà il partito a tutto campo con i referendum, che girerà l’Italia, e che l’assemblea generale aperta a tutti — il 15 dicembre — «verificherà se ci sono le condizioni per stare in un centrosinistra che sia in discontinuità con le politiche del governo Monti, come in Lazio, Molise e Lombardia, dove l’alleanza è già decisa». Alla fine di tutto, a mezzanotte e mezza, Massimo Donadi esce con il volto tirato: anche lui deve dormirci su, deciderà oggi. Quasi certamente, uscirà dall’Idv, si iscriverà al gruppo misto, e proverà a continuare dall’esterno la battaglia per portare il partito sulla strada della foto di Vasto, dell’appoggio a Bersani alle primarie, di una lista arancione che potrebbe nascere per far concorrenza a Grillo, e aiutare il centrosinistra. Anche se, dicono le ultime voci, l’incontro tra Di Pietro e De Magistris di martedì avrebbe sortito un’inedita pax, con il sindaco di Napoli disposto a non mollare il leader. A “salvarlo”, restando nel partito, ma aumentando la sua influenza. Donadi assicura che non entrerà nel Pd. «Non è una possibilità», ripete. È convinto di avere più sostegno sul territorio di quanto ne abbia in Parlamento. Se andasse via, il gruppo passerebbe da 20 a 19 «ma le deroghe ci sono sempre state — dicono al partito — il gruppo non decadrà». Il problema è politico. E non è stato risolto ieri: i parlamentari Idv sono convinti che l’ostracismo del Pd sia maturato per la loro posizione sulla trattativa Stato-mafia, per le parole di Di Pietro su Napolitano. Ma non intendono tornare indietro.