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 2012  novembre 05 Lunedì calendario

DACCI OGGI IL NOSTRO METEO QUOTIDIANO

da Bussoleno (Torino)
Claudio, Valentina, Daniele e Giorgia non ci fanno più caso. C’è sempre un amico o un parente che chiama per sapere che tempo farà quel giorno che andrà al mare o che si sposerà quella tal cugina prima. Cercano di accontentare tutti, anche perché sanno bene che quel particolare ruolo di juke box vivente rientra nell’inedita popolarità che il meteorologo ha guadagnato in questi tempi: “A volte – racconta Valentina – la gente crede che noi si faccia chissà quale lavoro avventuroso tra sofisticate centrali di rilevazione. Invece è un mestiere dove si passa la maggior parte del tempo seduti di fronte a un computer. Come quasi tutti, insomma”. Quel che Valentina e i suoi colleghi non condividono con il resto del mondo è sicuramente il luogo di lavoro. La Società Meteorologica Italiana fondata da Luca Mercalli - volto noto in quanto ospite fisso di Fabio Fazio fin dalle prime edizioni di Che Tempo Che Fa – ha infatti sede nel castello Borello, piccolo edificio trecentesco, a una manciata di chilometri da Torino, arrampicato su un terrazzo naturale del versante sud della Valle di Susa. Un luogo fatato dove i miasmi della Grande Opera e di chi ha eletto la Grande Opera a proprio palazzo d’inverno sono facilmente neutralizzati dalla sinfonia autunnale dei colori di un bosco alpino circondato da cime precocemente innevate.
Scienza e talento
È in posti come questo che nascono le previsioni del tempo . Quello degli stregoni è finito da decenni, ora non si sbaglia più: “Il margine di errore di una previsione sulle 24 ore – spiega Claudio – è del 2-3%. Significa che ogni anno ci si sbaglia sei o sette volte. Ma per errore intendo cielo nuvoloso invece che pioggia, non sole a palla. Una cosa del genere non capita dalla Pasqua 2004, quando prevedemmo brutto tempo e invece fu un bel weekend”. E sbagliarono praticamente tutti. Il meteorologo infatti – fatta eccezione per i pochi in grado di permettersi un modello proprio da elaborare – analizza le tabelle messe a disposizione ogni giorno dai più grandi centri meteorologici mondiali. Isobare e tavole sinottiche, linee di fronti caldi e freddi, tavolozze di temperature, direzione dei venti e stato dei mari. Una quantità infinita di calcoli ed equazioni complicatissime che ci dicono che tempo farà sulle nostre teste. Tutto qui? Non esattamente: “Anche nel nostro mestiere - ancora Claudio - c’è una quota di talento che può fare la differenza. Un computer è in grado di dirmi se pioverà, quanto pioverà e a che ora pioverà in quel punto del mondo. Ma il computer non ha la mia esperienza. Quindi se la previsione, come quella che ho sul monitor adesso, annuncia forti precipitazioni in Alta Savoia, posso vedere che si estenderanno fino alla Valle di Susa, ma con bassa intensità. Dunque potrebbe anche non piovere, ma questo lo posso prevedere solo se conosco il territorio. É qualcosa che si acquisisce con l’esperienza e che può dare la misura del talento di un meteorologo”.
Sarà per quei morbidi prati d’un pallido verde autunnale dove pascolano liberamente le mucche, ma qui a Castello Borello si preferisce lavorare in silenzio. Non occorre dare a semplici anticicloni estivi nomi roboanti, alla moda degli uragani d’oltreoceano, per capire che la scienza che maneggiano i ragazzi della Smi è materia intrisa di profondo umanesimo. Quello che porta la meteorologia nel campo della climatologia e accompagna la catalogazione dei fenomeni atmosferisci nel terreno epocale dell’osservazione dei cambiamenti climatici. Disastrosi e irreversibili: “qui abbiamo un termometro naturale - racconta Daniele - che sono i ghiacciai” . Confrontare le imponenti distese di ghiaccio, impresse nelle foto d’epoca, con le piccole lingue grigie e spugnose, offese dal repentino innalzarsi delle temperature medie, che oggi (sempre più di rado) scendono a valle, è qualcosa che stringe il cuore. Per il paesaggio perduto e per il futuro: “Il vero problema - ancora Daniele - sono i mari che si innalzano. Sandy (l’uragano che ha colpito gli Usa, ndr) è stato così devastante perché le acque dell’Atlantico hanno ormai facile accesso a New York. Un po’ come Venezia, che in un secolo si è abbassata di 30 centimetri”. Sembra la sceneggiatura di un film catastrofico, ma è il modo reale che ci ha già raggiunti. Stefano Caselli • MAESTRI E DIVULGATORI
ROBERT
FITZROY
Le prime previsioni sul Times nel 1861
CONSIDERATO il papà delle previsioni del tempo, Robert Fitzroy (aristocratico inglese nato nel 1805) diventa capitano del Beagle, nave da guerra britannica, nel 1828. Tra il 1831 e il 1836 circumnaviga la Terra del Fuoco e accoglie a bordo un giovane Charles Darwin. Rientrato in patria fonda il MetOffice della Corona. A Lui si deve l’idea di pubblicare sul Times (dal 1 agosto 1861) le prime previsioni del tempo. Il risultato è disastroso. Non ci azzecca mai e diventa lo zimbello dell’opinione pubblica. Si suicida tagliandosi la gola nel 1865.
VILHEM
BJERKNES
Masse d’aria, fronti freddi e fronti caldi
FISICO norvegese, è considerato il padre della meteorologia moderna. Nato nel 1862, accademico pontificio dal 1936, studioso di dinamica atmosferica, col figlio Jacob formula e applica alla previsione del tempo la teoria dei fronti, secondo la quale i cicloni sarebbero generati dalla formazione di superfici di discontinuità tra fronti freddi (polari) e fronti caldi (tropicali). Istituisce un servizio regolare di pratiche previsioni meteorologiche in base alla preventiva determinazione degli spostamenti delle masse d’aria.
LEWIS FRY
RICHARDSON
Il segreto
è nella matematica
NATO NEL 1881 il fisico inglese è il primo a capire gli avvenimenti meteorologici non capitano per caso, ma sono governati dalle leggi fisiche che regolano il moto delle masse d’aria. Raccoglie enormi quantità di dati ed è il primo a capire che per le previsioni meteorologiche è necessario un approccio matematico-numerico, ma il suo esperimento fallisce. Tra il 1915 e il 1920 non esostono ancora i computer, impossibile risolvere il numero elevatissimo di equazioni per le previsioni del tempo.
EDMONDO
BERNACCA
Il colonello più
amato dagli italiani
ANCORA oggi, almeno per chi ha più di trent’anni, è il sinonimo di previsioni del tempo. Ufficiale dell’areonautica, Bernacca cura dal 6 gennaio 1968 la rubrica Il Tempo in Italia (poi Che Tempo Fa, titolo ripreso anni dopo da Fabio Fazio). Non sempre ci azzecca, ma grazie al suo talento di divulgatore diventa una figura assai popolare, tanto che nel 1972, quando la Rai decide di ridurre la rubrica Che Tempo Che Fa da due a tre minuti, gli italiani si scatenano e inondano l’azienda di lettere di protesta. • Il sindaco Alemanno ebbe la sfortunata idea di attendere comunicazioni ufficiali. Poi si lamentò che nessuno lo aveva avvertito. Eppure bastava collegarsi al sito ilmeteo.it   e leggere ciò che da giorni stava scritto in caratteri cubitali: “Previsti fino a 30 cm di neve sulla Capitale”.
Nessuno in Campidoglio deve averci pensato. E pensare che gli italiani quel giorno
sembravano non fare altro. In quei giorni, infatti, il sito diretto dal Antonio Sanò (online da 12 anni) faceva il botto: “Il 3 febbraio 2012 - racconta Sanò - abbiamo avuto un record di 4,2 milioni di utenti unici. Siamo stati tra i pochi ad avere la certezza che a Roma avrebbe nevicato tanto. Tutti gli indicatori erano concordi, ma non mancava chi sosteneva - come chi ha consigliato Alemanno - che l’influenza del mare avrebbe impedito la nevicata. Ma contro quel vento da nord il mare non poteva fare proprio nulla”.
IL RECORD di febbraio non è più stato raggiunto, ma i numeri si sono consolidati: “La la scorsa settimana, senza nevicate eccezionali ma solo una diffusa perturbazione su tutta l’Italia, abbiamo superato i 3 milioni di contatti al giorno”. Sono numeri altissimi. La media dei contatti di repubblica.it   e corrie  re.it  , per intendersi, viaggia sui 2,2-2,3 milioni di utenti al giorno. E infatti la raccolta pubblicitaria da ilme  teo.it   è paragonabile soltanto ai siti dei grandi quotidiani.
Merito di un buon modello matematico sviluppato insieme all’Università di Belgrado ma non solo: “L’affidabilità di una previsione - racconta Sanò - è data dalla qualità del modello e dalla qualità della comunicazione”. La comunicazione, appunto. Se quest’estate non ne potevate più di Nerone, Cali-gola, Caronte, Lucifero e simili, sappiate che la “colpa” era di Sanò e del suo sito: “Sì, lo so - sospira - sono stato e sono molto criticato per questa storia dei nomi. Ma la moda di battezzare i fenomeni atmosferici è assolutamente normale nel mondo anglosassone. Se mi criticano perché copio gli americani va bene, ma critiche altro tipo non le accetto. Perché comunicare in modo efficace avvicina milioni di persone al nostro lavoro, tant’è vero che quest’estate in tutti i bar d’Italia si parlava di Caronte e Lucifero. E di questo hanno beneficiato tutti i siti meteo e tutte le televisioni. E in televisione mica ci sono andato io”.
NON SARÀ andato in televisione, ma ha fatto arrabbiare parecchi colleghi, che mal sopportano la mania reiterata di dare nomi altisonanti a cicloni e anticicloni senza l’investitura della comunità scientifica. L’ultimo, a metà ottobre, è stato “Cleopatra”, che per fortuna non ha fatto i danni che ilmeteo.it   aveva paventato: “Con Cleopatra - ammette Sanò - abbiamo sbagliato. Ma attenzione, il modello ci ha dato la previsione giusta, siamo noi che abbiamo sbagliato nel comunicarla. Per esempio, parlare di pericolo ‘bomba d’acqua’ su Genova di fronte a una precipitazione di 80, massimo 100 mm di pioggia in poche ore ha subito evocato lo spettro dell’ultima alluvione, quando però caddero fino a 400 mm di pioggia in un’ora. Un allarme ingiustificato”. Però è stato lanciato: “É vero - conclude Spanò - ci vuole maggiore sobrietà, ma io devo tener d’occhio anche l’aspetto commerciale del sito. Ma come ho già detto, se la comunicazione è errata, anche una previsione corretta perde valore”.
(Ste. Ca.)