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 2012  novembre 07 Mercoledì calendario

BUCHI E RITARDI SUGLI APPALTI DEL VIMINALE. MANGANELLI: NON IMBROGLIO —

Il clima è da resa dei conti e il capo della polizia sembra aver deciso di non sottrarsi. Mentre le voci di una sua possibile sostituzione si fanno sempre più insistenti, Antonio Manganelli rilancia. E addirittura arriva a ipotizzare che la denuncia anonima giunta nel luglio scorso sulla irregolarità degli appalti gestiti dall’allora capo dell’Ufficio logistico Giuseppe Maddalena e supervisionati dal vicecapo vicario Nicola Izzo sia stata ispirata dalle aziende estromesse. Un’ipotesi che al momento non appare però suffragata da elementi concreti, visto che né l’indagine interna, né quella della magistratura hanno ancora raggiunto alcun risultato. Anzi. E allora, in attesa dell’esito degli accertamenti, il prefetto si smarca rispetto a quelle che potrebbero essere le conseguenze penali della vicenda e afferma: «Qualcuno dirà che forse potevano esserci capi della polizia più bravi e più adatti, ma nessuno potrà dire che il capo della polizia è un imbroglione». Posizione forte che apre nuovi scenari e pone interrogativi soprattutto sulla tenuta del suo rapporto con il ministro Anna Maria Cancellieri. Tra i due in questi giorni c’è stata grande tensione, dovuta anche alle esternazioni del capo che è apparso fuori sintonia rispetto alla titolare del dicastero. A questo si aggiungono le voci sempre più forti su sviluppi imminenti dell’inchiesta della Procura di Napoli che riguarda proprio l’operato dello stesso Izzo e dell’ex prefetto de L’Aquila Giovanna Iurato, già trasferita all’ispettorato, entrambi indagati da oltre due anni. Tanto che ieri Manganelli avrebbe incontrato il capo della Procura Giovanni Colangelo.
Le indagini
«Dal primo giorno che sono entrato in polizia ho sempre sostenuto che volevo si arrivasse a dire che la polizia è un contenitore di vetro, dove tutti possono guardare dentro. Tre mesi e mezzo fa è stata avviata un’indagine interna sulle presunte irregolarità negli appalti al Viminale. I fatti sono sotto la lente di ingrandimento, stiamo facendo approfondimenti per accertare quello che è successo». Manganelli risponde così a chi gli chiede che cosa sia stato fatto dopo aver ricevuto l’esposto. Nei giorni scorsi era stato proprio il ministro a sollecitare una relazione, ma nulla risulta ancora consegnato.
Ritmo lento anche per l’inchiesta penale. Lo scritto del «corvo» arriva il 26 luglio scorso. Cancellieri si consulta con Manganelli e decide di trasmettere le carte alla Procura di Roma. Soltanto ieri viene annunciato che le indagini sono state affidate alla squadra mobile della capitale. A piazzale Clodio giurano che in realtà la delega «è stata trasmessa qualche settimana fa, ben prima che la vicenda esplodesse». Nessun accertamento risulta però effettuato, nessuna acquisizione compiuta presso l’ufficio Logistico del Viminale. L’unico interrogatorio è stato quello di Izzo che due giorni fa si è presentato spontaneamente per annunciare che la prossima settimana porterà una dettagliata relazione.
I soldi
Dichiara Manganelli: «Sono 38 anni che faccio questo lavoro. È un mondo dove si prendono i latitanti, ma anche dove si fanno contratti e si fanno delle scelte che comportano anche un giro di soldi: è facile essere accusati da un anonimo, o comunque in modo superficiale, ma non mi è mai successo e ne sono felice». Una posizione che alcuni leggono come una presa di distanza dal suo vice. Anche perché subito dopo il capo della polizia dichiara: «Non siamo formati per essere esperti manager che lavorano nel campo amministrativo e della contabilità. Non abbiamo grande esperienza, siamo modesti artigiani in questo campo mentre siamo molto bravi in altro».
Perché, ci si chiede al Viminale, il prefetto insiste nel sottolineare che lui non si è mai occupato della parte economica? Effettivamente, anche quando è stato vicario, Manganelli ha sempre rifiutato di gestire le risorse proprio perché non riteneva fosse un compito adatto a un poliziotto. E dunque le sue parole sembrano evidenziare la volontà di scaricarsi da ogni responsabilità di fronte a eventuali irregolarità che dovessero emergere dall’analisi della documentazione sulle «commesse» e sulla gestione dei fondi del Pon, Progetto operativo nazionale sicurezza.
Le altre ditte
Secondo Manganelli «Izzo non è amato in un mondo dove si trattano appalti. Se ci sono in campo 20 aziende e solo una viene accontentata, 19 sono deluse e siccome parliamo di soldi consistenti è facile che ci siano reazioni negative». Il prefetto adombra una sorta di complotto dietro lo scritto del «corvo», ma poi non fornisce alcun elemento per suffragare questa tesi. Del resto l’ipotesi più accreditata è che in realtà l’anonimo sia una persona che fa parte dell’apparato e abbia deciso di denunciare il «malaffare» nel luglio scorso quando si rincorrevano le voci sulla possibilità che proprio Izzo prendesse il posto di Manganelli.
È tornato a volare la scorsa settimana, alla vigilia dell’assemblea generale dell’Interpol che si svolge a Roma e dove Manganelli è il padrone di casa. Pubblicamente il capo della polizia esclude che ci siano lotte interne: «La mia squadra è ricca di qualità umane, così è stata scelta prima ancora che per le capacità professionali e io sono il capo di questa squadra». Assicura che Izzo «non è persona da sentirsi dimezzata nel lavoro che fa», evidenzia che «tutti devono rimanere sereni e fare quello che facevano, meglio di prima». Ma poi non può negare che «se poi la strada conduce non al rafforzamento della vecchia squadra, ma ad un suo dimezzamento, si prenderanno altre decisioni». La frase sibillina rende bene l’atmosfera che si vive in queste ore ai piani alti del Viminale.
Fiorenza Sarzanini