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 2012  novembre 07 Mercoledì calendario

L’ODISSEA DI THABO E GLI ALTRI VITTIME DEGLI SCAFISTI DEL CALCIO

[La tratta dei giovani calciatori africani in un film] –
La terra rossa è lo sfondo, su cui la telecamera indugia. Gli autobus che non viaggiano più, tolte le ruote, sono diventati spogliatoi del calcio, i “vestiaires”. Le piste del deserto (è il Sahara) sono tagliate a rettangoli dalla desertificazione e sulla spiaggia (potrebbe essere Conakry, capitale della Nuova Guinea) i bambini fanno rotolare pneumatici inservibili con un legno. Per cento minuti il film Il sole dentro mette al centro l’Africa occidentale con le sue speranze di emancipazione: saranno gelate a diecimila metri d’altezza, cinquanta gradi sotto zero. Le speranze di successo calcistico saranno gelate, invece, dagli scafisti del football, pronti ad abbandonare in un autogrill italiano Thabo, uno dei 19.999 (su ventimila aspiranti) che non ce la farà. In sala dal prossimo 15 novembre, Il sole dentro è stato scritto e realizzato da Paolo Bianchini, regista con una lunga confidenza con gli spot pubblicitari e la fiction tv, che qui riecheggia. Per realizzare il lavoro ha impiegato quattro anni e si è impegnato casa, come le famiglie dei talenti calcistici africani.
Ci sono volti conosciuti del cinema italiano a contorno di due storie vere che consentono di raccontare l’ultima fase del colonialismo europeo nei confronti del-l’Africa: chi sogna (di far conoscere ai potenti le miserie di casa o di vivere di calcio) deve imbarcarsi di frodo su un aereo di linea della Sabena oppure tornare in nave, a piedi, in camion dalla Puglia all’Africa occidentale per liberarsi dal fallimento. Angela Finocchiaro, buonista per attitudine, è l’addetta aeroportuale che il 2 agosto del 1999 scoprì a Bruxelles nel vano del carrello ruote i corpi abbracciati e congelati di Fode Tounkara, 14 anni, di Conakry, e dell’amico Yaguine Koita, lui nato a Freetown in Sierra Leone, 15 anni. In spiaggia e con il vocabolario di francese a fianco, Fode e Yaguine avevano preparato una lettera per il Parlamento europeo che sarà recuperata nella stiva dell’airbus. L’ormai famosa “Excellence e messieurs”, «alle loro eccellenze i signori membri e responsabili dell’Europa».
Quei fogli su carta a righe vengono letti alla fine e valgono il film. Dicono: «Abbiamo l’onore e il piacere e la grande fiducia di scrivervi per parlarvi delle ragioni del nostro viaggio e la sofferenza di noi bambini dell’Africa. Vi supplichiamo per l’amore per il vostro continente, per i sentimenti che avete per il vostro popolo e, soprattutto, per i vostri figli che amate sopra ogni cosa. Dio onnipotente a voi ha dato tutte le opportunità e le ricchezze per costruire e ben organizzare il vostro continente, in Africa abbiamo la guerra, la malattia... Abbiamo molte scuole, ma una grande mancanza di istruzione, salvo nelle scuole private dove ci vogliono molti soldi... Anche noi vogliamo andare a scuola, fino all’università, e diventare presidenti della Repubblica». Gli amici Yaguine e Fode avrebbero voluto consegnare la lettera di persona alle “excellence” e così una notte lasciarono l’aeroporto di Conakry — dove la sera andavano a studiare perché è l’unica zona della città dove vi è certezza di luce — per entrare in pista e nascondersi nella stiva. Meno cinquanta, calo dell’ossigeno nel sangue: la scoperta a Bruxelles.
Questa storia tragica è, come la terra rossa, lo sfondo del film mentre la storia cinematografica «s’ispira a cinque accadimenti veri » fondendoli nell’amicizia tra Thabo, ragazzo africano abbandonato per strada con la scusa di un provino con la Fiorentina, e un piccolo pugliese, Rocco, che ricorda il Cassano sfrontato padrone di Bari vecchia. «Mentre giravo in Congo uno spot per l’Eni», ricorda il regista Bianchini, «mi raccontarono della scomparsa di un ragazzo da un villaggio razziato da uno di questi avventurieri che offrono speranze di Champions League a famiglie pronte a indebitarsi. Quel ragazzo non l’hanno più ritrovato e io ho iniziato una ricerca tra l’Unicef e la Federcalcio per capire di più su un mercato di carne umana a me sconosciuto».
Ne Il sole dentro c’è una traversata palla al piede di uno dei sette “sentieri delle scarpe” nel deserto del Sahara, una bella invenzione filmica. Altre scene sono meno credibili e le comparse rischiano di sembrare macchiette di un’Africa sempre vinta. Giobbe Covatta qui è un razzista qualunquista, Diego Bianchi un console onorario. Avrebbe dovuto essere una fiction Rai in due puntate, «ma mi hanno chiesto di trasformare Thabo l’africano in un giovane calciatore turco e allora mi sono impegnato per il cinema». La Federcalcio patrocina il film, e somiglia a un senso di colpa.