Monica Mazzotto, TuttoScienze, La Stampa 07/11/2012, 7 novembre 2012
SOFFRI DI INSONNIA E A VOLTE TI SENTI “A TERRA”? C’È LA TERAPIA DELLA LUCE
Ognuno di noi ha un orologio in testa. Il suo ticchettio regola diverse funzioni del corpo, quali la stanchezza, la temperatura, l’energia e l’umore. Il suo ritmo circadiano - con un periodo di 24 ore - fa sì che si alternino, ogni giorno, uno stato di veglia e uno di sonno. Ma per lavorare al meglio deve essere calibrato da segnali esterni, tra i quali assume un carattere prioritario la luce.
Gli occhi possiedono fotorecettori che captano i segnali luminosi e li trasmettono alla base del cervello, nel nucleo soprachiasmatico, «ingranaggio»-base dell’orologio biologico. Quando la luce del giorno diminuisce, poi, il nucleo stimola il rilascio di melatonina, che favorisce il riposo. «Se questo avviene, va tutto bene», spiega Michael Terman, psichiatra e direttore del Centro di terapia della luce e ritmi biologici del Columbia University Medical Center di New York e autore del libro «Chronotherapy», appena pubblicato da Penguin negli Usa. «E tuttavia, se qualche cosa va storto e l’orologio biologico non è più al passo, si possono sviluppare diversi problemi, come cali di attenzione, insonnia e depressione».
Ma quali sono i meccanismi che mandano il tilt il nostro orologio? I più diffusi sono legati proprio ai cambiamenti della luce, come il passaggio tra ora solare e legale. L’inverno, inoltre, può indurre dei disturbi dell’umore che nei casi più gravi sfociano nella depressione invernale «Sad» («Seasonal affective disorder»).
E tuttavia i problemi di sfasamento si possono innescare indipendentemente dalla stagione, soprattutto se trascorriamo le giornate in ambienti chiusi e illuminati male. «Viviamo una vita spesso crepuscolare - commenta Terman - in ambienti dove la luce è solo una frazione di quella solare. Poi, quando arriva la notte, la situazione si ribalta. Siamo sommersi dall’inquinamento luminoso». Tutto ciò crea confusione nei segnali ricevuti dal nostro orologio e fa sì che non riusciamo a prendere sonno la sera o ci svegliamo nel cuore della notte.
«La buona notizia, però, è che questi problemi - spiega - sono per lo più generati da fattori ambientali e per questo possono essere risolti. E lo possiamo fare naturalmente, senza farmaci». Nei casi più lievi basta l’esposizione alla luce solare, per esempio con una camminata o con meno tv nelle ore serali. Ma ci sono casi in cui queste regole non bastano. E allora ci soccorre la tecnologia: si tratta della cronoterapia, anche nota come «Light therapy», la terapia della luce, basata sull’utilizzo di speciali lampade che emettono una luce di 10 mila «lux», una luminosità equivalente a quella presente in una spiaggia 40 minuti dopo l’alba.
«Si è dimostrato che la terapia della luce - sottolinea Terman - ha lo stesso successo rispetto ai medicinali a base di Fluoxetine, come il Prozac, spesso utilizzati in questi casi. I risultati migliori si hanno esponendo il paziente appena sveglio a una sessione di luce di 30 minuti». Per evitare danni è bene però non cedere al «fai da te». Il medico deve poter valutare, prima di tutto, il ritmo esatto del paziente per poter regolare l’inizio della terapia. «Infatti non possediamo tutti lo stesso ritmo - dice -. Esistono i “gufi” che rimarrebbero svegli fino a tardi e le “allodole” che si alzano all’alba, mentre la maggior parte di noi, i “colibrì”, generalmente si addormentano alle 11 di sera e si svegliano alle 7 di mattina, in equilibrio con il ritmo solare».
Le applicazioni della terapia della luce sono tante: dai disturbi del sonno alle depressioni, comprese quelle bipolari. Ma il futuro di questo tipo di cura non è legato solo al campo medico. «Le nostre case e i nostri ambienti di lavoro - conclude Terman - dovrebbero avere spazi maggiori da cui far entrare la luce del giorno e luci che simulino l’andamento esterno, più forti durante il giorno e più deboli la sera. Si è solo iniziato a studiare questa realtà, anche perché ci si è resi conto che così si potrebbe incrementare di molto la produttività».