Gaetano Savatteri, La Stampa 7/11/2012, 7 novembre 2012
«Q uanto dura? Massimo tre mesi di tempo, poi sventola bandiera bianca». Un sussurro cinico nei palazzi palermitani del potere accoglie Franco Battiato, assessore del governo di Rosario Crocetta
«Q uanto dura? Massimo tre mesi di tempo, poi sventola bandiera bianca». Un sussurro cinico nei palazzi palermitani del potere accoglie Franco Battiato, assessore del governo di Rosario Crocetta. Nel palazzo dei Normanni che fu la reggia di Federico II, dai commessi che guadagnano migliaia di euro al mese ai funzionari regionali che accumulano prebende e privilegi, tutti ora aspettano “’u cantanti catanisi”. Lo aspettano con la stessa aria disincantata di chi, in secoli di storia, ha visto sbarcare emiri musulmani, guerrieri svevi, cavalieri francesi, viceré spagnoli, generali borbonici e così via, solo per vedere quanto avrebbero resistito a Palermo, prima di mollare tutto o di finire assimilati al resto della città. Lo aspettano con curiosità malevola e perversa, tanto per capire che pesce è, da quale mare proviene, prima di archiviarlo nel novero degli illusi o degli sconfitti, degli “sperti” – cioè i furbi – o dei “babbi” – quindi gli stupidi. Sarà comunque un colpo d’occhio vedere l’assessore Battiato («Ma chiamatemi Franco, sennò mi offendo», precisa lui) con le sue camicie di cotone grezzo dal colletto alla coreana, le giacche dal taglio austero, i pantaloni larghi all’orientale, tra i corridoi del palazzo Reale e le stanze affrescate di palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione, dove fino a ieri giravano al massimo i completi blu e grigi di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, non certo arbitri di eleganza. E ci sarà subito qualcuno pronto a rinfacciargli i versi di “Povera patria” o “Bandiera bianca”, per ricordarne i disgusti musicali («A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie») o soltanto per sottolineare che ora è assessore di Crocetta quando poche settimane fa aveva firmato il manifesto a favore del suo avversario Claudio Fava oppure che due anni fa diceva della Sicilia che «quest’isola ha insegnato il malaffare al mondo». I palazzi della Regione Sicilia che hanno visto le meraviglie del mondo – dalla nascita della poesia in lingua italiana alle baby pensioni più grasse d’Italia – con qualche sussiego si preparano a vedere come Franco Battiato farà l’assessore ai beni culturali. Gli impiegati più coccolati d’Italia pregustano il momento in cui anche a Battiato (malgrado il pensiero sufi, la dieta vegetariana, lo yoga, il filosofo Manlio Sgalambro e la ricerca dell’armonia interiore) salteranno i nervi durante l’ennesima riunione sindacale con i 5600 custodi dei musei siciliani, più dipendenti che visitatori, ma a volte chiusi nei giorni di festa. «Altro che sufismo, qui ci vogliono scaglioni lunghi così», commenta un impiegato della Regione. E per “scaglioni”, s’intendono le zanne, necessarie per addentare, per mangiare oppure soltanto per difendersi. Difendersi, ad esempio, dalla miriade di comitati, associazioni culturali, bande musicali, parroci di paese che chiederanno soldi per la festa, la sagra, la rassegna, la mostra, il concerto. Sarebbe meglio per Battiato continuare a farsi chiamare assessore. Anzi, meglio ancora, Onorevole Assessore, perché se invece diventa per tutti solo e soltanto Franco allora dovrà rassegnarsi ad avere la fila alla porta. Una lunga fila di pittrici e poetesse, cantanti e musicisti, storici dilettanti e archeologi della domenica che si presentano a Franco per chiedere un patrocinio, una sponsorizzazione o un contributo a fondo perduto in nome della cultura della Sicilia. Dopo Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, chi meglio di Battiato sa quanto sia illustre la cultura siciliana? E dunque potrà negare un po’ di denaro per farla ancora più grande e magnifica? Ma l’assessore Battiato, pur in disparte nel suo buen retiro di Milo sull’Etna, sa come vanno le cose in Sicilia. Ha messo le mani avanti, spiegando che farà l’assessore “parzialmente”. Non vuole rinunciare ai viaggi, alla musica, al suo lavoro. Assessore part time. Peccato? Macché, meglio così. Nei palazzi palermitani del potere qualcuno già comincia a ragionare: quando l’assessore Battiato non c’è, a comandare sarà qualcun altro. Bisogna solo capire chi. Perché in Sicilia, si sa, al di sopra del re, ci sta sempre il viceré.