Luigi Zingales, Il Sole 24 Ore 6/11/2012, 6 novembre 2012
SE TOKYO SEMBRA ATENE - C’è
una battuta che gira tra i miei colleghi: «Sai qual è la differenza tra il Giappone e la Grecia?». L’agghiacciante risposta è: «Tre anni». L’ovvio riferimento è alla situazione del debito pubblico. Per quanto paradossale, l’accostamento della grande potenza industriale asiatica al piccolo e disastrato Stato ellenico non è poi così assurdo. Con un debito pubblico sul Pil del 230% e un deficit statale del 10%, quello che dovrebbe sorprendere non è il paragone tra Giappone e Grecia, ma il numero di anni richiesti perché la similitudine si avveri. Dopo tutto la Grecia, quando nel 2010 è entrata in crisi, aveva un rapporto debito Pil di solo il 143% e un deficit del 10 per cento. Ed è ancora più sorprendente che il mercato non se ne preoccupi affatto. Con un rendimento decennale dei titoli giapponesi di solo 0,78%, il Giappone sembra lungi dalla catastrofe ellenica. Sbagliano i miei colleghi o sbaglia il mercato? Temo il mercato. Ma vale la pena di capire perché. Nonostante il livello di indebitamento molto più elevato, il Giappone ha numerosi vantaggi rispetto alla Grecia. Innanzitutto, ha un sistema industriale capace ancora di esportare. Poi ha un sistema fiscale funzionante, che rende credibile un forte aumento degli introiti fiscali in futuro. In terzo luogo, il Giappone prende a prestito principalmente nella sua valuta, quindi ha sempre l’opzione di monetizzare il proprio debito. Infine, i giapponesi sono sempre stati forti risparmiatori, e quindi la stragrande maggioranza del debito è detenuto internamente. È come se lo stato giapponese finanziasse il proprio debito in moneta, ma i suoi cittadini ossequiosi, invece di spendere questa moneta, la risparmiassero, mettendola sotto il materasso. Questa partita di giro, però, non può continuare tanto più a lungo. La coorte più numerosa di giapponesi, quelli nati immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, sta per andare in pensione. Tra poco invece di risparmiare affannosamente comincerà a spendere i propri risparmi. La generazione successiva è molto meno numerosa e quindi il risparmio complessivo comincerà a scendere. La coorte che entra ora nel mercato del lavoro è molto meno numerosa di quella che sta per andare in pensione. Quindi ci sarà non solo un calo del risparmio, ma anche un calo tendenziale del Pil. Presto lo stato nipponico sarà costretto a finanziarsi almeno o in parte sui mercati internazionali, che sono meno ossequenti dei cittadini giapponesi e domanderanno un rendimento più elevato. Ma con un debito pari aL 230% del Pil un aumento dei costo del debito si traduce velocemente in un deficit più elevato che impaurisce i mercati internazionali e fa aumentare maggiormente i tassi di interesse. Come noi italiani abbiamo imparato a nostre spese, il vortice diventa velocemente pericoloso. Il Giappone può uscirne? Per ridurre il debito, il Giappone può aumentare le imposte. Ma per ogni punto percentuale di aumento del costo del debito il governo nipponico dovrebbe aumentare le imposte di 2,3 punti percentuali di Pil, con effetti recessivi sul Pil e un rischio di spirale negativa tra aumento delle imposte, recessione, aumento del deficit, e necessità di un ulteriore aumento delle imposte. Il Giappone può monetizzare il proprio debito. Ma nel momento in cui il mercato realizza che questo succederà, il costo del debito aumenterà per compensare creditori internazionali del rischio di inflazione/svalutazione. Ma se la situazione è così tragica, perchè il mercato non penalizza i titoli giapponesi? La semplice risposta èche la speculazione al ribasso è timorosa. Come ho scritto molte volte, chi gioca al ribasso rischia molto: a fronte di guadagni limitati rischia perdite illimitate. Per questo i ribassisti si muovono solo quando vedono la possibilità di un guadagno immediato. Con una Banca del Giappone seriamente impegnata in massicci acquisti di titoli pubblici, il rischio di perdite per un ribassista è troppo elevato. Per questo aspettano. Il mercato è anestetizzato dalla Banca Centrale. Ma questa anestesia non è salutare, perchè ritarda il momento dell’aggiustamento. Più tardi il Giappone si sveglierà, più tragico sarà il risveglio. È un monito a tutti coloro che vorrebbero un Banca Centrale Europea altrettanto tollerante della Banca Centrale giapponese.