Alessandra Di Pietro, Gioia 1/11/2012, 1 novembre 2012
GIORGIA: ORA CHE NON SONO PIÙ MIO FRATELLO
Giorgia ride spesso e il suo sorriso ti contagia, semplifica il lavoro, ma soprattutto rende lieve scoprire quanto è tosta questa donna che canta da quando aveva otto anni, ha pubblicato dieci album, duettato con Elton John, Herbie Hancock, Michael Bublé ed è considerata “la Mina della sua generazione”, ma gira al supermercato con la shopper di tela in cerca di succhi bio. Ambientalista convinta, è una tipa da molti amici e un bicchiere di vino, mondanità bassa, gossip zero. Soprattutto su Emanuel Lo, ballerino, musicista e regista con cui da otto anni divide vita e lavoro, padre di suo figlio Samuel (due e mezzo), partorito in casa.
Bisogna essere una coppia affiatata per fare quest’esperienza. Chi ha convinto chi?
Io ho convinto Emanuel, ma lui si è fidato. Da quando stiamo insieme, abbiamo fatto un percorso alternativo su come prenderci cura del corpo. Prima, per qualunque sintomo prendeva un pasticcone, adesso ha imparato ad affrontare quel che gli accade nella sua complessità.
Povero Emanuel, ha l’emicrania e lei gli impedisce di prendere l’analgesico?
Ma no! È che io non mi accontento mai della facciata e voglio capire perché il corpo reagisce in un modo o in un altro. Le faccio un esempio. Se oggi non mi godo questa intervista, il set, le foto, chiudendomi nella tensione stasera avrò la cervicale. Lo so e mi comporto di conseguenza.
Se la mette così. Il suo compagno però ai miei occhi rimane un santo che si fa in quattro per seguire il Giorgia-pensiero.
(Ride, ndr) Dovrebbe chiederlo a lui: di recente ha comprato in Rete il monopattino elettrico per muoversi nel quartiere. È stato bello da parte sua.
Vuole una vita a impatto zero?
Provo a sprecare e a inquinare il meno possibile: raccolta differenziata, macchina ibrida, in tour niente frigoriferi, compro a km zero. Nasce così anche la campagna “Sono la regina del crespo”.
Aiuto. Su questo non mi avrà.
Basta con questa smania di lisciarsi i capelli con prodotti che fanno male e inquinano, lasciamoli naturali. I ricci sono belli. E anche le tinte, che noia. La faccio anche io, ma prima o poi smetto.
Il mio maestro di meditazione dice che i capelli brizzolati sono sexy, la mia parrucchiera urla se solo glielo accenno. Come la risolviamo?
Mia madre direbbe: mangia i germogli di soia che intanto ti rafforzano i capelli. È così che ha convinto mio padre a provare la macrobiotica.
Ah, ecco da chi ha imparato lo stile.
Casa mia è un matriarcato, mia madre era femminista. A lei e alla mia insegnante di liceo devo l’amore per le buone letture: Simone de Beauvoir, Elsa Morante, Virginia Woolf. Così ho debellato la retorica che c’era in me e ho imparato a far uscire le emozioni pulite.
Che poi mette nei testi che scrive. Nell’ultimo album erano nove su 13. Tra le canzoni più famose che ha firmato, quali preferisce?
Le mie preferite non sono famose: Stonata, Parlo con te, Invisibile traccia. Tra le più note che ho scritto: Gocce di memoria, Vivi davvero, Poche parole, che ho cantato con l’immensa Mina e, tra le ultime, Emanuel Lo
Gioia l’ha incontrata prima che uscisse Dietro le apparenze. È passato un anno e mezzo, ha scalato le classifiche, cinque singoli di successo, un tour, il primo con suo figlio. Com’è stato?
Ho iniziato piena di paura ed è finita che sono piena di forza, pronta a ricominciare con un disco più bello del precedente. Non voglio fare passare troppo tempo, adesso sono carica e creativa.
Nuovi testi in arrivo?
Sì. Il pomeriggio, quando arriva la tata di Samuel, mi chiudo nello studio e mi metto al lavoro. E se per qualche ragiono non riesco a produrre come dico io, la sera sfogo la creatività preparando gli gnocchi con la ricetta segreta di mia nonna Delia.
Le piace la vita da casalinga?
La routine di casa mi dà il ritmo della vita. Non ho neanche una tata fissa, non sono stata educata ad avere qualcuno in casa. E poi è un tale casino, un disordine, dobbiamo ristrutturare. Non mi ci faccia pensare.
Non si crucci, è così affascinante quando sorride. Come si sente dentro ai suoi quarant’anni?
Quarantuno e mezzo, per la precisione. Mi sento molto più bella che a 20, ma certo non sexy (bugia, guardate le foto, ndr). Oggi so che per stare bene devi tirare fuori l’anima e accettare il cambiamento. Ho i fianchi più larghi, la pancia non è più piatta, sul seno c’è qualche smagliatura, ma sono i segni della mia vita e me li sono guadagnati tutti. E poi scoprire la mia femminilità è stato un lavoro lungo.
Quanto lungo?
Ci sono molte tappe, quella cruciale è la crisi del 2002 (quando muore Alex Baroni con cui aveva una relazione, ndr). Non mi interessava vivere, prendevo un aereo al giorno, io che ho paura di volare. Cantavo in tuta e anfibi, dal top spuntavano le ossa, la testa rasata. Non ero io, era mio fratello. La stylist, disperata, mi invitò a sperimentare tacchi e vestiti: perché no? In quel periodo ero disposta a mettere in gioco tutto. Così ho scoperto la femminilità valorizzata dagli abiti, ma per evitare che diventasse una nuova trappola come era stato il look da maschiaccio, ho capito che dovevo liberarmi dall’intimo obbligo di dover piacere per forza.
C’è riuscita?
Sì e adesso mi godo il privilegio di essere una donna. Ho fatto pace con il mio femminile, mi piace il suo sguardo accogliente, il sentire profondo a cui ho aggiunto un lato materno. E poi la maturità mi ha regalato molto su faccende per me dolorose, per esempio la gelosia.
Guarita?
Ero gelosa in modo violento, dovevo sapere, controllare, soffrivo. Ora sono cresciuta e so dire: io ti amo e tu sei libero, se ti succede qualcosa che ti porta lontano, capiamo insieme che cosa succede. E sono molto più serena.
Lavora molto con il suo compagno: questo facilita o complica?
Facilita. Perché quando cucina due hamburgher e brucia una padella mi girano, ma se dopo cinque minuti suona un meraviglioso accordo al piano ritroviamo in un attimo la sintonia. L’altro giorno gli ho confessato che se non fosse il mio compagno, lo vorrei comunque come regista dei miei video, perché mi fa venire fighissima.
Questo figlio ha cambiato la coppia?
Per un anno e otto mesi siamo stati distratti dal fatto che Samuel non dormiva. Poi finalmente ha smesso e adesso dobbiamo ritrovarci.
C’è aria di crisi?
No, è solo che impariamo a essere una coppia con un bambino. Stare in due è un lavoro, soprattutto con una come me, che non lascia passare niente. Se qualcosa di importante non va, penso: «Inutile tirare avanti, tanto si ripresenta e pure peggio». Meglio mettersi lì e risolvere. Emanuele è una persona bella e pulita, rispettosa e pacifica, abbiamo reciproca fiducia. Sappiamo farlo. In questo modo resistere al tempo diventa positivo perché ti volti indietro e scopri che la solidità emotiva che hai costruito ti ha reso forte.
Allora vi sposate?
Non credo nel matrimonio. Fosse per me, direi meno coppie e più famiglie, chissà, forse anche vivere separati o in più persone aiuterebbe.
Che cosa le ha insegnato suo figlio?
A mettere i confini. Quando qualcuno si avvicina e lui non vuole essere toccato, gira la testa dall’altra parte e non contempla deroga. Quanto vorrei saperlo fare anche io.
E lei che cosa gli insegna?
Le vocali? Qualche canzone? Poca roba. La mia sensazione è che questi bambini nuovi vengono al mondo perché hanno loro da insegnarci, meglio lasciarli fare e osservarli.
Si sente responsabile nei confronti dei fan?
Ci penso molto prima di scrivere su Facebook. Conosco e amo il mio pubblico, siamo cresciuti insieme, c’è chi s’è sposato, chi ha fatto coming out, tanti vengono al concerto coi figli: è una grande emozione. È un dovere anche nei loro confronti essere fedele a me stessa. State certi: ciò che Giorgia fa e dice è ciò che Giorgia pensa.