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 2012  novembre 06 Martedì calendario

LA COMMEDIA GROTTESCA DI LINA

Ha ragione Lina quando s’impunta e dice: il mio cinema non ha niente a che fare con la commedia all’italiana. Infatti è un’altra cosa. È un grottesco ed è vero. Ma è anche un genere tutto suo, che non esisteva prima di lei.
Lina oltre a essere un’artista è una forza della natura, è un’istintiva, un’avventuriera, e una donna di multiforme ingegno. Continue sono state le sue metamorfosi, prima a teatro aiuto regista, commedia musicale con Garinei e Giovannini, televisione con Rita Pavone in Giamburrasca, sue parole e musica, scrittrice di mano leggera, e soprattutto regista cinematografica. Può darsi che sia anche un’altra cosa, a me la parola non piace, la dico: lei è un’icona, coi suoi occhialetti bianchi e il suo sorrisone bianco-bidet, come lei dice, e come si vede nella foto di copertina della sua autobiografia appena uscita, dal titolo Tutto a posto e niente in ordine (Mondadori). E come un’icona fu accolta in un’America entusiasta dei suoi film, riverita dai più famosi attori e registi di Hollywood. Sto esagerando? Ma è la vita di Lina che è esagerata, e lei l’ha divorata come un piranha, non perdendo un’occasione, lavorando continuamente, stacanovista della macchina da scrivere. Quante sceneggiature, libri, commedie, musical, canzoni, ha scritto! Dicono che sul lavoro era una iena, e lei stessa lo scrive. Guai a sgarrare! Quando si arrabbiava si avventava sulle persone, e non solo a parole, a volte anche a morsi, a «mózzichi» lei scrive, seguiti poi da tante scuse. Ma quando ho lavorato con lei per sceneggiare un film non sono stato mai mozzicato, con me era gentile e remissiva e sopportava bene la mia indolenza, i miei ritardi, la mia discontinuità.
Adesso ha scritto questo libro Tutto a posto e niente in ordine e ci ha messo dentro tutta la sua vita, e come la sua vita, questo è un libro esorbitante, affollato di fatti, di film, di persone, di celebrità, un libro veloce e affollato che si legge bene ma che tratta a volte allo stesso modo, i suoi film capolavoro, che sono tre o quattro, e gli altri sempre di ottimo livello ma non come i primi. I film capolavoro sono straordinari: Pasqualino Settebellezze è forse il film, tra tutti quelli apparsi nella storia del cinema — tranne Il dittatore di Chaplin — che più ferocemente si fa beffe del nazismo, quello che meglio lo ha ridicolizzato, conducendo lo spettatore «nel pozzo più profondo e oscuro dell’abiezione umana»; ma allo stesso tempo, sbeffeggiandoli, ci ha fatto vedere le SS come orrendi pupazzi a loro volta asserviti. La scena in cui la grassona, la kapò impersonata da Shirley Stoler, — «un incrocio tra Buddha e Winston Churchill» — fa un lento striptease davanti allo sbigottito Pasqualino, e pretende le prestazioni sessuali che Pasqualino suo malgrado le elargisce, è un esempio di sadomaso grottesco e surreale che non ha l’eguale nel cinema mondiale. E quando dice a Pasqualino: «Tua voglia di vivere fa schifo a me... tuo amore fa schifo a me», e riconosce che la razza disprezzata del mediterraneo Pasqualino sopravviverà alla sua, sentiamo che Lina ridendo e scherzando tocca il fondo delle cose. Perché Lina è un’estremista, nei suoi momenti migliori è sempre estrema e azzardata, «si butta», e non prende precauzioni. Dice di sé: «Sono dionisiaca, sono dalla parte dell’eccesso».
E dalla parte dell’eccesso è anche in Travolti da un insolito destino, un film che ha solo due personaggi e per sfondo uno scoglio deserto della Sardegna, ma come avvince fino alla fine, mescolando amore sesso avventura e... critica sociale! Per un guasto al motore del gommone una riccona e il marinaio del suo yacht finiscono su quello scoglio. Lì «i loro mondi così distanti e diversi si urtano inevitabilmente, i ruoli che la vita ha loro affidato finiscono per ribaltarsi». E il marinaio che conosce le regole della sopravvivenza, da sottoposto diventa padrone, e lei la padrona, ne diverrà la schiava. Il conflitto tra i due diventerà un amore travolgente. Ecco, questo ritorno allo stato di natura mette la nuda verità allo scoperto da ogni convenzione sociale, quelle stesse convenzioni che li divideranno non appena saranno ripescati e rientreranno nei loro ruoli. Questo film semplice e radicale va anch’esso fino in fondo alla situazione che descrive, non diverso nella sua radicalità da Pasqualino Settebellezze.
Leggendo il libro di Lina Wertmüller si incontrano centinaia di persone che anche io ho frequentato. Sono ritratti in cui lei dimostra il suo talento umano perché in lei l’amicizia nasce dalla conoscenza dell’altro. La Loren, Mastroianni, Garinei e Giovannini, Zeffirelli, Visconti, Giancarla Rosi, Francesco Rosi, Moravia, Muzzi Loffredo, Fellini, Rossellini, la Morante... «Tutti» ha conosciuto quelli che nella sua epoca contavano. Ma fra tutti i ritratti uno commuove, è quello di Enrico Job, suo marito da poco scomparso. Enrico non era per lei solo l’amato, ma anche il collaboratore, il poeta, l’ispiratore che a volte con le sue scenografie determinava la regia di un’opera, o di un film, di una commedia. «Enrico! Che regalo mi ha fatto la vita!», così lei scrive in una bellissima pagina dedicata a suo marito.
Lina ha mietuto successi in tutta la sua vita, ma c’è una parte del libro in cui lei stessa si meraviglia di quanto fu grande il successo suo personale, come donna e come regista, in America. Successo dovuto soprattutto a Pasqualino Settebellezze e a Travolti da un insolito destino, che aprirono la strada agli altri suoi film.
Un successo travolgente, raggiunto prima in America dal cinema italiano soltanto con Rossellini, De Sica, Antonioni, Fellini e Rosi. Il suo successo Lina se lo godette tutto, sentì lo scroscio degli applausi che non finivano mai, vide un regista come Altman inginocchiarsi davanti a lei per tributarle il suo omaggio, uno scrittore come Henry Miller affermare: «Lei è preferibile come regista a qualsiasi maschio... umorismo e scopate: a mucchi, una scorpacciata! Hollywood con tutti i suoi divi non sa darci questo». Insomma era esploso il «fenomeno Wertmüller» e un produttore arrivò a offrirle un milione di dollari! «In quel momento — lei scrive — ero la regista più famosa del mondo». Ma non perde la testa Lina, e poco dopo scrive col suo understatement e il suo umorismo: «La passione dei grandi produttori americani per il mio lavoro è stata un po’ come un soufflé, in partenza si è gonfiato tanto, e poi pian piano si è ammorbidito».
Vorrei terminare con Sabato domenica e lunedì, trasposizione della commedia di Eduardo, con protagonisti Sofia Loren e Luca De Filippo: «Scrissi la sceneggiatura con Raffaele La Capria nella sua bella villa di Capri», dice. A dir la verità non era una villa ma una casetta, e noi nuotavamo nell’acqua di una piccola piscina dettando le battute a un giovane che con macchina per scrivere stava lì sul bordo della vasca e segnava ogni nostra parola. «Credo che la scrivemmo tutta in piscina. Intendo dire proprio immersi nell’acqua — scrive Lina - Duddù ed io, immersi nella frescura dettavamo a un povero malcapitato amico, sotto il sole, che batteva a macchina». Anche io ricordo quei giorni, ricordo che mentre dettavo le mie battute pensavo: sto lavorando, mi diverto, e mi pagano pure!
Raffaele La Capria