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 2012  novembre 06 Martedì calendario

LA CARICA DELLE MOGLI PER FERMARE I MARITI CHE GIOCANO D’AZZARDO —

Ci sono mogli e madri, figli e parenti stretti. Ci sono venti persone che nell’ultimo mese hanno chiesto al tribunale di far interdire un loro congiunto che si è rovinato per colpa del gioco. Succede a Pavia, la città dove secondo le statistiche la spesa pro capite per le scommesse è più alta. E non è un caso che proprio qui si faccia ormai ricorso a questa mossa estrema: le famiglie chiedono al giudice che il loro parente prigioniero del gioco non possa più disporre del suo conto in banca, dei suoi beni, che venga messo sullo stesso piano di un bambino o di una persona incapace di intendere. È quello che si fa abitualmente quando si è alle prese con una persona affetta da una patologia psichiatrica o senile, ma mai si era visto estendere il concetto a chi diventa schiavo del gioco.
«Si tratta di una strada difficile da percorrere, temo destinata all’insuccesso, ma che racconta a quale livello di allarme siamo arrivati»: Simone Feder, psicologo e protagonista a Pavia della battaglia che mira a ripulire la città dalle slot machine, gode di un punto di vista realistico sul problema. Alla porta della sua associazione «No slot» bussano le famiglie che sono alle prese con persone dipendenti dal gioco. «Purtroppo quando ci contattano i danni hanno già assunto proporzioni spesso irreparabili. Una giovane donna è arrivata a nascondere un satellitare sull’auto del padre per verificare che non si avvicinasse a qualche bar». Ma a Pavia purtroppo i luoghi delle tentazioni sono a ogni angolo: c’è una macchinetta «mangiasoldi» ogni 136 abitanti, la più alta densità d’Italia, e il denaro gettato nelle scommesse equivale qui al 7,8% del prodotto lordo locale, pari a oltre 2800 euro all’anno pro capite.
Un simile affollamento modello Las Vegas ha già innescato le contromosse: a giugno il consiglio comunale ha votato una delibera che impedisce il funzionamento delle slot machine a meno di 500 metri da scuole, chiese, ospedali e obbliga inoltre i gestori dei locali ad adottare rigide misure edilizie e sistemi di sorveglianza. Ma purtroppo l’ostacolo rischia di essere aggirato: le società che installano le macchinette ormai offrono un «pacchetto» con inclusi sistemi di videosorveglianza e d’allarme, tivù al plasma e abbonamento a Sky. C’è poi il precedente di Verbania: aveva introdotto un regolamento simile ma i «signori» delle slot hanno fatto ricorso e vinto. Oltre che dalla politica la mobilitazione a Pavia è arrivata anche da società civile e volontariato: la città ha ospitato il primo corteo contro le slot machine, aperto dal vescovo. «Lo scoglio principale che hanno davanti le famiglie — continua Feder — è sempre lo stesso: in Italia la dipendenza dal gioco non è ancora riconosciuta come malattia sociale e diventa difficile da dimostrare davanti alle autorità. Chi chiede il sostegno di strutture sociali deve riferire di essere affetto anche da altre forme di dipendenza, come l’alcol. Il che spesso è vero».
La casistica sottoposta all’attenzione dei giudici di Pavia è la più varia ma spesso ricorre la storia di chi ha molte giornate vuote: pensionati, cassaintegrati, persone sole che così bruciano i loro pochi soldi. E tutto diventa a quel punto occasione per confrontarsi con l’alea del destino: gratta e vinci, scommesse sportive, gioco del Lotto. Da dramma economico, in questo modo, il gioco d’azzardo diventa dramma personale e familiare.
Claudio Del Frate