Gabriele Romagnoli, la Repubblica 06/11/2012, 6 novembre 2012
IL VOLO STRAORDINARIO DI MONTELLA L´AEROPLANINO DIVENTATO AZIENDALISTA
Sei uno di quelli bravi, forse (si vedrà) il più bravo della classe. Sei forte in tattica, strategia, risorse umane. Hai nozioni di economia e una coscienza sociale, pensi che «chiudere lo stabilimento Fiat di Pomigliano d´Arco sarebbe devastante». E non è che lo sai perché andando in vacanza a Capri passando di lì sulla spider di papà, ma perché tuo padre ci ha lavorato. Poi, tu hai studiato. Ma eri anche bravo in ginnastica e nella squadra di calcio del liceo. Avevi tutto per piacerci, magari potevi evitare di adulare il professore. Può pure darsi che fossi sincero, che lo pensassi veramente, ma non potevi distinguerti? Ci sono in giro già abbastanza devoti: da El Shaarawy che dedica il gol al suo presidente Berlusconi, a Ljajic che scomoda l´Altissimo della religione islamica e i riti sacrificali. Mancava Vincenzo Montella e elogiare i Della Valle perché: «Sanno motivare i dipendenti». Un eccesso di entusiasmo aziendalista può capitare, dev´essere che l´hanno motivato tanto.
Per il resto, la sua stagione in viola si sta rivelando strepitosa quanto la precedente al Catania e lo spicchio finale alla Roma in cui vinse il derby e portò la squadra in Europa. Come noto, tre indizi fanno una prova: questo ci sa fare.
Confesso: ho un debole per Montella. Molti anni fa, durante una conversazione nel suo studio all´ultimo piano di un palazzo su Park Avenue l´avvocato Agnelli, dopo una battuta su Napoleone e un parere su Hillary Clinton, mi chiese: «Ma secondo lei è più forte Inzaghi o Montella?». Risposi: «Montella». Era il 1997: Montella aveva giocato 28 partite (nella Samp) segnando 22 gol, Inzaghi 33 (nell´Atlanta) segnandone 24. La Juventus comprò Inzaghi. E forse fece bene. Gli Agnelli sapevano motivare i dipendenti. Marchionne, il giusto.
Uno che non sapeva motivare Montella era Fabio Capello, che non lo usò mai abbastanza, preferendogli Totti, e ci sta, Batistuta anche da scarico e perfino Del Vecchio. È una lezione che, da allenatore, Vincenzino ha imparato: non lascia mai in panchina uno di quelli che possono fare la differenza, mai un bomber. A Firenze, ne avesse, li metterebbe tutti. Fa che l´aeroplanino di Berbatov non fosse stato dirottato e aggiungi un +3 alla classifica che già così è buona. Non è di quelli che si bloccano per un problema caratteriale: ha trovato spazio a Ljajic nonostante attiri gli schiaffi; ha recuperato Pizarro che nella Roma di Ranieri avevamo lasciato in bagno, alle prese con la dissenteria; sta rigenerando Toni che era già passato dal rottamatore e non sentiva più la sveglia nemmeno a mettergliela sul cuscino.
Ci voleva dell´impegno, avendolo in casa, a preferirgli due prodotti esotici: uno acerbo (Luis Enrique), l´altro stagionato (Zeman). Ma Baldini andava d´amore e d´accordo con Capello, un incontro con Montella non poteva che finire con la porta di casa che sbatteva. Poi, si sa, la Roma cercava un "progetto" e lui che cosa proponeva? A Catania ha assemblato una squadra lasciandola al successore senza bisogno di farle la ricarica. A Firenze sta facendo la stessa cosa. Prende dei medi calibri e li fa rendere al massimo. Crea un ambiente in cui, per questioni anagrafiche, è il primus inter pares. I giocatori vanno in tv e, invece che "mister", lo chiamano Vincenzo. Lui li osserva senza scomporsi. Non raggiunge la condizione cementizia di Zeman, tuttavia non muove muscolo vedendo Jo-Jo Jovetic sacramentare contro sa lui cosa.
Che poi Jo-Jo è la sua fortuna più grande: i Della Valle non sapevano più come motivarlo, il procuratore gli faceva prolungare il decorso degli infortuni per indurli a venderlo, ma nessuno è stato abbastanza furbo da offrire il prezzo giusto, alla fine è rimasto e stavolta per giocare. La differenza si vede, la differenza la fa. Lui è il piatto forte, ma il contorno (Borja Valero, Cuadrado, Roncaglia, Rodriguez, per dire) l´ha preparato Montella. Che i Della Valle l´abbiano scelto, è più caso che volontà. Metti che Delio Rossi non dia di matto, che la Roma non sia matta e riecco il carrello dei bolliti guidato da Ranieri. Nella vita ci vuole fortuna anche per pescare i dipendenti. L´anno scorso i Della Valle c´erano, ma i giocatori di Mihajlovic erano motivati come gatti persiani sui cuscini. Finché han preso una pedata con la suola a gommini e ai nuovi è venuta la motivazione.