Enrico Franceschini, la Repubblica 06/11/2012, 6 novembre 2012
L´AMORE ETERNO DI SAATCHI OGNI GIORNO SULLA TOMBA DI LEI
Ogni mattina un corpulento signore con gli occhiali entra in un cimitero del West Sussex, raggiunge una tomba sulla cui lapide compaiono solo due iniziali, "J" e "M", estrae da un cartoccio un succo di pompelmo, consuma la sua frugale colazione e poi se ne va. Si chiama Maurice Saatchi.
Ha 66 anni, è membro della camera dei Lord e un ricco, famoso pubblicitario inglese: ma ha perso la forza di vivere o perlomeno non trova quella per ricominciare a farlo. Nel sepolcro che visita tutti i giorni giace la sua seconda moglie, Josephine Hart, scrittrice celebre soprattutto per un piccolo romanzo perfetto, Il danno, diventato anche un bel film, morta nel 2011 a 69 anni. «Io ero lei e lei era me», si è confidato lui l´altro giorno con il Sunday Times, rivelando di riservare un posto accanto al proprio per la consorte scomparsa quando va al ristorante e di dispiegare i giornali sul tavolo nel modo in cui piaceva alla moglie. «Capisco che il mio comportamento rasenta la pazzia», dice. «So bene che il consiglio di prammatica in questi casi è tirare avanti, accettare l´accaduto, ricominciare a vivere. Ma non sono per niente d´accordo. A mio parere, ricominciare a vivere sarebbe un mostruoso atto di tradimento». Saatchi ammette di avere considerato il suicidio: «Ci penso continuamente». E spiega: «Non ho mai provato un dolore simile prima d´ora. È un incubo incomparabile».
Non è un incubo sconosciuto, tuttavia: tanti altri, in diversa misura, ne rimangono vittime. Il campione di baseball Joe Di Maggio spedì un mazzo di rose rosse sulla tomba della ex-moglie, Marylin Monroe, tutti i giorni, per tutta la vita, finché non è morto anche lui. Elizabeth Taylor si è fatta seppellire insieme all´ultima lettera d´amore che le aveva scritto, dopo tre matrimoni e tre divorzi, Richard Burton. Simone De Beauvoir ha dedicato al compagno di una vita, Jean-Paul Sartre, il suo libro La cerimonia degli addii. Giulietta Masina non è più quasi uscita di casa dopo la morte di Federico Fellini, ed è spirata cinque mesi più tardi. Ma questi sono solo i casi di personaggi noti. Tra la gente anonima sono altrettanto o più frequenti. Esiste perfino una sindrome certificata dalla medicina per spiegare come, dopo la morte di un coniuge, l´altro può perdere la vita nello spazio di pochi giorni o addirittura dopo poche ore.
Tre anni fa, davanti ai dolori allo stomaco accusati improvvisamente dalla moglie, Maurice Saatchi la convinse a vedere un medico. Il 17 dicembre 2009 lei gli comunicò al telefono che le era stato diagnosticato un tumore: maligno, in stato avanzato, incurabile. Aggiunse: «Scusami, ti ho rovinato la vita». E fu proprio così, osserva ora lui: «Una malattia spietata, affrontata con trattamenti medievali, degradanti e inefficaci». Insieme a suo fratello, il collezionista d´arte Charles, Maurice è stato il fondatore della Saatchi & Saatchi, forse la più grande agenzia pubblicitaria del Regno Unito. Nel 2005 ha diretto la campagna elettorale del partito conservatore. Il suo salotto è (o meglio era) uno dei meglio frequentati di tutta Londra. Con Josephine Hart si è sposato nel 1984 e insieme hanno vissuto «un amore particolarmente intenso». Racconta: «La mia vita sarebbe stata completamente differente senza di lei. Eravamo una persona sola, una cosa sola». È stato lui a far scrivere sulla lapide le iniziali dei loro due nomi: «Un giorno la raggiungerò lì», afferma. E solo lì sembra trovare sollievo dal dolore, sulla tomba di lei, oltre che nella lettura delle poesie di Auden e Frost. «Le persone che hanno subito un danno sono pericolose, perché sanno che si continua a vivere lo stesso», era il messaggio cruciale del romanzo della Hart. Ma subire un danno, talvolta, può far passare la voglia di vivere, come è successo a Maurice quando ha perduto la sua Josephine.