Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 3/11/2012, 3 novembre 2012
NON CI SONO BOLLE MONETARIE: IL DENARIO È «CONVENZIONE»
Noah Smith recentemente è andato a rovistare in una polemica antikrugmaniana scovando una perla rara: la tesi che la moneta è una bolla. «La moneta non vale niente di più della carta su cui è stampata?» ha scritto Smith, assistente di Finanza allo Stony Brook College, il 21 ottobre: «È una domanda profonda e interessante. Ma la mia risposta è: no».
Smith ha ragione, ma la mia spiegazione del perché non è così è leggermente diversa, e ha implicazioni un po’ più ampie. Per iniziare: di che parliamo quando parliamo di bolle? Parliamo di persone che basano le loro decisioni su previsioni future basate su esperienze recenti, ma che non hanno speranze di concretizzarsi. Per esempio, la gente compra case perché si aspetta che i prezzi continueranno a crescere. Le bolle non coinvolgono necessariamente i prezzi. Può esserci un boom edilizio locale trainato da una crescita rapida della popolazione e dell’occupazione in una certa area, dove il motore principale di questa rapida crescita è… il boom edilizio locale, che alla fine crollerà su se stesso quando si sarà arrivati a un numero di case sufficiente. Il punto, che siano coinvolti o meno i prezzi, è che le aspettative degli individui si sommano fino a raggiungere l’impossibilità complessiva. Assomiglia molto a quello che succede nelle truffe piramidali, dove le persone fanno affidamento sull’incremento costante dei sottoscrittori: questi meccanismi finiscono in un disastro quando il bacino di creduloni potenziali si esaurisce.
La moneta a corso forzoso è una bolla di questo tipo? Assolutamente no. È vero che le banconote non possiedono nessun valore intrinseco (tranne quello di poter essere usate per pagare le tasse, che non è di poco conto): pertanto, se io sono disposto ad accettarle è solo perché sono convinto di poterle a mia volta dare a qualcun altro. Ma nulla impedisce che questo processo di circolazione della moneta vada avanti all’infinito.
Cos’è allora la moneta a corso forzoso? È un «espediente sociale», per citare l’economista Paul Samuelson. È una convenzione, che funziona fintanto che il futuro è come il passato. Ovviamente queste convenzioni possono venir meno, ma lo stesso può succedere con cose come i diritti di proprietà. Anzi, si potrebbe sostenere che quasi tutti i beni in un’economia moderna devono il proprio valore alle convenzioni sociali: le banconote possono perdere il loro valore, ma lo stesso può succedere a ogni tipo di titolo e contratto cartaceo, che vale qualcosa, in definitiva, solo perché la legge dice che è così (e le leggi possono essere abrogate). Una volta che ci si rende conto che una convenzione sociale non è assolutamente la stessa cosa di una bolla, molte convinzioni errate analoghe vengono smontate.
Prendiamo la tesi, spesso ripetuta a destra, secondo cui il sistema previdenziale sarebbe una truffa piramidale, perché si regge su asset reali molto limitati. È vero che il sistema previdenziale è un meccanismo in cui ogni generazione paga le pensioni della generazione precedente, con l’aspettativa di ricevere lo stesso trattamento dalla generazione successiva. Ma anche questo, come la circolazione della moneta, è un processo che può andare avanti all’infinito: non c’è nulla di insostenibile (sì, c’è il problema dell’evoluzione demografica, ma attiene al livello di tasse e pensioni, non alla natura di fondo del meccanismo). Insomma, la previdenza non è una truffa piramidale. Ultima considerazione: l’idea che il valore di una moneta debba basarsi su un "fondamentale", anche se è un caposaldo delle teorie economiche di destra, ha forti somiglianze con la teoria del valore-lavoro di Marx. In entrambi i casi non si tiene conto del fatto che il valore è una qualità emergente, non un’essenza: la moneta possiede un valore di mercato basato sul ruolo che ha nella nostra economia. Punto e basta.
(Traduzione di Fabio Galimberti)