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 2012  novembre 03 Sabato calendario

LA «GRANDE MILANO» SUPERA ROMA NEL PIL

La «Grande Milano» riapre le porte agli 850mila brianzoli che avevano dato vita alla provincia di Monza, e torna a essere la capitale della ricchezza italiana e soffiando il primato a Roma: una questione di numeri, perché il reddito pro capite milanese (36.400 euro secondo i dati più recenti) è da sempre più alto di quello capitolino (32.689), ma raggiungendo i 4 milioni di abitanti la città metropolitana meneghina produce da sola il 10,9% del Pil nelle Regioni a Statuto ordinario, contro il 10,2% di Roma. La Capitale continuerà per un soffio a primeggiare per popolazione, con 4,2 milioni di abitanti contro i 4 milioni di Milano e dintorni. In fatto di superficie, tramonta invece la lotta per il primato tra Foggia e Cuneo («la Granda», quest’ultima, di nome ma non di fatto), perché l’unione di Potenza e Matera darà vita alla provincia più grande d’Italia (poco meno di 10mila chilometri quadrati), seguita da quella frutto del matrimonio contrastato fra Barletta, Andria, Trani e Foggia e dall’unica provincia umbra. Più in generale, saranno al Sud le province più grandi (il primo ente intermedio settentrionale per dimensioni sarà la provincia della Romagna, che viaggia comunque a metà classifica), mentre al Nord continueranno naturalmente ad affollarsi quelle più ricche.
La carta geografica ridisegnata dal Governo per decreto legge cambia la carta d’identità dell’Italia a Statuto ordinario, che poggia su curiosità statistiche ma anche su dati essenziali per decidere le «politiche di area vasta». La cambia anche troppo, secondo i molti che in queste settimane si sono impegnati a resistere a un processo che è ancora lontano dall’aver superato tutti gli ostacoli di percorso. Martedì prossimo arriva sui tavoli dei giudici costituzionali il primo dei ricorsi presentati da 8 Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Molise e Sardegna) contro l’articolo 23 del decreto «Salva-Italia» che a dicembre scorso ha acceso la giostra dei confini, e la Corte potrebbe assestare un colpo importante al senso della riforma stabilendo l’illegittimità del sistema elettorale in base al quale le nuove province saranno enti di «secondo livello» con consigli popolati dai sindaci del territorio. Da Nord a Sud, comunque, è tutto un agitarsi contro i nuovi confini: dieci comuni mantovani che vogliono passare con Brescia piuttosto che unirsi a Lodi e Cremona hanno incassato la benedizione dello stesso presidente di Mantova, mentre in Puglia 8 Comuni traslocheranno da Brindisi a Lecce per non unirsi alla provincia di Taranto. Ma la temperatura sul territorio si alza ancora: Novara, che sperava di riacquistare i confini pre-fascisti unendosi a Biella e Vercelli oltre che al Vco, ha minacciato di indire un referendum per trasferirsi armi e bagagli in Lombardia, seguendo la stessa strada messa in programma da Pdl e Lega a Piacenza.
Nella miscela che infiamma i dibattiti sul territorio ci sono certo conservatorismi interessati e spinte identitarie, ma anche concreti dati economici, soprattutto al Nord. Mantova, per esempio, con i suoi 31.500 euro di ricchezza pro capite è oggi quinta nella classifica italiana di Pil per abitante, ma è chiamata a unirsi a Lodi che registra un valore medio inferiore del 20 per cento. Il reddito annuale pro capite a Forlì-Cesena supera del 14% quello che si incontra a Rimini, mentre è del 10% la distanza di portafoglio fra Modena e la sua novella sposa Reggio Emilia. Più omogenea, e ovviamente livellata verso il basso, la situazione al Sud, con l’eccezione della distanza del 26% che separa i 19.100 euro di Pil pro capite su cui si attesta l’attuale provincia di Catanzaro dai 14.100 a cui si ferma invece quella di Crotone, che occupa la casella di coda nell’attuale classifica della ricchezza territoriale. Nell’Italia ridisegnata dal decreto, invece, l’ultima posizione sarebbe occupata dall’unione tra Foggia e Barletta-Andria-Trani, superata da Caserta e Napoli, mentre Vibo Valentia uscirebbe dal terzetto di coda grazie all’unione con Catanzaro. Più movimentate le parti basse nella graduatoria dei risparmi, dove Lodi e Forlì-Cesena vengono sostituite in fondo dalle nuove aggrezioni di Marche e Abruzzo e solo Campobasso mantiene il penultimo posto anche dopo l’unione con Isernia. In vetta, invece, Treviso trascina Padova in testa, e Verona supera di poco il dato di Roma anche dopo la cancellazione dei confini con Rovigo.