Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  novembre 05 Lunedì calendario

LA FORMULA DELL’IMMORTALITA’ CUSTODITA IN UN’ISOLA GRECA - A

novantasette anni Stamatis Moraitis è ancora lì, a lavorare l’orto dietro casa. A coltivare frutta e verdura. A bere ogni giorno il latte di capra e il fliskouni, il tè delle montagne con foglie di menta. A farsi le sua pennichella pomeridiana. A ritrovarsi con gli amici, vecchietti arzilli pure loro, per giocare. Nel 1976, a Stamatis Moraitis, negli Usa, avevano diagnosticato un cancro ai polmoni. «I medici mi avevano dato al massimo nove mesi di vita», racconta lui al magazine del New York Times. «Ma io sono ancora qui. Loro, i dottori, sono tutti morti».
Il «qui» di Moraitis si chiama Ikarìa. Un’isoletta greca nell’Egeo di circa 10 mila abitanti dove l’aria è buona. Le strade un continuo sali-scendi. Le case bianche e basse. Ikarìa è anche una «blue zone». Non per il colore del mare. Ma perché gli abitanti superano con facilità il secolo di vita. «Abbiamo semplicemente dimenticato di morire», racconta una donna di 101 anni a Dan Buettner, giornalista scientifico che si occupa da tempo di longevità.
Di «zone blu», nel mondo, ce ne sono poche. Una si trova nell’Ogliastra, in Sardegna. Altre aree sono l’isola di Okinawa, in Giappone, la penisola di Nicoya, in Nicaragua, Loma Linda, in California. Il termine si deve all’italiano Gianni Pes e al belga Michel Poulain quando nel 2000, studiando la longevità nell’Ogliastra, usavano un pennarello blu per segnare le aree ad alta concentrazione di centenari.
«L’Ogliastra è la zona dove soprattutto i maschi vivono più a lungo», spiega al Corriere proprio Gianni Pes, ricercatore presso il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’università di Sassari. E i fattori sarebbero almeno tre: «L’intensa attività fisica legata alla pastorizia, l’inclinazione elevata del terreno, la distanza dal luogo del lavoro». Poi, certo, l’alimentazione.
La scoperta della longevità degli abitanti di Ikarìa è importante «perché il territorio dell’isola e gli stili di vita sono quasi identici a quelli dell’Ogliastra», sottolinea Pes, che ha iniziato a studiare l’isola greca nel 2008-2009 insieme a Poulain e Buettner. I ricercatori hanno controllato la sorte dei nati di Ikarìa tra il 1900 e il 1920. Poi hanno analizzato le cause di morte. Infine hanno trascorso settimane con gli anziani. Scoprendo che gli over 90enni sono più del doppio della media nazionale, che sono meno depressi e presentano tassi di demenza senile ridotti. «Tra le cause di morte, a Ikarìa come nell’Ogliastra — spiega il ricercatore italiano — le malattie cardiovascolari sono all’ultimo posto. Il contrario di quello che succede in Occidente».
La mancanza di stress, poi, sembra essere un altro dei fattori che aiutano a raggiungere i cent’anni di vita. «Facciamo sempre la pennichella», ha raccontato Ilias Leriadis, medico del posto. «Eppoi qui il tempo non ha importanza». Quanto al cibo, a Ikarìa si consumano molta maggiorana e salvia, menta e rosmarino, finocchio e artemisia. La colazione è a base di latte di capra, tè o caffè, pane e miele. A pranzo non mancano lenticchie e ceci, patate e verdure. Per cena, invece, si sta leggeri: pane e, di nuovo, latte di capra.
E il patrimonio genetico quanto conta? «Poco o nulla», risponde Pes. «Al massimo pesa per il 20-25%, ma uno studio che sto concludendo in questi giorni riduce ulteriormente l’impatto del Dna sulla longevità». Insomma, arrivare a cent’anni resta ancora una questione di stile. Di vita.
Leonard Berberi