Antonio Pascale, Corriere della Sera 03/11/2012, 3 novembre 2012
«NON CANCELLATE UN RITO». IL MOLISE SPOPOLATO DIFENDE GLI UFFICI POSTALI
Ora che lo spread ha allentato la sua presa, un’altra parola ricorre con frequenza, anche nelle conversazioni da bar: spending review. Chi più chi meno siamo abbastanza informati sui provvedimenti in rubrica. Uno, per esempio, riguarda la chiusura e la riorganizzazione degli uffici postali. Dovrebbero chiuderne 1.156 — stando almeno ai primi dati. Il provvedimento riguarda quasi tutt’Italia — e ci sono già state proteste diffuse, ma in una regione la situazione sembra più critica: il Molise. Che non è una delle prime regioni che ci vengono in mente, quando pensiamo a un viaggio da fare.
Per anni il Molise è stata associata all’Abruzzo, tanto che le guide turistiche parlavano dell’Abruzzo e Molise — sempre insieme, come gli Assiro Babilonesi. Anzi, leggenda vuole che fino a poco tempo fa esisteva solo una guida della regione, ma era in tedesco, quindi per conoscere il Molise, bisognava prima imparare il tedesco. Comunque: Abruzzo da una parte, Molise dall’altra.
Ma come mai la questione uffici postali è così sentita in Molise? Tanto che dal luglio 2012 l’associazione Cittadinanzattiva ha lanciato una raccolta firme per impedire la chiusura di sette uffici postali, e anche Cisl e Uil Poste si stanno battendo in tal senso. Bisogna partire dai numeri. La Regione conta quasi 320 mila abitanti. Pochi, ma bisogna considerare che nell’arco dell’ultimo secolo sono emigrati più di un milione di persone, e oggi ci sono molisani dappertutto, anche in Papuasia. Forse i molisani sono dovunque, tranne in Molise. C’è da aggiungere che i 320 mila abitanti sono divisi tra 131 paesi. E quest’ultimi, pur se diversificati per orografia, altitudine, servizi e strutture, hanno una caratteristica comune: sono composti per la maggior parte da anziani. Se sommate questi elementi, bassa natalità, invecchiamento della popolazione, emigrazione, otterrete uno strano prodotto. E cioè una regione in bilico tra passato, tradizioni e tentativi, riusciti e non, di rilanciare il piatto, a costo di azzardare. D’altra parte il Molise è una regione meravigliosa, con quei pendii ondulati, anfiteatri unici (Pietrabbondante), gli scavi romani di Sepino, oasi così rilassanti e variopinte, roba da nirvana, e insomma la regione meriterebbe sì un particolare sviluppo. Ma il fatto è che alcuni paesi sembrano fermi agli anni 50. E i cittadini sono così attaccati alle proprie abitudini che spesso si instaurano dinamiche comiche. Per esempio, un signore una volta mi ha detto che l’aria di Pietracupa, un piccolo paese, 237 abitanti, era molto più pulita di quella di Salcito, 698 abitanti. Piccolo particolare: Pietracupa e Salcito distano l’uno dall’altro, in linea d’aria, pochi chilometri.
È chiaro che — vista la densità abitativa e l’assenza di elementi inquinanti — o Pietracupa gode di una meravigliosa e ignota atmosfera tenuta insieme da una speciale forza di gravità, oppure si tratta di campanilismo. Capite bene che le poste rientrano nel bene e nel male nelle suddette dinamiche, sono un po’ come le stazioni di polizia o il pronto soccorso, segni di identità. È anche vero che la demografia conta, e appunto, gli anziani (spesso molto anziani) aspettano la pensione o le rimesse dei parenti emigrati, quindi l’espressione vado alla posta, simbolicamente, significa tanto, e non solo pagare bollette.
Che fare? Dare ragione a Vincenzo Boncristiano dell’associazione Cittadinanzattiva che ha dichiarato: qui con la chiusura delle poste si rischia la desertificazione delle aree interne che sarebbero condannate alla morte civile? Mah? Forse è troppo. Tuttavia il Molise con le sue poste diventa suo malgrado un simbolo. Di una Italia poco raccontata, minoritaria, però reale, con cui bisogna pur fare i conti. Sarebbe bello se il governo, nel fare, appunto, i conti, tenesse in considerazione proprio questi elementi. Praticare i tagli tenendo presente le specifiche diversità è più faticoso, ma alla lunga, e se si dimostra attenzione alle sfumature, l’atteggiamento è più proficuo. I tagli di qualunque genere, si sa, vengono sopportati o non, se riescono a tenere conto di certi piccoli particolari, piccoli sì, ma parte di un insieme più ampio.
Antonio Pascale