Roberto Giardina, ItaliaOggi 03/11/2012, 3 novembre 2012
LA BCE DOVREBBE STUDIARE GOETHE
[Oltretutto viveva in una casa a soli 2 chilometri dalla banca] –
In tempo di crisi a chi si pensa a Francoforte, la Mainhattan, come la chiamano con ironico gioco di parole, la Manhattan sul Meno, capitale finanziaria del continente, sede della Banca centrale europea e della Bundesbank, ridotta a banca centrale di provincia? Non a Mario Draghi, capo della prima, né a Jens Weidmann, il capo della seconda, mai d’accordo sulla terapia per salvare l’euro.
Forse la soluzione potrà essere suggerita dal figlio prediletto della città, Wolfgang Goethe, la cui casa resiste ancora circondata dai grattacieli delle banche.
Alla Goethehaus, trasformata in un museo, si può visitare fino al 30 dicembre la mostra «Goethe und das Geld - Der Dichter und die moderne Wirtschaft», il poeta e l’economia moderna. Quali erano i rapporti tra il padrone di casa e il Geld, il denaro, che suona come Gold, oro? Quando nacque Wolfgang, il denaro era d’oro, o almeno d’argento, le monete avevano un valore corrispondente al loro peso, almeno in teoria, perché da sempre chi le coniava spesso truccava le bilance. Ed era già nata, ma da poco, la carta moneta. La sua epoca vide grandi trasformazioni, senza dimenticare l’arrivo di Napoleone sulla scena, l’uso delle macchine nella produzione e grandi crisi.
Goethe non era un esperto perché si recò in Italia, uno dei paesi cattivi e indebitati d’Europa, che tanto preoccupa Frau Merkel. Nel Faust, Mefistofele suggerisce al Kaiser di risolvere i suoi problemi con una pressa: mancano i soldi? Stampiamoli. Questo pezzo di carta vale mille corone. Non è una traduzione fedele dei versi, ma il senso è questo. La tragedia è anche un’opera su una bancarotta di Stato. La conseguenza del consiglio sarà l’inflazione, esattamente come oggi, e come aveva previsto Goethe: tutto avviene per l’oro, tutto dipende dall’oro, anche noi poveri, si legge ancora. L’invenzione della carta moneta, commenta nel catalogo (25 euro) l’economista Hans Christoph Binswanger, l’anziano professore di Josef Ackermann, ex capo della Deutsche Bank, è «il proseguimento dell’alchimia con altri mezzi». Per trasformare un pezzetto di carta in oro basta la firma di un garante.
Al tempo del poeta, a Francoforte circolavano 26 diverse monete d’oro e 14 d’argento; in tutta Europa si arrivava a 166. Sarà Bismarck, dopo la nascita del Reich, a compiere la prima unificazione monetaria, almeno in Germania. L’autore del Viaggio in Italia se ne intendeva. Fin da ragazzo conosceva il valore del denaro. La sua era una famiglia dell’alta borghesia: il padre Johann, che prima di lui era stato nel nostro paese e aveva scritto un diario di viaggio in italiano, per i suoi studi gli passava 450 Gulden all’anno, il doppio di quanto potesse guadagnare il più abile degli artigiani. Il poeta amava viver bene, viaggiare, comprare opere d’arte e vini pregiati, e sapeva che il denaro è un mezzo, non un fine. Tra i suoi migliori amici c’erano i banchieri dell’epoca e, come consigliere del duca di Weimar, i suoi compiti erano quelli di un ministro delle finanze: rimettere ordine nelle casse dello Stato.
Esattamente come il professor Monti, e con più successo, tagliò le spese e investì sui nuovi mezzi di produzione. Cominciò dall’esercito, che costava troppo, e non ci furono guerre: prima veniva affittato a questo e quello, ma non c’erano più clienti disposti a pagare. E consigliò al suo datore di lavoro Ernst August e alla moglie, la bella Anna Amalia, di ridurre le spese di corte. Riuscì a convincere i creditori a stipulare un compromesso, rinunciando a una parte del dovuto. Come oggi farebbe con i creditori della povera Grecia.
Per Mefistofele, diabolico inventore della carta moneta, Goethe si ispirò a un personaggio reale, al geniale avventuriero scozzese John Law (1671-1729). Nato a Edimburgo, da giovane si guadagnò la vita giocando a carte e ai dadi, e vinceva perché aveva una straordinaria capacità e velocità di calcolo. Uccise un avversario in duello, fuggì sul continente. Ad Amsterdam studiò il sistema bancario, inventò la carta moneta che consigliò a Filippo d’Orleans, reggente a Parigi: il risultato fu disastroso, fuggì senza un soldo a Venezia (dove morirà) e si ricreò una fortuna vendendo opere d’arte. Ma nel Faust i soldi di carta non sono solo una creazione mefistofelica, diabolica: basta impiegarli bene per creare lavoro e prosperità. Forse alla Bocconi e alla London School of Economics bisognerebbe far leggere agli studenti anche Goethe. Dalla sede della Banca centrale a casa sua si può andare a piedi, distante neanche 2 chilometri, e un paio di secoli.