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 2012  novembre 03 Sabato calendario

EURO, UNICREDIT ATTACCA LA MERKEL

[Germania ostile e anacronistica. Basta impuntarsi sull’Esm] –
Un’accusa pesante diretta alla Germania di Angela Merkel. Tanto più significativa se si considera che arriva dalla più tedesca della banche italiane. Parliamo di Unicredit, l’istituto di credito che ha ramificato nel tempo la sua presenza in territorio tedesco, soprattutto dopo la conquista di HypoVereinsbank perfezionata diversi anni fa.
Adesso, in un documento messo a punto dal responsabile public affairs Giuseppe Scognamiglio, la banca italiana va giù duro. Il terreno di scontro è in particolare l’Esm, il Fondo salva-stati attivo dallo scorso luglio con una dotazione di oltre 500 miliardi di euro. «Ancora una volta sembra anacronistica l’attuale posizione tedesca contraria a concedere all’Esm la licenza bancaria», scrive Scognamiglio. Un’operazione, quest’ultima, che se avesse il placet di Berlino permetterebbe al Fondo «di aumentare le risorse disponibili utilizzando il meccanismo della leva finanziaria, ossia la possibilità di chiedere prestiti a istituzioni finanziarie a fronte del proprio patrimonio di 500 mld». La questione accompagna da tempo il dibattito intorno all’Esm. Ma a colpire, in un certo senso, sono i toni secchi utilizzati da Unicredit. Il documento, in particolare, è uscito sull’ultimo numero di East, un bimestrale di economia e politica internazionale sostenuto da piazza Cordusio. Senza contare che lo stesso ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, riveste il ruolo di presidente del comitato scientifico della rivista. Nel suo comitato editoriale, inoltre, siedono altri rappresentati della banca italiana.
Ma le critiche non finiscono qui. In un altro passaggio si può leggere che «il comportamento della Germania, talvolta di quasi ostilità all’euro, sembra un po’ paradossale visto che nello scorso decennio essa è stata tra i maggiori beneficiari della moneta unica». A tal proposito l’intervento di Scognamiglio ricorda uno studio di Boa-Merril Lynch secondo il quale un’uscita volontaria della Germania dall’euro, che pure alcuni tedeschi hanno ventilato, sarebbe molto penalizzante per Berlino. In primis si avrebbe «un calo dell’export che comporterebbe una riduzione del prodotto interno lordo del 7%». In più si registrerebbe «anche un aumento dei costi dell’indebitamento pubblico tedesco», perché con l’uscita dalla moneta unica «i bund tedeschi diventerebbero meno appetibili a copertura del rischio» di un abbandono dell’euro a quel punto già perfezionato. Tra l’altro «l’aumento del rendimento reale dei bund è stimato in 80 punti base». Infine un’uscita tedesca, «con il relativo apprezzamento del nuovo marco sul nuovo euro senza Germania, comporterebbe una diminuzione del valore delle attività nette sull’estero detenute dai residenti, che si svaluterebbero, essendo denominate nel più debole nuovo euro». Questo fenomeno «sarebbe molto significativo per un paese creditore netto nei confronti dell’area euro come la Germania». Insomma, non si può sempre e solo sperare negli interventi del «cavaliere bianco» Mario Draghi, presidente della Bce, «ma servono decisione politiche di portata storica». Quelle che per Unicredit la Merkel colpevolmente non sta prendendo.