Walter Galbiati, Affari & Finanza 05/11/2012, 5 novembre 2012
GAS AD EFFETTO SERRA L’EUROPA È PIÙ VERDE ITALIA E SPAGNA MENO
[Grazie al protocollo internazionale di kyoto il vecchio continente potrebbe addirittura superare le previsioni più ottimistiche sul fronte dell’abbattimento delle emissioni situazione difficile nei paesi più a sud] –
L’ Europa è sulla buona strada per centrare gli obiettivi di Kyoto. E non è detto che possa fare anche meglio. Un po’ la recessione, un po’ l’anima verde del Vecchio Continente stanno spingendo l’Europa sul podio dei paesi amici dell’ambiente. I paletti da superare sono quelli fissati dal protocollo di Kyoto, un accordo nato a seguito della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Si tratta di uno dei più importanti strumenti giuridici internazionali inventati per combattere i disastri ambientali causati dall’inquinamento e contiene gli impegni presi dai Paesi industrializzati per ridurre le emissioni di alcuni gas ad effetto serra, responsabili del riscaldamento del pianeta. L’obiettivo per il periodo compreso tra il 2008 e il 2012 è di ridurre le emissioni totali dei Paesi sviluppati almeno del 5% rispetto ai livelli del 1990. Mancano pochi mesi al traguardo e le stime, contenute nell’ultimo report dell’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), basate sui dati del 2011, dicono che è molto probabile che l’Europa ridurrà le emissioni dell’8%. «Sarà probabilmente superato, ad oltre il 10%», ha commentato più ottimisticamente, il commissario Ue al Clima, Connie Hedegaard. L’obiettivo sarà raggiunto complessivamente dai 15 Paesi europei che hanno siglato l’accordo (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna Svezia, Regno Unito), ma non sarà un successo per tutti, perché l’Italia e la Spagna probabilmente non manterranno i loro impegni. La prima, che deve ridurre singolarmente le emissioni del 6,5%, non ha nemmeno illustrato un piano per arrivare a centrare l’obiettivo, mentre la seconda ha perlomeno dichiarato di voler acquistare sul mercato i certificati verdi che le permetteranno di essere in regola. Stando alle stime, all’Italia mancano 14,1 milioni di tonnellate di Co2 all’anno, ma rimane l’unico Paese che può accedere alla compravendita di certificati a non aver annunciato la volontà di farvi ricorso. Alla Spagna invece mancano solo 0,1 milioni di tonnellate di Co2 per tagliare il traguardo e con un piccolo sforzo economico riuscirà a porvi rimedio. Se poi i due Paesi non provvederanno, saranno costretti a pagare per allinearsi con gli altri partner europei, con il rischio fra l’altro di mettere a repentaglio gli obiettivi successivi. Un costo che il Kyoto Club, l’associazione delle imprese che in questi anni hanno promosso e sostenuto rinnovabili ed efficienza energetica, stima pari a oltre 700 milioni di euro. «Cifra che conteggiando anche la quota attribuita all’Italia per la forestazione (quota che però va assicurata secondo le metodologie IPCC) si ridurrebbe a 300 milioni di euro», precisa il direttore scientifico, Gianni Silvestrini. «Questi dati, aggiornati al 2011 - aggiunge - sono migliori rispetto agli anni passati e tengono conto del calo delle emissioni climalteranti dovuto alla crisi economica e ai positivi risultati sul fronte dell’efficienza e delle energie verdi». L’Agenzia dell’Ambiente europea ha poi stimato che un mancato adeguamento da parte delle due maglie nere d’Europa impedirà a tutti i 15 Paesi che hanno firmato l’accordo di raggiungere i traguardi fissati per il 2015, mentre quelli per il 2020 dovrebbero essere raggiunti senza grande fatica e senza prevedere sforzi aggiunti rispetto a quanto le politiche dei singoli governi hanno già messo in campo. Entro quella data, i tagli di emissioni di gas serra dovranno raggiungere il 20%, un traguardo che non appare così proibitivo in quanto, stando al trend attuale, si dovrebbe raggiungere facilmente una riduzione del 19%. Basterebbe un piccolo sforzo aggiuntivo per varcare la soglia con successo. Del resto una mano inaspettata è arrivata dallo stesso effetto serra che ha abbassato i consumi per il riscaldamento domestico e dalla crisi economica che ha portato le aziende a produrre meno e quindi a consumare meno energia. Nell’ultimo anno, secondo quanto censito dall’Agenzia europea per l’embiente, le emissioni del Vecchio Continente sono diminuite di un ulteriore 2,5%. Sul podio, se si considerano i cali percentuali, è finita Cipro (-13%), seguita da Belgio, Finlandia e Danimarca. In termini assoluti, il primato spetta al Regno Unito, alla Francia e alla Germania. L’Italia, solo grazie alla crisi, è riuscita a contenere le emissioni di 11 milioni di tonnellate di anidride carbonica (-2,2%), portando la propria riduzione rispetto al 1990 al 5,6%, una percentuale ancora lontana dal 6,5%, preventivato dal protocollo di Kyoto. Il calo di emissioni non è altro che l’altra faccia della crisi. I dati relativi al calo dei consumi di energia elettrica sono stati evidenziati da Terna, il gestore della rete elettrica italiana, e commentati dal presidente di Confindustria Anie, Andrea Gemme: «Il calo di consumi energetici in Italia sono solo l’ultimo di una serie di dati che fotografano la situazione estremamente drammatica in cui versa il sistema delle nostre imprese, tra calo degli ordinativi, slittamento delle commesse, anche estere, ed aumento delle tasse. L’unica nota positiva in questo scenario apocalittico sarà il risparmio generato per il Sistema Italia dal mancato pagamento delle multe relative all’eccesso di emissioni di Co2, secondo quanto stabilito dal protocollo di Kyoto. Peraltro, una ben misera consolazione».