Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 03/11/2012, 3 novembre 2012
UNA SERATA MILANESE CON IL PROFESSOR MONTI
erata di sabato 27 ottobre; tempo balzano come questo incerto clima di fine della Seconda Repubblica. 16, di corso Venezia, palazzo Serbelloni. Nelle belle sale (ristrutturate dai proprietari per ospitare sfilate&manifestazioni dopo che per decenni erano state la prestigiosa sede del Circolo della Stampa di Milano) è in corso un ricevimento - niente sfarzi, molto chic e bon ton - per una coppia di giovani, futuri sposi dai cognomi fiorentini e veneti e assai importanti.
A quell’ora tutte le tivù hanno già trasmesso l’incendiaria conferenza di Silvio Berlusconi dalla sua villa in Brianza. Toni bassi, voglia di moderazione. Nel salone affrescato tra gli invitati - con i molti amici delle due dinastie una impressionante concentrazione di protagonisti del mondo economico e finanziario arrivati da tutta Italia, tanto che sarebbe più facile fare l’elenco di chi non c’è - nessuno sembra aver la minima voglia di rovinare questa serena riunione attardandosi in pareri, tantomeno in discussioni, sugli attacchi del ferito Cavaliere contro Angela Merkel e il premier Monti. Chiacchiera in un angolo il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli; assai dimagrito l’ex ministro Domenico Siniscalco, ora vicepresidente di Morgan Stanley International, è giunto con la moglie Cristina dalla Londra che non conosce la recessione; Massimo Moratti cerca nella folla Milly e il figlio Angelo; Nerio Alessandri racconta che sua figlia Erika presto partirà per far volontariato in Salvador; con la neve alle porte Gerardo ed Elena Bragiotti già si preparano allo sci; Alberto Nagel porge galante un aperitivo a Roberta, la sua fascinosa moglie.
«Teniamoci stretti Monti», mormora un imprenditore che fu berlusconiano doc. «Tutto sta cambiando, il terreno è molto friabile», sorride il celebre civilista. Non è più tempo di polemiche nè d’entusiasmi in questo piccolo ma significativo spaccato della classe dirigente non solo lumbard. Brindisi ai festeggiati: Bruno (porta il nome del nonno, alpino in Russia con la brigata Julia, già direttore di Assindustria Vicenza, scomparso un anno fa) è figlio di Francesca e dell’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni; si è disegnata il suo abito la bella Violante, figlia del banchiere fiorentino d’antica e nobile stirpe, Jacopo Mazzei. Arrivata l’ora del giallo risotto (come si usa nei cocktail prolongé), nella sala più piccola compare il presidente del Consiglio Mario Monti accompagnato dalla moglie Elsa, dalla giovane nuora e dal figlio Giovanni (che ha fatto un Mba alla Columbia con Scaroni jr).
Intermezzo social, in forma privata. E’ una delle rare apparizioni di Monti nella sua città da quando è diventato premier. Auguri agli sposi, presentazioni alle famiglie, saluti affettuosi a vecchi amici e amiche di casa Monti (una tra tutte: Allegra Bossi Pucci) persino una battuta al «tedesco» presente, il capo di Deutsche Bank Italia, Flavio Valeri. «Il potere logora chi non ce l’ha», diceva Giulio Andreotti. Confermo. A vederlo da vicino per un fortuito caso nella serata della tempesta berlusconiana mi sembra giusto scrivere di questa serata per smentire certe cronache di giornali che in questi giorni hanno descritto un Monti assai turbato dalle critiche del suo predecessore. Almeno in quelle ore milanesi no; e come lui i presenti.
Unico momento in cui la tempesta di villa Gernetto fa capolino in corso Venezia è quando, con gran smacco dei tanti ospiti che volevano omaggiarlo, Monti si deve ritirare in una stanza per rispondere a una improvvisa, misteriosa e lunga telefonata (telefonate?). Nel cortile, zona bar per fumatori, c’è chi domanda: lunedì risalirà lo spread? Sullo scalone incrocio Monti che con la sua famiglia se ne sta andando. Sarà cambiato, dopo quelle conversazioni, il suo buon umore?
«Presidente ti penso spesso», gli dico in nome d’antica amicizia familiare e per goffa solidarietà. «Potevi pensarci anni fa!», ribatte pronto tra le risate di tutti Monti. Morale: ho fatto la figura della cretina ma già, in quel sabato sera milanese, Monti non sembrava proprio un uomo preoccupato di essere presto rottamato.