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 2012  novembre 02 Venerdì calendario

Svelato il segreto della «depressione che uccide» - È un ateneo giovane, quello di Luga­no. Fondato nel 1999 dal professor Paolo Sotgiu, qualificato come «Libera Univer­sità degli Studi umani e Tecnologici», inaugura lunedì il nuovo anno accademi­co con le lectiones magistrales di due scienziati (Umberto Veronesi e Massi­mo Cocchi, nella foto tonda) e il filosofo Fabio Gabrielli

Svelato il segreto della «depressione che uccide» - È un ateneo giovane, quello di Luga­no. Fondato nel 1999 dal professor Paolo Sotgiu, qualificato come «Libera Univer­sità degli Studi umani e Tecnologici», inaugura lunedì il nuovo anno accademi­co con le lectiones magistrales di due scienziati (Umberto Veronesi e Massi­mo Cocchi, nella foto tonda) e il filosofo Fabio Gabrielli. Massimo Cocchi, medico, docente di Biochimica e direttore dell’Istituto Pao­lo Sotgiu (per la ricerca in psichiatria e cardiologia) ci spiega la scoperta scienti­fica di cui parlerà nel suo intervento. Una scoperta che affonda nei processi biologi­ci del cervello ( partendo da un lungo stu­dio sugli animali) la fondamentale diffe­renza tra il disturbo bipolare e la depres­sione maggiore. Disordini dell’umore che troppo spesso ricadono nel caldero­ne di una diagnosi errata, mentre il 90% delle morti, nei pazienti bipolari, è causa­ta da suicidi. E soprattutto- lo ha reso no­to il ministero della Salute- il 70% dei sui­cidi è legato a un errore terapeutico. Troppo spesso l’errore è, probabilmen­te, accomunare i sintomi del disturbo bi­polare a quelli della depressione. «Ma se allo psichiatra-spiega Cocchi-serve il co­siddetto “ sintomo psicotico”,per attesta­re una diagnosi di bipolarismo, oggi ab­biamo qualcosa che lo distingue precisa­mente dalla depressione. Nell’uomo e negli animali. Qualcosa di ordine geneti­co ». Insomma, si tratta di uno studio grazie al quale, secondo il Premio Nobel Kary Mullis, «sarà possibile capire se un pa­ziente ha intenzione di suicidarsi». «Tra il 2005 e il 2006- racconta Cocchi- abbia­mo avviato uno studio su 84 maiali, sud­divisi in un gruppo di soggetti “normali” e uno con diagnosi certa di disturbi del­l’umore. Gli acidi grassi nei soggetti pato­logici si presentavano in significativa quantità rispetto a quelli dell’altro grup­po ». Prima con il supporto del matemati­co Luca Tonelli (che inquadrò i risultati dello studio in una funzione «non manipolabile») poi con una ricerca finanziata dalla Regione Marche su un campione di più di cento soggetti umani,e con l’ap­poggio di un gruppo di psi­chiatri, si è giunti al proba­bile segreto che separa il bi­polarismo dalla depressione maggiore: «un mancato passag­gio dalla piastrina al neurone, una mem­br­ana capace di trattenere più o meno se­rotonina ». La serotonina, l’ormone che definiamo comunemente come la trac­cia organica del buonumore. Ebbene, l’errore terapeutico, quando non si dia­gnostica correttamente il disturbo bipo­lare, è proprio quello di trattare questo or­mone allo stesso modo in due casi che, nella biochimica dei pazienti, sono ben differenti. Il rischio? Non curare il sogget­to bipolare, che è affetto da un disturbo delicato e ancora, evidentemente, poco conosciuto, il quale troppo spes­so porta a soluzioni dispera­te «legate- prosegue Coc­chi - a un evento ester­no, che però il sogget­to non percepisce a li­vello cosciente». Studi che vanno avanti, quelli di Coc­chi, adesso concentran­dosi proprio sulle cause patologiche del suicidio. A Lugano, dove lavora come docen­te esterno da dieci anni, Massimo Cocchi ha dedicato al fondatore Paolo Sotgiu l’Istituto per la ricerca in psichiatria e car­diologia quantitativa e quantistica. Una promessa, con attestati internazionali, e ancora un lungo cammino.