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 2012  novembre 03 Sabato calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 53

(Gastone Breccia, «I figli di Marte, l’arte della guerra nella Roma antica») –

All’inizio All’inizio i Romani sono guerrieri occasionali che poi tornano alle loro occupazioni, incursori incapaci di agire in formazioni complesse. Narra Tito Livio che l’assalto leggendario di Romolo alla reggia di Amulio, ad Alba Longa, fu organizzato «non con una schiera compatta di giovani – non aveva, infatti, forze sufficienti per un attacco aperto – ma ordinando ai pastori di affluire per vie diverse alla reggia nel momento fissato».

Iustum Il «bellum iustum», lo scontro in campo aperto su cui si fonda la gloria delle armi romane.

Servio Tullio Servio Tullio, sesto re di Roma: la tradizione gli attribuisce la riforma costituzionale basata sulla divisione del «populus» (i maschi in grado di portare le armi) in diverse classi di censo, destinate ad armarsi secondo le proprie possibilità economiche nei ranghi della «legio», la leva cittadina.

Opliti Roma adotta lentamente armamento e tattica della fanteria pesante tipica delle città-stato greche. Nel V secolo esiste già una falange detta «oplitica» (oplita era il fante greco con elmo, armatura, lancia, spada corta e scudo rotondo). Il codice di comportamento privilegia la coesione del gruppo rispetto al coraggio del singolo.

Virtus La virtus militare: la capacità di restare al posto assegnato, rispettando gli ordini ricevuti, senza mai far mancare appoggio ai propri compagni e concittadini. La «disciplina militaris» valore assoluto, irrinunciabile, perché su di essa si fonda la potenza di Roma.

Figlio Tito Manlio Torquato, console e comandante, che condannò a morte davanti all’esercito schierato il figlio Tito Manlio, colpevole di aver accettato contro i suoi ordini una sfida a duello con un nemico. Durante una guerra contro i Latini, 340 a. C.

Stipendium Nel 406 a. C. la repubblica romana comincia a fornire una paga regolare («stipendium») ai propri legionari.

Plebei Gli uomini nuovi dell’esercito repubblicano: plebei di una certa agiatezza che rischiano la vita per ottenere, in prospettiva, parità di diritti negli organi di potere della res publica.

Proletari Durante la seconda guerra punica, dopo le sconfitte subite per mano di Annibale, il Senato vota una riforma delle classi serviane: il limite minimo di censo necessario per essere iscritti nelle centurie dell’exercitus scende da 11.000 a 4.000 asses (214 a. C.). La quota cala nuovamente da 4.000 a 1.500 asses (129 a. C.). Una legge impone quindi alla res publica di farsi carico dell’acquisto di armi ed equipaggiamento per i legionari (123 a. C.). Il console Gaio Mario, infine, decide di ammettere nell’exercitus tutti i cittadini, senza più distinzioni di classe o limite minimo di reddito. L’esercito romano si proletarizza e si professionalizza.

Centurioni I centurioni vengono spesso celebrati come militari perfetti: coraggiosi, responsabili, durissimi nell’imporre la disciplina ma pronti a sacrificarsi per la salvezza dei propri uomini. A pieni effettivi erano sessanta per ogni legione, dunque meno di duemila in tutto l’impero: erano la vera struttura portante dell’esercito romano.

Conoscenza «Scientia» e «usus», ovvero conoscenza teorica ed esperienza pratica: sono le qualità che Giulio Cesare vede nei suoi soldati e che consentono loro di decidere da soli quale sia il comportamento migliore da seguire. Devono essere capaci di iniziativa individuale, anche se sempre nel contesto di un’azione collettiva.

Auxilia Auxilia (aiuti) erano i reparti composti da guerrieri reclutati tra le popolazioni sottomesse o venute a contatto con l’impero. Accanto ai soldati professionisti delle legioni, ne furono chiamati a migliaia per secoli. Tra i compiti loro affidati: pattugliamento, ricognizione, controguerriglia.

Guerre daciche Le guerre daciche di Traiano dei primi anni del II secolo: i legionari costruiscono, gli ausiliari combattono.

Stile Il modo di combattere romano classico era basato sull’uso integrato di scudo ampio e oblungo, giavellotto e spada corta. Il legionario in battaglia si muoveva così: appena giunto a una ventina di passi dal nemico, scagliava in successione i due giavellotti, poi sullo slancio estraeva il gladio e andava a urtare con tutta la forza contro l’avversario che aveva davanti, usando lo scudo per proteggersi e per colpire.

Canne Ecco come di presentava il campo di battaglia di Canne all’indomani della disfatta: «Alcuni [cadaveri romani] furono ritrovati col capo sprofondato in una buca: era chiaro che se l’erano scavata da soli, e avevano reso l’anima soffocati dalla terra con cui si erano ricoperti» (Tito Livio).

Notizie tratte da Gastone Breccia, «I figli di Marte, l’arte della guerra nella Roma antica», Mondadori, € 22.